Lettere a Sergio Romano, Corriere della Sera 09/04/2010, 9 aprile 2010
PERCH CHURCHILL NEL ”45 PERDETTE LE ELEZIONI
Sono nato subito dopo la guerra, sono appassionato di storia e recentemente ho visto un film biografico sulla vita di Winston Churchill. Quello che mi sono sempre chiesto, e dal film non sono riuscito a capire, è come mai Churchill alla fine della guerra e sulla cresta dell’onda tanto da essere considerato un eroe nazionale perse le elezioni a favore dei laburisti. Avendo dei parenti inglesi che hanno vissuto quell’epoca ho posto loro la stessa domanda, la risposta è stata che Churchill era l’uomo ideale in tempo di guerra ma un disastro in tempo di pace. Mi piacerebbe sapere il suo parere: se gli inglesi allora scelsero un uomo più adatto per tempi di pace pur riconoscendo a Churchill il merito della vittoria fu una grande prova di coscienza politica poiché votarono pensando al Paese e non al personaggio.
Antonio Morelli
cxcfmo@tin.it
Caro Morelli, per buona parte della sua vita politica Churchill fu considerato da molti inglesi un personaggio imprevedibile, inaffidabile, troppo incline ad assumere posizioni estreme ed eccentriche. Quando era Primo Lord dell’Ammiragliato, durante la Grande guerra, volle fortemente lo sbarco delle truppe alleate nella penisola turca di Gallipoli e pagò con le dimissioni l’insuccesso dell’operazione. Quando era Segretario di Stato alle Colonie, dopo la Grande guerra, consigliò, a quante pare, l’uso dei gas contro i ribelli curdi in Iraq. Quando era Cancelliere dello Scacchiere, nel 1924, volle, contro il parere degli industriali, il ritorno della sterlina all’oro e fu considerato responsabile della deflazione che colpì l’economia britannica nei mesi seguenti.
Era conosciuto e ammirato per il suo coraggio, per la foga dei suoi discorsi, per lo stile dei suoi articoli, per le sue qualità letterarie. Ma alla classe politica britannica non piacque la volubilità di cui dette prova passando dal partito conservatore al partito liberale e dal partito liberale al partito conservatore. Divenne molto noto negli anni Trenta per le sue posizioni anticomuniste e antinaziste. Ma questa brusca franchezza lo rendeva poco adatto ad assumere funzioni pubbliche in governi che cercavano piuttosto, soprattutto con Hitler, la via del compromesso e dell’ «appeasement» (una parola che divenne più tardi sinonimo di debolezza).
Per queste ragioni Churchill fu politicamente utilizzabile soltanto quando gli avvenimenti, nel 1939, semplificarono brutalmente i termini della questione. Era fatto per l’emergenza e fu, durante la guerra, l’uomo di cui i suoi connazionali avevano bisogno. I suoi discorsi alla Camera, gli appelli al Paese, la sua oratoria, le sue battute, il suo volto e il suo sigaro divennero il ritratto della nazione.
Ma non appena la guerra fu vinta, la Gran Bretagna volle ciò che Churchill non avrebbe mai dato, in quel momento, ai suoi compatrioti. Dopo avere eroicamente combattuto per cinque anni e sopportato con fermezza, in patria e al fronte, i rischi e le privazioni del conflitto, la società britannica desiderava il programma sociale «dalla culla alla tomba» che un liberale, Lord Beveridge, aveva preparato negli anni precedenti e che i laburisti avevano promesso di realizzare. Fu questa la ragione per cui Churchill, nelle elezioni dell’estate 1945, fu battuto. Non dimentichi, tuttavia, che nelle elezioni successive, cinque anni dopo, Churchill ritornò al potere. Dopo avere digerito una dose di socialismo, la Gran Bretagna volle tornare al centro affidandosi nuovamente al vecchio Churchill. E questi, occorre riconoscerlo, accettò e conservò gran parte di ciò che i laburisti avevano fatto. questa la democrazia.
Sergio Romano