Massimo Triulzi, Corriere della Sera 3/4/2010, 3 aprile 2010
RITORNO ALLE ORIGINI (IN FATTORIA)
Hai ricevuto in regalo una pianta di begonie dal tuo amico Ciccio. questo il tormentone che assilla qualunque utente di Facebook, in qualunque parte del mondo si trovi. Un gentile e insidioso omaggio floreale che segna il primo contatto di un utente di social network con il mondo di Farmville. Un videogioco, un banale «giochino» che ha saputo catturare il tempo e l’attenzione di oltre 80 milioni di persone nel mondo, convincendole nell’impossibile missione di tornare a lavorare i campi, piantando insalata e coltivando rapanelli, seppure in modo virtuale. Farmville è una fattoria globale che richiede attenzione e dedizione, a discapito di tempo e lavoro, perché il proprio giardino sia più verde di quello del vicino. Eppure è uno dei momenti di svago più apprezzati e diffusi nella Rete. Benvenuti nel futuro dei videogiochi: si chiamano web games, o Facebook games se ospitati dal sito di social network, e rappresentano un gradito ritorno alle origini del divertimento elettronico.
Non fanno uso di grafica tridimensionale o di tecnologia esasperata, funzionano su qualunque computer, sono gratuiti, semplici – ma non banali’ e dalla veste simbolica. Caratteristiche che tornano a premiare il lato creativo di un videogioco, un’idea, una trama. Che si tratti di gestire una squadra di calcio (come nel «vecchio» Hattrick, tuttora giocato da migliaia di italiani), sviluppare un impero galattico (Ogame) o risolvere geniali quiz logici (il pluripremiato gioco ceco Samorost), sono davvero alla portata di tutti, dai bambini agli anziani. Non si comprano nei negozi né devono essere scaricati dalla Rete: possono essere giocati immediatamente sul programma di navigazione’ il browser’ del proprio computer di casa (o, in modo sempre più diffuso, del lavoro).
Un successo e un fenomeno di costume per centinaia di milioni di persone (utenza ben più vasta rispetto ai consumatori dei consueti videogiochi per console), che rappresenta una ghiotta e democratica novità anche per gli sviluppatori di videogiochi. «Sono più semplici da programmare e non richiedono investimenti economici colossali che solo le multinazionali si possono permettere’ spiega Riccardo Cangini, amministratore delegato della nostrana softwarehouse Artematica, prima in Italia a sviluppare videogiochi su Facebook ”. Così, con un minimo di circa 100 mila euro, anche gruppi di pochissime persone possono sviluppare videogiochi liberamente, seguendo il solo gusto del pubblico e senza l’influenza degli editori o dei distributori». Un nuovo, velocissimo mercato del divertimento elettronico che, sebbene secondo lo stesso Cangini «non garantisce un sicuro ritorno economico», ha prodotto nel 2009, solo negli Stati Uniti, un indotto di oltre un miliardo di dollari, con una previsione di 1.6 miliardi per l’anno in corso.
Ma come può esserci un ritorno economico se tutti i web games sono gratuiti per definizione? Perché’ oltre ai bassi ricavi da advertising – per vincere «facile», parafrasando una nota pubblicità, esistono delle scorciatoie. E queste si pagano. Per avere subito delle piante rare nella propria fattoria di Farmville si possono pagare delle «microsomme» di denaro, pari a poche manciate di centesimi. Allo stesso modo è possibile accelerare la costruzione del proprio esercito di milizie nel popolarissimo Travian, e gettarsi immediatamente nella pugna contro le armate del vicino. Nel rispetto delle tradizioni italiane, si può anche giocare a scopa su Facebook, da soli o in compagnia. Ma per poter scegliere quale mazzo di carte utilizzare o per personalizzare il tavolo da gioco con una bottiglia di chianti, un po’ di cibo, una tovaglia o un caffè espresso è necessario sborsare qualche spicciolo.
Di giochi, sul web come sui social network, ce ne sono davvero per tutti i gusti. L’originale idea alla base di Friends for Sale su Facebook, per esempio, è quella di poter acquistare e vendere i propri amici come figurine. Ad ogni passaggio di mano il valore degli amici crescerà, diventando un investimento virtuale in una valuta inesistente. Bitefight inscena sul web una sanguinaria battaglia tra vampiri e licantropi, in cui è necessario un morso ben assestato sul collo di un avversario per assoggettarlo alla propria fazione. Per riuscire nell’intento è sufficiente un messaggio di posta elettronica o un click sul nome trovato in Rete. E perché non fare come la signora Filomena, che a oltre settant’anni bazzica costantemente i tavoli di Briscola su Facebook?