NICOLA LOMBARDOZZI, la Repubblica 9/4/2010, 9 aprile 2010
FURTI, SCIACALLI E VENDETTE IL KIRGHIZISTAN IN FIAMME
mosca - Con la benedizione, arrivata all´alba di ieri da Vladimir Putin in persona, la rivoluzione del Kirghizistan è teoricamente finita in trionfo, ma per la gente della ex repubblica sovietica nel cuore dell´Asia centrale, sono giorni terribili di paura e di violenza. Nella capitale Bishkek, folle incontrollabili di manifestanti esaltate dal profumo di vittoria incendiano case, saccheggiano negozi, si abbandonano a pestaggi senza pietà contro ogni sospetto di simpatia con il regime appena crollato. Sono armati di bastoni e di qualsiasi corpo contundente raccattato per le strade devastate. Ma qualcuno ha anche armi vere e proprie a giudicare dagli spari che si sentono echeggiare senza tregua in ogni zona della città.
Per fermare lo sciacallaggio il governo rivoluzionario ha dato ordine di uccidere chiunque venga sorpreso a rubare in negozi e case abbandonate. Centinaia di volontari si stanno radunando in una specie di milizia popolare per riportare l´ordine «con ogni mezzo». Slogan vendicativi e dichiarazioni minacciose urlate ad ogni angolo di strada fanno temere una lunga caccia all´uomo e una serie di vendette a catena. E negli ultimi due giorni i morti sarebbero già più di cento.
Roza Otunbajeva, capo del nuovo governo di salute pubblica, promette elezioni entro sei mesi e garantisce di avere la situazione sotto controllo anche se, per il momento, non ritiene opportuno apparire in pubblico e affida i suoi messaggi a Twitter e ai siti Internet. Il presidente ormai deposto Kurmanbek Bakijev, fuggito ieri notte nella cittadina natale di Jalalabad, proclama di non sentirsi sconfitto ma sta trattando per salvare almeno la vita dei suoi cari, la moglie, due figlie, sette fratelli. E da Radio Eco di Mosca accusa: «Questo è un colpo di Stato con ingerenze esterne. Non voglio indicare un Paese concreto, ma senza forze esterne è praticamente impossibile compiere questa operazione ben coordinata».
Con spicciativa durezza la signora Otunbajeva ha risposto che l´incolumità personale sarà garantita soltanto all´ex presidente e solo se farà in fretta a dimettersi formalmente da una carica che non ha più. In un clima sempre più da guerra civile il Cremlino ha deciso di inviare 150 paracadutisti dei corpi scelti a rinforzare la base militare russa nella città di Kant, poco distante da quella americana di Manas snodo cruciale per i rifornimento delle truppe Usa in Afghanistan.
Proprio ieri mattina, mentre Obama era ancora in volo per Praga, Putin ha telefonato alla signora Otunbajeva , che pure era stata sua feroce avversaria al tempo della rivoluzione dei tulipani del 2005. Ha riconosciuto le ragioni dell´opposizione, ha promesso immediati e cospicui aiuti umanitari ma soprattutto ha cancellato l´aumento dei prezzi del petrolio russo che sono stati la causa scatenante della rivolta popolare. Il prezzo del petrolio e del gas si rivela ancora una volta un´arma decisiva della Russia nella gara con gli Stati Uniti per la conquista delle aree di influenza. Tra i programmi immediati del nuovo governo provvisorio c´è adesso di annullare le miliardarie privatizzazioni di enti statali per l´energia e per le telecomunicazioni decise dal presidente Bakjiev e finite quasi tutte in orbita statunitense. Contemporaneamente la premier ha tranquillizzato il Pentagono dicendo che la base di Manas resterà aperta.
Roza Otunbajeva conosce bene la necessità del Kirghizistan di barcamenarsi tra una grande e potenza e l´altra. Sessant´anni, ma ne dimostra meno, sposata e madre di due figli è un volto notissimo ai kirghizi. Docente di Materialismo dialettico alla facoltà di filosofia nell´era sovietica, è entrata in politica proprio nelle fila del Pcus brillando per personalità e per clamorosi colpi di scena. Ministro degli Esteri del Kirghizistan sovietico, poi di quello indipendente del filo russo Akayev, mollò tutto accusando il presidente di eccessivo autoritarismo. Nel 2005 fu l´anima della rivolta che cacciò proprio Akayev e che insediò il filo occidentale Bakijev. Ma due anni fa passò nuovamente all´opposizione denunciando il nepotismo, la corruzione del governo e coalizzando sotto la sigla Ata-Zhurt tutte le forze di opposizione. Tra le denunce, la catena incredibile di parenti del presidente inseriti nei posti chiave del potere: un fratello capo dei servizi segreti, il figlio Maksim a gestire di fatto i poteri di primo ministro attraverso la gestione della gestione per gli investimenti e l´innovazione, cugini ed elementi di clan familiari in tutti i ministeri e bene sette modifiche in cinque anni alla costituzione liberale post sovietica con la chiusura dei giornali d´opposizione, la limitazione delle libertà personali fino all´abolizione del voto e la nomina diretta di funzionari, governatori locali e perfino del successore alla presidenza, il figlio prediletto Maksim. Maksim è certamente il più odiato dalla folla che impazza per le vie di Bishkek. Ed è l´unico elemento della famiglia Bakijev a sentirsi al sicuro. Si trova infatti negli Stati Uniti, a Washington, dove proprio ieri doveva presiedere un forum di imprenditori americani dal tema "Opportunità in Kirghizistan". All´ultimo momento il convegno è stato rinviato senza annunciare una nuova data.