Giuseppe Sarcina, Corriere della Sera 11/04/2010, 11 aprile 2010
MA CHI DICE LA VERITA’ SUI NUMERI?
Per Confindustria, «l’Italia arretra». Per il governo, invece, «il Paese tiene». Il convegno di Parma è stato anche un duello di cifre. Da una parte quelle elaborate da Luca Paolazzi, direttore del Centro Studi di Confindustria. Dall’altra i numeri elencati dal Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, provenienti dalle analisi dell’economista Marco Fortis, della Fondazione Edison. Due modi diversi, quasi opposti, per «leggere» il recente passato e, soprattutto, fare luce sulle prospettive del sistema economico.
Ieri, nella replica conclusiva, la presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, ha preso le mosse dai dati cardine diffusi il giorno prima. La crescita del prodotto interno lordo pro capite si è piantata, scendendo del 4,1% nel periodo 2000-2009 e accumulando un ritardo di 11 punti percentuali rispetto alla media dei Paesi euro. Inoltre, dal 2002 al 2009 il costo del lavoro per unità di prodotto (il cosiddetto Clup), ha notato Marcegaglia «è cresciuto di circa il 25% rispetto alla media dell’eurozona». Non basta, la leader degli imprenditori ha continuato così: «Il nostro valore aggiunto per ora lavorata è salito solo del 6,4% contro il 51% della Francia e il 45% della Germania». La morale, vista con gli occhi di Confindustria, è che esiste un legame diretto tra bassa crescita e calo della produttività (conseguente all’aumento del costo del lavoro). Lo sbocco, allora, non può che essere una continua perdita di competitività rispetto agli altri Stati, a cominciare da quelli europei.
Ma dal punto di osservazione del governo occorre rovesciare il cannocchiale. Berlusconi si è presentato a Parma con sette blocchi di cifre forniti dal ministero dell’Economia e dal ministero dello Sviluppo economico. Sono statistiche «lavorate» da Fortis, uno dei punti di riferimento del ministro Giulio Tremonti. In questo caso l’accento, come spiega lo stesso Fortis, «va messo sul valore della produzione manifatturiera, perché ormai è l’indicatore più attendibile per capire se la nostra industria regga la competizione internazionale. Parlare solo di volumi prodotti o venduti può risultare fuorviante». Il dato cornice resta il pil, considerato però nel suo valore assoluto (e non in termini pro-capite come fa Confindustria). Nel 2009 il pil italiano è diminuito del 5,1%, più o meno come Germania, Gran Bretagna e Giappone, «tutti Paesi che hanno speso più dell’Italia». La replica del governo più di merito è affidata ai trend dell’export. Tra il 2005 e il 2008, quindi prima della grande crisi, il valore dell’export manifatturiero è aumentato del 44% in Italia, contro il 35% in Germania e il 34% in Francia. Ma secondo l’esecutivo (’tavole” di Fortis alla mano) il made in Italy regge meglio di altri anche in recessione. A fine 2009 il valore dell’export industriale è sceso del 5% rispetto al 2006, più o meno sugli stessi livelli della Francia. Meglio ha fatto solo la Germania (-1%).
Sulla scia di questi elementi la conclusione di Berlusconi non può che essere diversa da quella di Marcegaglia. «Non è vero che il Paese sia in declino», anzi il merito della tenuta va «in gran parte alle imprese». Il presidente del Consiglio, di fatto, ha costruito su questa piattaforma il messaggio «di fiducia» e «di ottimismo», portato ieri alla platea degli imprenditori riuniti a Parma. Fortis offre anche una chiave di lettura metodologica: «Posto che sono numeri ricavati dalle principali fonti mondiali, a cominciare dal Bollettino statistico del commercio internazionale dell’Onu, bisogna intendersi su un fatto. Con chi ci vogliamo confrontare? E’chiaro che rispetto alla Cina, l’Italia è un Paese in declino. Ma se guardiamo agli Stati più vicini, come Francia e Germania, i numeri dicono un’altra cosa. Per non parlare di realtà come Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna e Irlanda, dove la crescita è stata pagata dal netto peggioramento dei conti pubblici».
La «disputa dei numeri» aperta a Parma sembra destinata a continuare. Forse all’assemblea annuale di Confindustria, a maggio. Marcegaglia ha già dato appuntamento a Berlusconi.
Giuseppe Sarcina