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 2010  aprile 09 Venerdì calendario

COPIARE PER VINCERE, LO DIMOSTRA LA SCIENZA

Sbirciata abusiva sul banco vicino o solidarietà fra bravi e somari, che copiare sia conveniente lo sappiamo fin dalle elementari. Che sia giusto farlo, almeno in una certa misura, questo no, non siamo arrivati a dirlo. Invece la prestigiosa rivista Science, sul numero di oggi, oltre a definire la base scientifica del successo dei copioni, spiega che una certa quota di opportunisti dall´occhio lungo non solo è inevitabile, non solo è tollerabile, ma è perfino utile alla società.
Le sei pagine che riassumono questa tranche di un più ampio studio sull´"apprendimento sociale" finanziato dall´Ue, condotta da un team di dieci ricercatori di quattro atenei (due svedesi, uno britannico e la nostra Università di Bologna), sono fitte di grafici; ma tutto comincia con un gioco. Una versione cibernetica del vecchio spacca-la-pentola-ad-occhi-bendati. Ogni giocatore-cavia (cento gruppi di docenti e studenti reclutati via Internet) doveva produrre un piccolo software in grado di risolvere il seguente problema: davanti a cento leve di una immaginaria slot machine, senza sapere quali danno un premio e quali no, qual è la strategia migliore per vincere più possibile, avendo a disposizione cinquanta "mosse"? Per "mossa" si intende tirare una leva, oppure sbirciare il vicino che tira la sua. E qui la scelta è cruciale. Ci si aspettava che la maggioranza preferisse un comportamento "sperimentale" o "innovatore": cominciare tirando qualche leva a caso e poi concentrarsi su quelle che danno sempre il premio: è la strategia del trial-and-error che sta alla base della psicologia dell´apprendimento. Alcuni giocatori invece hanno scelto la "strategia parassitaria": osservare per un po´ il gioco degli altri, e poi copiare solo le mosse vincenti. Una serie di variabili rendevano entrambe le scelte rischiose: si poteva copiare un solo giocatore alla volta (magari il più sfortunato), era facile copiare male, e per giunta, man mano che il gioco procedeva, cioè le leve che prima premiavano a un tratto lasciavano a secco.
Il risultato dell´esperimento, che ha sorpreso gli stessi autori, è stato chiaro: i copioni hanno vinto più degli sperimentatori. Un´ingiustizia? Ma il mestiere del copione non è affatto più riposante: bisogna stare attenti, appunto, a copiare bene, dai compagni giusti e al momento giusto. «Siamo abituati a pensare al "copione" come a uno sfruttatore passivo del talento altrui», spiega Stefano Ghirlanda, fisico e psicologo dell´Università di Bologna, unico ricercatore italiano del team, «mentre è un attore che sceglie una strategia di apprendimento diversa, ma altrettanto dispendiosa di energie». Tutti copioni, allora? No: così non funzionerebbe, ed è logico: un copione ha sempre bisogno di uno sperimentatore da copiare. Ma c´è di più. Seconda scoperta: più copioni ci sono, più la media generale delle vincite s´abbassa. Insomma una società di copioni si avvia verso la decadenza. Sono gli innovatori che (sacrificando il profitto individuale) fanno avanzare la conoscenza e il benessere generale. «Una società di copioni ripete solo se stessa, è conservatrice e se muta l´ambiente (la leva che non premia più) non sa più cosa fare e crolla», avverte Ghirlanda.
Al bando i copioni, allora? Neppure. «Una società efficiente ha bisogno anche di una certa quota di persone che replicano i successi altrui. Non avrebbe senso una società fatta solo di sperimentatori solitari. Per sconfiggere le malattie servono i creatori di nuovi vaccini, ma anche quelli che li copiano e li fabbricano». I copioni insomma sarebbero i "divulgatori sociali" del coraggio degli innovatori; un po´ quelli che il filosofo Thomas Kuhn definì "scienziati normali" rispetto a quelli "rivoluzionari". Il problema è che i primi guadagnano più dei secondi. Quindi ok, copiare non sarà più una colpa, ma un po´ di riconoscenza verso il povero secchione non guasterebbe.