Fabio Cutri, Corriere della Sera 11/04/2010, 11 aprile 2010
OLMI AL POSTO DELLE BETULLE. PIANTE ANTI ALLERGIE NELLE CITTA’
Quando uno starnuto fa primavera. E poi tosse, gola secca, occhi umidi, asma: c’è poco da fare, il polline che svolazza nell’aria è per milioni di persone un nemico invisibile al quale ci si deve rassegnare. A meno che non si affronti il problema alla radice, nel vero senso della parola.
A lanciare l’idea è il New York Times: perché nelle città non cominciamo a piantare solo alberi che producono piccole quantità di polline? Tornando agli anni Cinquanta, quando l’olmo la faceva da padrone. Bei tempi, ma la specie fu praticamente decimata da un’epidemia e venne sostituita da altre varietà che si sono rivelate assai allergizzanti. Ora non resta che fare marcia indietro, afferma il quotidiano della Grande Mela, ripopolando piazze, viali e strade con un verde privo (o quasi) di effetti collaterali.
Si può fare davvero? Assolutamente sì, parola di allergologo. Che per sensibilità professionale non può non avere a cuore le sorti di chi lotta contro l’allergia. «Selezionare il verde cittadino in base al polline prodotto è un criterio giustissimo – dice il professor Claudio Ortolani ”. Da noi si sta già studiando come applicarlo: io stesso sono stato coinvolto dagli assessorati milanesi all’Ambiente e alla Sanità per creare una mappa delle piante più "pericolose" della città. Il ricambio? Beh, non è che gli alberi si possano estirpare, basta semplicemente sostituirli quando muoiono».
Nel frattempo in Liguria c’è chi è passato dalle mappe ai giardinieri: l’anno scorso il Comune di Nervi ha deciso che nei parchi cittadini cedri, olivi e cipressi giunti alla fine del loro ciclo biologico non saranno rimpiazzati da loro simili bensì da magnolia, limoni e falso pepe, il cui polline è meno invasivo. Ma quali sarebbero le piante da evitare? «La più pericolosa è la betulla, responsabile del 30, 40 per cento delle allergie – spiega Ortolani ”. Poi direi il nocciolo e il carpino. Premesso che non esistono alberi che risolvono completamente il problema, al loro posto si potrebbe puntare ad esempio sulla quercia. L’importante è che nulla venga lasciato al caso».
L’idea della selezione piace anche al garden designer Carlo Contesso: «Interessante, certo, a patto che non si impoverisca troppo la varietà di piante cittadine». Che, del resto, già di per sé non è vastissima: «Non dimentichiamoci che nelle metropoli sono adatti solo quegli alberi che resistono in terreni compatti e asfittici, che sopportano il caldo e il freddo amplificato dal cemento e che convivono con lo smog. Ecco, non esageriamo nel complicargli la vita». La differenza tra le nostre città e quelle americane? «Beh, innanzitutto hanno molto più verde, con un sacco di querce rosse ricchissime di polline. Noi non abbiamo la quercia rossa, ma ci pensano i nostri pioppi a produrre la lanuggine che fa soffrire tante persone. Comunque fanno parte del paesaggio e dell’immaginario italiano, e io non ci rinuncerei in nome delle allergie».
«Certo, il fattore allergenico è già uno dei criteri importanti per gestire il ricambio del verde cittadino», afferma l’architetto del paesaggio Flora Vallone, direttore del settore Arredo, Verde e Qualità Urbana del Comune di Milano. «Quando muoiono delle piante cerchiamo di sostituirle con altre a impatto limitato di polline. Non solo, il nostro obiettivo è passare da 200 mila a 500 mila alberi, e sicuramente faremo attenzione a non creare zone off limits per chi soffre di allergia». Attenzione, per proteggere gli allergici, aggiunge l’architetto Vallone, non va dimenticato il verde di balconi, terrazze e giardini privati. «Eh già’ le fa eco il professor Ortolani ”, per il polline servirebbe una vera e propria campagna di educazione civica».
Fabio Cutri