P. Val., Corriere della Sera 09/04/2010, 9 aprile 2010
IL LAVORO NELL’OMBRA DEL PROFESSOR MCFAUL
Il 24 febbraio scorso fu una di quelle rare giornate in cui Barack Obama si arrabbiò. Al telefono con il leader del Cremlino, Dmitry Medvedev, il presidente americano aveva appena ascoltato il suo interlocutore chiedere nuove concessioni sul Trattato Start. L’accordo sulle testate nucleari strategiche, che sembrava già fatto, si allontanava di nuovo. Nello Studio Ovale, il suo sguardo incupito si pose su Michael McFaul, il suo consigliere speciale per la Russia, come per dirgli: «Ma non doveva essere tutto a posto?».
McFaul non si scompose. Profondo conoscitore di cose moscovite, sapeva che il diavolo spunta sempre nei dettagli finali di queste complesse partite, dove sensibilità personali, interessi nazionali, equilibri politici interni si mescolano in miscele delicate quanto la nitroglicerina, pronte a esplodere per un nulla.
Raccomandò la calma. Si offrì per l’ennesima missione sulla Moscova.
Non c’era nulla da concedere sulle verifiche o altro. C’era soltanto da spiegare.
Alla fine, ha avuto ragione lui, il professore della Stanford University che ha dedicato la sua vita a studiare con la profondità che si dedica solo a un nemico e a conoscere con la passione degna solo di un grande amore l’impero bicontinentale, prima nella versione sovietica poi in quella russa. Ieri, Michael McFaul ha vissuto sulla Moldova la sua giornata, eroe non cantato della più importante intesa di disarmo atomico strategico da una generazione a questa parte.
stato lui, in questo anno e mezzo di «reset», a fare la spola con Mosca in decine di missioni, alcune ufficiali, moltissime segrete, per riannodare i fili di un rapporto sfilacciato, pieno di veleni e di sospetti, facendo tesoro dell’antica lezione della Guerra fredda, dove ogni ripartenza con Mosca cominciava sempre dalle armi nucleari. E se il mago dei numeri sulle testate e dei conteggi sui carichi di gittata, che sono il pane dello Start, è stato il veterano Gary Samore, il ruolo del regista nell’intero negoziato, nato dal primo incontro tra Obama e Medvedev, è toccato a McFaul, vero risolutore di ogni intoppo.
Quarantasei anni, laureato in lingue slave, specializzato a Oxford in relazioni internazionali, McFaul è considerato il dominus del dossier Russia nell’Amministrazione Obama, uno dei cinque o sei giocatori che contano veramente nel Consiglio per la sicurezza nazionale. Nella stanza del castello di Praga, dove ieri mattina si è svolto l’incontro bilaterale che ha preceduto la firma dello Start, la delegazione americana vedeva accanto al presidente Obama solo Hillary Clinton, il generale James Jones e lui.
Chi scrive lo conobbe vent’anni fa aMosca, in piena perestrojka gorbacoviana, dove McFaul guidava una think-tank della Hoover Institution, preziosa fonte di analisi e di contatti. Fu in quel periodo che costruì i rapporti con una nuova generazione di studiosi e giovani diplomatici russi, che oggi lo rendono figura di riferimento e interlocutore privilegiato. C’è sempre il suo nome in cima alla lista degli invitati di Sergei Kislyak, l’ambasciatore russo a Washington.
Da saggio servitore dello Stato, Michael McFaul ieri ha dato tutto il merito del successo al presidente Obama, che è riuscito a mettere «la buona chimica personale» con Medvedev al servizio di risultati concreti.
E ha celebrato la «nuova maturità della relazione americana con la Russia», dove sia Washington che Mosca «cercano di far avanzare i propri interessi in un clima di fiducia», lavorando insieme sui temi dove ci sono aree di accordo, ma anche chiarendosi onestamente i punti di dissenso.
P. Val.