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 2010  aprile 09 Venerdì calendario

LA PARTITA PER L’EREDITA’ DEL RE DEGLI SCACCHI

Una partita a scacchi infinita. Meglio, un puzzle dai contorni incerti, con informazioni in perenne mutamento. Come risolverlo? A due anni dalla scomparsa, Bobby Fischer torna sulle prime pagine dei giornali. Il controverso campione della scacchiera, nato americano emorto islandese, dovrà essere esumato – quando il terreno che ricopre la sua tomba, a Selfoss, non lontano da Reykjavik, sarà del tutto scongelato – perché i medici legali possano prelevare campioni di Dna. In ballo c’è un’eredità di oltre 3 milioni di dollari in denaro, oro e immobili, e un numero di presunti eredi che aumenta con il passare del tempo: il Dna servirà dunque a stabilire se una bambina filippina di 8 anni sia davvero figlia sua come dichiara la madre, Marilyn Young, a lungo amante dello scacchista.
La battaglia legale è in corso da tempo ed ha diversi attori, l’uno contro l’altro armati, protagonisti di una saga post mortem degna dell’uomo che dicono di aver amato. Da una parte la giapponese Miyoko Watai, anche lei scacchista, che ospitò Bobby nella sua casa alla periferia di Tokyo a partire dal 2000. Miyoko si è presentata in tribunale, a Reykjavik, sostenendo di essere l’unica donna che Bobby Fischer avesse «legalmente sposato», nel 2004 (versione prima accettata poi revocata dai magistrati islandesi). Di fronte, un’altra asiatica, Marilyn Young, che ha presentato una richiesta non per sé, ma per la figlia, Jinky, sostenendo di averla avuta, nel 2001, proprio da Fischer. A riprova, foto dove i tre compaiono a letto, in stile « John Lennon e Yoko Ono», e cartoline inviate alla piccola con frasi affettuose e firmate «daddy» (papà). La causa è estesa anche a Alexander e Nicholas Targ, due nipoti del campione che fece grande l’America battendo il sovietico Boris Spassky, a soli 29 anni e in piena Guerra fredda.
Impossibile non partire da qui. Perché come in tutte le grandi storie’ nel caso specifico, le tragedie’ il destino ha impresso un andamento circolare che ha riportato i protagonisti al punto di partenza. Reykjavik, 1972: Robert James Fischer, detto Bobby, individuo vicino al genio con un Q.I. di 180, diventa il primo campione del mondo di scacchi non sovietico. Nato a Chicago nel 1943, era stato il primo giocatore del suo Paese a soli 15 anni. Genio precoce ma disturbato: «Sono un individuo detestabile – ripeteva come un mantra ”. I miei ideali sono gli scacchi e i soldi. Voglio diventare ricchissimo».
Accontentato. Nonostante il titolo mondiale gli fosse stato tolto soltanto tre anni più tardi – perché si rifiutò di metterlo in palio contro un altro sovietico, Anatoly Karpov ”, Fischer riuscì a vivere del suo passato splendore a dispetto del buio sempre più nero che circondava la sua vita. Nel 1992, dopo anni di silenzio, riapparve, accettando, per 3,5 milioni di dollari, di giocare di nuovo contro Spassky, in Serbia. La sfida ai divieti americani (Belgrado allora era sotto embargo) gli costò un mandato di cattura internazionale e l’ostracismo del suo Paese. Cui lui rispose con dichiarazioni sempre più al vetriolo. In preda a deliri mistici, l’aspetto sempre più trasandato (girava con una lunga e incolta barba bianca e un cappellino da baseball), Fischer, l’uomo che amava «spezzare l’ego» dei suoi avversari, stabilì la sua dimora tra le Filippine e il Giappone. Nel 2001 la dichiarazione che non avrebbe mai dovuto fare: all’indomani dell’attacco alle Torri gemelle si lasciò scappare che «era una notizia fantastica. L’America ha avuto quel che si merita: è ora di farla finita con questo Paese imperialista». Quattro anni più tardi, l’arresto mentre tentava di lasciare il Giappone con un passaporto falso. Otto mesi di carcere e quindi la cittadinanza islandese concessa solo per «questioni umanitarie».
Fischer aveva poco da vivere: non più di due anni. Reykjavik, o meglio Selfoss, fu la sua casa e diventò la sua tomba. Attorno a lui le donne che’ forse non soltanto per interesse – ne avevano ascoltato i deliri giorno e notte. Ora comunque chiedono tutte il conto, la loro parte. Ai giudici toccherà l’ultima mossa: scacco matto e fine della storia.
Paolo Salom