Francesco Cevasco, Corriere della Sera 11/04/2010, 11 aprile 2010
LA CASALINGA DI VOGHERA UNA CINQUANTENNE D’ASSALTO
Voghera o cara. Come la Parigi degli Intellettuali: la Voghera della Casalinga. E non è soltanto un luogo dello spirito sulfureo di Arbasino, un edificio effimero del costume, uno specchio deformante della società. una realtà concretissima. Prendete la signora Paola Zanin, bella paciotta cinquantenne che profuma di parrucchiera che le ha appena sistemato la messinpiega. lei la capa delle casalinghe di Voghera. Il 17 aprile 1996 ha deciso, dopo averci pensato un po’, che bisognava dare una risposta a quello snobbone di Arbasino che, insomma, sulla Casalinga di Voghera ci giocava un po’ troppo e lasciava capire che, se uno interpretava male, aveva poco cervello. E, invece, no.
Ecco che, grazie alla signora Paola, la Casalinga di Voghera si moltiplica. Ne mette insieme un bel po’ per dimostrare che «anche noi abbiamo un cervello e sappiamo occuparci di temi culturali, civili, sociali, economici eccetera eccetera eccetera». Da quel giorno programma ricchissimo: salute, menopausa, incidenti domestici, don Antonio Mazzi, Emanuele Filiberto di Savoia, ruolo dell’educatrice, corsi di cucina, libri di cucina, cento ricette, serate a tema: riso pasta e peperoni, ma anche la loro storia, partecipazione a presentazioni di libri anche di alto tono culturale, presenza costante al mercato in piazza del martedì e del venerdì, partecipazioni al Costanzo Show e a trasmissioni di Rai Due, citazioni di Gerry Scotti e dell’Accademia della cucina italiana, traduzioni in America e in Venezuela, inviti all’Università di Pavia, corsi di neurolinguistica: come allenare mente e corpo. E un biglietto, dolcissimo, di Arbasino che, comunque, per la Casalinga di Voghera un occhio tenero l’ha sempre avuto. Dal carteggio Arbasino-Casalinga di Voghera, ecco un estratto: «Cara presidente, care casalinghe grazie vivissime per i sapori e i profumi, così autentici, con i miei più vivi complimenti per la fedeltà ai ricordi migliori».
Ora c’è anche una statua, della Casalinga di Voghera, che sta per affiorare dai sottofondi del Comune. Con il grembiulino in vetroresina e lo’ come si dice? – spolverino, nettapolvere impugnato con aria minacciosa. Non c’è dubbio che sia stato proprio Arbasino a trasformare la Casalinga di Voghera in una superstar con le sue raffinate, ironiche, irriverenti citazioni («La casalinga di Voghera / non è mai stata una vera signora / dei salotti o salottini / casotti o casini»). Ma la storiografia ci conduce anche ad altre due fonti. Sostiene Vittorio Emiliani, giornalista e scrittore, arrivato ragazzo a Voghera e subito finito in quell’aria radical-socialista che ha dato vita al mitico giornale «Il Cittadino» su cui scriveva anche il giovane Arbasino: «Fu il servizio opinioni della Rai del monopolio a creare, nei primi anni sessanta, questo personaggio, questa figura retorica ormai ineliminabile: nei gruppi di ascolto Rai, accanto all’operaio di Sesto San Giovanni, all’impiegato di Roma, al bracciante o lavoratore agricolo pugliese, ci fu la casalinga di Voghera». Massimo gradimento, la Santa Messa in diretta, in tempi successivi il Costanzo Show. Ma bisogna aspettare il 4 agosto 1985 perché la casalinga di Voghera diventi una categoria sociologica pubblica. Quel giorno compare su «la Repubblica», nella rubrica «a parer mio» di Beniamino Placido, con questa firma (la casalinga di Voghera, provincia di Pavia, Italia) una lettera anonima in cui si criticano i programmi della tv. L’inizio è entusiasmante: «Gentili Signori Dirigenti della Televisione, Mi rivolgo a voi senza conoscervi. Voi invece mi conoscete bene. Sono una casalinga di Voghera. Anzi, la casalinga di Voghera. So che mi nominate spesso nelle vostre riunioni. Specie quando dovete rimproverare qualcuno di quei tipetti "culturali" che vorrebbero parlare di cose astruse. Ma che cosa capirà di questi tuoi discorsi la casalinga di Voghera? Eccomi qui. Che cosa ho capito di quello che accadeva nel nostro Paese mercoledì 31 luglio, che è stato il giorno centrale (non solo in quanto mercoledì) di questa settimana politica? Ve lo dico subito. Niente. Non ci ho capito niente. Eppure… mi sono rivolta al Telegiornale». La lettera esiste davvero. L’ha trovata in archivio un giovane giornalista di Voghera, Antonio Armano. Il fatto che esista la lettera non cancella il sospetto che Placido se la sia scritta da solo. Spetta dunque a Placido il copyright della Casalinga di Voghera? Risponde Emiliani: « vero che Beniamino se ne attribuiva l’invenzione, ma ammetteva anche di aver coltivato l’idea leggendo le fulminanti citazioni di Arbasino su zie e ziette che se ne stavano lì, "belle tranquille", a discettare sul mondo intero, tra Voghera e la Rivetta a Casteggio».
Nel frattempo Arbasino la sua casalinga se l’è aggiornata. Nel «Meridiano» (Mondadori), appena uscito, che raccoglie i suoi romanzi e i suoi racconti c’è una cronologia «scritta da Alberto Arbasino con Raffaele Manica» dove, ricordando i versi di «Rap!» si legge: «Dov’era finita la casalinga di Voghera? Commiserata, una volta, come portatrice cogliona dei luoghi comuni più ridicoli, ora si è data (batti e ribatti) una regolata "eccellente" e si scatena nelle frasi più fatte della provocazione e della trasgressione: controcorrente e fuori dal coro – come tutti – irriverente e dissacrante… Dunque emblematica ed egemonica». Proprio da «Rap!»: «Ed eccola lì la casalinga di Voghera in attesa della corriera / con le sataniste di Mortara / e i fidanzatini di Novara / quando scende il tiggì della sera / sul cavalcavia di Cava Manara / rilegge Montale: Occasioni e Bufera… ». Tradotto in prosa da Arbasino stesso chiacchierando con Nello Ajello: «Tanti anni fa la casalinga di Voghera concentrava in sé tutto ciò che di arretrato e di piccolo borghese c’era in Italia. Da qualche tempo s’è aggiornata. Vive di provocazioni e di trasgressioni. E’ impietosa, irriverente, dissacrante. Ma rimane più piccoloborghese che mai, rappresentando le mutazioni del gregge cui appartiene. Potrebbe partecipare a un raduno di no global, di no tav, di sì tav. Sarebbe in prima fila. Con accessori griffati».
Anche i luoghi (non comuni, proprio quelli fisici) vanno aggiornati. Giovanni Maggi, un altro giornalista scrittore che ha vissuto i tempi d’oro quando a Voghera c’era un sacco di pubblicazioni («Il giornale» cattolico, «Il cittadino» radical-socialista, «L’Oltrepò» socialdemocratico, «L’Avvenire» e «L’Infinito» comunisti) e c’era un turbinio di polemiche cultural-politiche, ricorda: il Giglio d’Oro, quel locale dove filosofeggiava l’intellighenzia indigena, il teatro Ariston dove facevamo venire Françoise Hardy, Nicola Arigliano, Betty Curtis, Johnny Dorelli, Gino Paoli, Carmen Villani, il Teatro sociale dove dirigeva un giovanissimo Toscanini. Ora va molto il non-luogo centro commerciale, multisala cinema, pizzeria, McDonald’s, profumi e balocchi, jeans firmati e scontati, a Montebello della Battaglia. Resiste il martedì e il venerdì il mercato in piazza del Duomo. Si compra, si parla, si commenta: eh come sono cambiate le cose Signora mia! Resiste, ma è cambiata l’atmosfera, il passeggio nella via Emilia, «ra strà drita, la strada dritta che dritta non è e che taglia la città. Oggi alle otto di sera è già deserta». Da quelle parti c’è anche Casa Arbasino, ricordata così, ai tempi, nel Meridiano: «Un elegante palazzo "finto-storico" nella stessa via dove c’è la farmacia attigua alle storiche pasticcerie di ferri battuti e specchi, davanti ad antiche vie di navigli e stallazzi e passages. Un palazzo "puro Quattrocento ferrarese" ricostruito "in stile" negli anni Venti con effigi graffite di Brunelleschi e altri artefici sotto il cornicione ligneo, e bassorilievi marmorei sul balcone d’angolo, accanto alla "Casa Lunga" di transizione, in via Mazzini, sempre di fianco a San Sebastiano, ove il pittore locale Paolo Borroni è sepolto praticamente sotto il letto della nonna che così ascolta i canti in chiesa».
Ma, continuando a viaggiare lungo queste strade, nello spazio e nel tempo, si fa un altro incontro con un’altra Casalinga di Voghera, la più vecchia di tutte. Non si sa chi precisamente per primo, ma qualcuno chiamò così Carolina Maria Margarita Invernizio, nata a Voghera nel 1851, figlia del direttore delle locali carceri. Lo scrive Lorenzo Nosvelli nel suo libretto Dicesi Casalinga di Voghera (Cooperativa Editoriale Oltrepò). Rivolta alla Carolina Invernizio, quell’espressione, voleva significare ciò che avrebbe poi detto Antonio Gramsci: «Un’onesta gallina della letteratura popolare».
Francesco Cevasco