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 2010  aprile 11 Domenica calendario

ALLE RADICI DELL’ISLAM MAOMETTO E IL MONACO

Ho letto nella rivista francese L’Histoire (gennaio 2003) l’articolo di uno storico francese Christian Julien Robin intitolato «Les tribus de l’Arabie déserte». Discute dell’evoluzione delle prime tribù arabe fino alla nascita dell’Islam. A un certo punto, riguardo a Maometto, afferma: «All’inizio della propria missione, sembrerebbe che si fosse considerato il continuatore del profetismo giudaico e cristiano». Solo dopo, per motivo politico, visto l’ostilità degli ebrei, e per conciliarsi gli abitanti della Mecca, si ricongiunse al culto d’Allah a condizione di eliminare prima i suoi residui pagani (pagina 37 del testo in francese). Sembra un punto particolarmente significativo questa aspirazione iniziale ad essere un «continuatore del profetismo giudaico e cristiano» che meriterebbe di essere approfondito.
Philippe Briffaut
philanfr@libero.it
Caro Briffaut, qualche anno fa, durante un viaggio in Siria, visitai Bosra, un luogo archeologico dove sono conservate importanti rovine romane. Sulla strada, nei pressi della città romana, mi fu indicato il luogo dove il giovane Maometto avrebbe trascorso qualche giorno con un monaco bizantino di nome Sergio, seguace della dottrina del vescovo Nestorio sulla doppia natura, umana e divina, di Cristo. Maometto aveva quattordici anni e viaggiava allora frequentemente attraverso la Siria con le ricche carovane di uno zio mercante, Abu Talib, a cui era stato affidato dal nonno dopo la morte dei genitori. Secondo la leggenda, il monaco si accorse che una piccola nuvola, mentre la carovana si avvicinava alla sua capanna, proteggeva dal sole il capo del ragazzo. Ne fu colpito, volle conoscere Maometto e gli chiese di rispondere ad alcune sue domande «in nome delle dee Lat e Uzza», adorate dai popoli della penisola araba. Ma il ragazzo rispose: «Non mi pregare nel nome di Lat e Uzza perché nulla odio più di loro». Il monaco lo pregò allora in nome di Dio e quando il ragazzo acconsentì a rispondergli, volle sapere quali fossero i suoi sogni. Seguì di lì a poco una conversazione con lo zio durante la quale il monaco profetizzò che «con Maometto si sarebbe verificato un evento straordinario».
Molto di tutto questo è leggenda, ma è probabile che Maometto, dopo avere conosciuto l’ebraismo nella penisola araba, abbia avuto i suoi primi incontri con la cristianità in Siria. L’episodio ritorna anche nelle pagine dedicate a Maometto da uno scrittore inglese della prima metà dell’Ottocento, Thomas Carlyle. Nel suo libro su «Gli eroi e il culto degli eroi» (ne esiste una edizione italiana nella collana dei tascabili Tea), Carlyle traccia uno splendido ritratto di Maometto, per cui nutre una evidente ammirazione, e scrive: «Non so quale peso si debba attribuire a quel "Sergio monaco nestoriano" (...) ma il ragazzo aveva gli occhi ben aperti e senza dubbio aveva afferrato il barlume di molte cose, per allora rimaste oscure, ma che un giorno si sarebbero sviluppate, in maniera sorprendente, in visioni, in credenze, in intuizioni profonde. Questi viaggi in Siria furono probabilmente per Maometto il germe di gran parte della sua dottrina».
Se vuole altre notizie sulla vita e sul percorso intellettuale di Maometto, caro Briffaut, potrà leggere, oltre al libro di Carlyle, una biografia di Gerhard Konzelmann, apparsa presso Bompiani, e il più recente saggio di Tarik Ramadan apparso nel 2007 presso Einaudi.
Sergio Romano