GIUSEPPE TURANI, la Repubblica 11/4/2010, 11 aprile 2010
I DUBBI SULLA SOLIDIT DELLE BANCHE ITALIANE
Ma le nostre banche sono poi solide come si dice? Hanno fatto qualche stupidaggine in meno, ma, ripeto, sono solide? C´è qualche dubbio. Gli utili del 2010 dello Standard & Poors 500, se si escludono le banche, saranno più o meno in linea con quelli del 2007. Non male, tutto sommato. Certamente in pochi ci avrebbero scommesso. Ed infatti anche gli indici borsistici, coi loro continui rialzi, sembrano dire cose analoghe. Ma il tema delle banche e dei loro portafogli qualcuno lo sta seriamente analizzando?
Va detto che, sul tema, circola per Milano da qualche giorno un fogliettino non certo incoraggiante. Il foglietto, riservatissimo, rivela che le prime undici banche del paese hanno peggiorato notevolmente, nei primi nove mesi del 2009, tutti i ratio inerenti i loro crediti. Il totale dello stock accumulato di crediti deteriorati peggiora di circa il 50 per cento dalla fine del 2008, da 49 a 75 miliardi. Quel che però é ancor più preoccupante é il rapporto tra crediti dubbi e crediti clienti, che va dal 3,3 per cento al 5,1, un valore mai raggiunto. Se poi si passa alle effettive perdite su crediti, dove cioè non c´é più nulla da fare per le banche, l´importo più che raddoppia: dai 5,8 miliardi di fine 2008 ad oltre 12 miliardi del 30 settembre 2009.
Un dato che si commenta da solo.
Infine, anche per mettere in relazione tali dati con le quotazioni di Borsa, attuali e prospettiche, é stato calcolato il rapporto tra patrimoni netti delle banche e i rispettivi crediti dubbi. La media segnala che i patrimoni vanno considerati erosi del 12,7 per cento una cifra molto rilevante, ma in questa media - senza scomodare Trilussa - troviamo banche che hanno crediti dubbi fino al 38 per cento del loro patrimonio. Ed un paio sono attorno al 25 per cento Questo vuol dire che tutte queste banche, già con capitali non certo ridondanti, dovranno ben presto essere ancora ricapitalizzate. E per i soci saranno dolori perché, con l´attuale andamento degli aumenti di capitale che, per avere successo, debbono essere proposti al mercato a forte sconto, significa che non potranno che deprimersi i corsi di Borsa delle banche stesse. Corsi che si erano ripresi a causa dei risultati economici della seconda metà del 2009 ma che sono sempre troppo basati sui conti economici e troppo poco sulle situazioni patrimoniali.
Per cui va fatta molta attenzione e, soprattutto, moltissima selezione.
Tutto questo stando ai numeri ufficiali e non tenendo conto della "pulizia" di fine anno che molte banche, come noto, hanno deciso di compiere. Per cui i dati di fine anno possono solo peggiorare. Ma manca ancora un elemento. Molte situazioni di ristrutturazione del debito di società in crisi hanno prodotto allungamenti dei tempi di rimborso in contemporanea all´emersione di un nuovo titolo, chiamato strumento partecipativo finanziario, che é stato proprio inventato dalle banche per evitare di dire (a se stesse) che un determinato credito andava svalutato ancora di più.
Qualcuno ha calcolato che le ristrutturazioni del 2009 hanno rappresentato quasi 50 miliardi di euro, cifra di per se ragguardevole, ma nessuno ha ancora calcolato quanto attivo - vero o creativo che sia - é stato creato con tali nuovi strumenti. Certamente sono già stati emessi titoli per qualche miliardo e le banche sanno benissimo che gli stessi hanno - oggi - un valore intrinseco ben più basso del valore facciale di bilancio. C´é chi dice che Draghi tenga sotto gli occhi dalla mattina alla sera sia quel foglietto sia l´elenco degli strumenti nuovi. Una cosa é certa: per la quasi totalità delle banche i problemi devono ancora esser fatti emergere nella loro totale crudezza.
Si cercherà, nel fare i bilanci, di allungare il brodo per nascondere almeno in parte i buchi nei conti, ma la pura e semplice verità è che molti soldi non ci sono più. Sono già stati bruciati. Via, su per il camino della crisi.