Varie, 9 aprile 2010
SCHEDONE SULLE MINACCE DI AL QAEDA PER IL MONDIALE IN SUDAFRICA
DA GIULIA ZONCA PER LA STAMPA DEL 09/04/2010 E REPUBBLICA.IT DEL 09/04/2010
Al Qaeda minaccia di colpire la nazionale italiana durante i mondiali di calcio che si giocheranno in Sudafrica dall’11 giugno all’11 luglio. La rete televisiva Cbs ha rilanciato un messaggio pubblicato sul sito integralista Mushtaqun Lel Jannah (desiderio di paradiso), in cui l’Aqmi, il braccio armato di al Qaeda in Nord Africa, annuncia di avere nel mirino le nazionali di Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Germania e Italia. «Che sorpresa sarà quando in un incontro tra Stati Uniti e Inghilterra, trasmesso in diretta, si sentirà in uno stadio pieno di spettatori il rumore di un’esplosione e ci saranno decine o centinaia di cadaveri» si legge nella nota.
La partita tra le nazionali statunitense e inglese, esordio del Gruppo C, sarà giocata nello stadio di Rustenburg il 12 giugno. Già a metà gennaio la gara è finita sul tavolo degli investigatori, oggetto delle attenzioni malate dei militanti di al-Shabaab, i somali legati anche al riuscito attentato contro il pullman del Togo in Coppa d’Africa. In quel dossier si ipotizzava una massiccia immigrazione illegale di terroristi dormienti decisi a stare in disparte fino alla Coppa del Mondo.
Stati Uniti e Inghilterra sono le principali nazioni nel mirino del gruppo fondamentalista, che ha però inserito tra i suoi obiettivi anche gli azzurri e le rappresentative di Francia e Germania. «Tutte queste nazioni fanno parte di una campagna crociato-sionista contro l’islam», si legge nel comunicato del gruppo.
Nella nota si ricordano le recenti azioni terroristiche come la strage di agenti della Cia compiuta da un doppiogiochista giordano in una base in Afghanistan, che costò la vita a otto persone, e il fallito attentato sul volo diretto a Detroit nella notte di Natale del 2009 che portò all’arresto del nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab. Così come in quelle occasioni al Qaeda "riuscì a far passare 50 grammi di esplosivo attraverso decine di barriere di sicurezza" e a "umiliare il miglior apparato di intelligence del mondo attraverso l’operazione di Mujahid Abu Dujana al Khorassani (Humam al Balawi), che frantumò l’orgoglio dei servizi segreti alleati di Cia e Giordania", si legge ancora nella nota, così riuscirà a colpire in occasione del mondiali. "Al Qaeda sarà presente alle partite, ad Allah piacendo" conclude il messaggio.
In Sudafrica ci sono almeno 5 milioni di clandestini e la cellula somala era ed è considerata in espansione, ma solo il 2 aprile, Ronald Noble, il segretario generale dell’Interpol, tranquillizzava i tifosi che progettano un viaggio in Sudafrica: «Il Paese sarà sicuro. Stiamo monitorando tutti i confini e non si tratta solo di negare l’accesso a chi è considerato pericoloso, stiamo mappando il flusso degli ingressi e ogni movimento anomalo sarà intercettato».
Daniel Benjamin, coordinatore delle azioni antiterroristiche per gli Usa è già in Sudafrica per garantire la sicurezza degli Stati Uniti e conferma che «ogni dettaglio viene preso in considerazione, un evento di questo genere è di per sé un target e noi usiamo la massima allerta».
La Fifa ha già annunciato che metterà in campo un dispositivo di sicurezza senza precedenti ma, avverte la nota di al Qaeda, "tutti i controlli e le macchine a raggi X che gli Stati Uniti manderanno dopo aver letto questo comunicato non saranno capaci di scoprire il modo in cui questi esplosivi saranno portati nello stadio e per la semplice ragione che lo annunceremo a tempo debito. Allora, sei pronto per questo evento, signor Blatter?" aggiunge rivolgendosi al presidente della Fifa, Joseph Blatter.
A 62 giorni dai Mondiali, il Sudafrica deve affrontare anche un problema interno: dopo l’assassinio dell’estremista afrikaaner Eugene Terreblanche, i suoi seguaci espongono cartelli contro i Mondiali, «pronti al caos». Ancora minacce, stavolta degli ultimi bianchi recidivi, fermi ai tempi dell’apartheid. Un branco senza vincoli perché il gruppo politico di Terreblanche, Awb, smentisce disordini e rivolte: «Siamo stravolti per il brutale omicidio e certo qualcuno può aver esagerato nelle reazioni, ma noi siamo convinti che i Mondiali siano un’opportunità per la nazione».
LA REAZIONE DEL GOVERNO SUDAFRICANO:
Al messaggio non è rimasto indifferente il ministro sudafricano per la Sicurezza, Nathi Mthetwa. "Vigileremo anche le coste durante il torneo, la priorità è garantire la sicurezza del milione di turisti che sono attesi", ha dichiarato. Il Sudafrica ha annunciato lo scorso ottobre che le sue forze di sicurezza hanno sventato un complotto di al Qaeda per compiere attacchi terroristici durante i mondiali. In base alle notizie circolate in quel periodo, l’agenzia nazionale di intelligence del Sudafrica, le forze di polizia e gli agenti americani portarono a termine congiuntamente l’operazione, che portò all’arresto di numerosi sospetti legati all’organizzazione in Somalia e in Mozambico.
LA REAZIONE DI FRATTINI:
Il minstro degli esteri ha risposto su Facebook alle minacce: «Il mondo non tollererebbe una nuova Monaco, la pace che lo spirito olimpico ha affermato e imposto, di nuovo violata e insanguinata. Non lo tollererebbe l’Africa che cerca in questi mondiali di calcio una conferma di una promessa di opportunità e di sviluppo. Non lo tollererebbero tutti coloro che nel mondo guardano allo sport come al campo della pace e della conciliazione e che si battono per la democrazia e le libertà».
LA REAZIONE DI GIANNI PETRUCCI:
«Non credo che dobbiamo preoccuparci da queste minacce. Ci sono sempre state in occasione di grandi competizioni. La Fifa e’ una organizzazione consolidata e ben organizzata che ci ha rassicurati come ha fatto oggi anche la Figc». Il presidente del Coni, Gianni Petrucci, non si dice preoccupato delle minacce di un gruppo terroristico di al-Qaeda nel Maghreb islamico che vuole colpire la nazionale di calcio italiana nel corso della sua partecipazione ai Mondiali.
********
LA BANCAROTTA DI AL QAEDA. MANCANO I FINANZIAMENTI, VIA A CRIMINI E SEQUESTRI [scheda 199473] - (riassunto)
DA GUIDO OLIMPO PER CORRIERE DELLA SERA 20/02/2010
Forbes, approfondendo ricerche emerse nel corso nel 2009, si è chiesto: Al Qaeda è in bancarotta? La risposta è, in parte, affermativa. Rispetto al 2001, il movimento di Bin Laden ha certamente meno disponibilità. Allora, la Cia stimava un budget di circa 300 milioni di dollari, alimentato dalla offerte provenienti dal Golfo Persico. Tre anni dopo sarebbe sceso a 5 milioni di dollari. E di conseguenza i terroristi hanno imparato ad organizzare attentati meno costosi. Secondo la Cia per colpire gli Usa, l’ 11 settembre 2001, hanno speso quasi 500 mila dollari. Per il complotto di Natale contro il jet Northwest, un calcolo empirico stima il costo in 6 mila dollari, di cui 3 mila solo di biglietto aereo. Per fare le mutande bomba ne sono bastati, invece, poche centinaia.
Le difficoltà economiche di Al Qaeda hanno origine diverse.
• Per prima cosa, avendo perso coesione ed essendosi frantumato in tante realtà locali, il denaro non è più confluito in un’unica cassaforte.
• Poi i controlli, applicati tanto dagli occidentali che dai vari regimi, hanno ridotto le donazioni dei petrodollari. Ha fatto notizia, ad esempio, la fatwa emessa nel 2007 da un alto esponente religioso, Abdel Aziz Al Sheikh, che ha ammonito i donatori «a non danneggiare i giovani musulmani». Frase per mettere in guardia sull’ appoggio a gruppi eversivi. Decreti religiosi seguiti da alcune operazioni antiterrorismo che avrebbero portato all’ arresto di diversi «collettori». Nonostante questo dall’Arabia Saudita e soprattutto dal Kuwait sono partite comunque risorse, ma in quantità più piccole. Non usano le banche né gli assegni ma il classico sistema hawala: io verso una somma ad una persona a Dubai che ha un corrispondente a Peshawar (Pakistan) che a sua volta, sulla parola, passa il denaro all’estremista.
• Infine fonti Nato evidenziano come una fetta consistente di aiuti economici si sia spostata da Al Qaeda ai talebani, attualmente grandi beneficiari dei doni dall’esterno: oltre 100 milioni di dollari soltanto nel 2008. Rispetto ai seguaci di Bin Laden, quelli del mullah Omar hanno maggiore libertà di movimento. Possono fare campagna e quindi hanno accesso a chi apre i cordoni della borsa.
E che ci siano meno soldi lo si comprende anche dalle dichiarazioni dei leader terroristi che, a partire dalla fine del 2008, hanno pianto miseria. Il primo a parlare è stato Mustafa Al Yazid, cassiere e gestore della vecchia Al Qaeda, che ha chiesto espressamente aiuto ai «fratelli in Turchia». Parole ripetute da Osama e poi rilanciate da figure minori della galassia qaedista.
Problemi sono poi emersi dai racconti di alcuni volontari reclutati in Francia e arrivati nell’ area tribale pachistana per addestrarsi. Gli aspiranti militanti hanno pagato a testa 2 mila euro per il viaggio, 900 euro per le armi e le munizioni, 450 euro per il loro istruttore. In più alcuni di loro si sono visti confiscare costosi sacchi a pelo in nome della causa.
un autofinanziamento estremo che ritroviamo, sotto forme diverse, in altre aree. In Europa i piccoli gruppi di islamisti si arrangiano con il crimine (contraffazione, traffico di documenti e droga). In Algeria è il contrabbando e nel sud, nell’ area del Sahel, sono i sequestri di occidentali. Con un ostaggio riescono ad «alzare» dai 3 ai 6 milioni di euro.
Risorse che rimangono in loco e non vanno certo a Bin Laden. A partire dal 2005 i qaedisti tradizionali si sono dovuti rivolgere a quelli che in teoria avrebbero dovuto finanziare. Al Zawahiri ha chiesto un prestito ad Al Zarkawi - centomila dollari appena -, poi sono stati i militanti del «Lashkar E Toiba» a trovare i fondi per un complotto in Europa. Medesimo scenario per l’ attentato di Mumbai, dove i soldi sono arrivati da mille rivoli.
******
AL QAEDA HA I GIORNI CONTATI (riassunto) -
DA GIAN MICALESSIN PER IL GIORNALE DEL 19/3/2010
L’8 marzo un missile ha incenerito Hussein al Yemeni, il capo di Al Qaida stratega dell’operazione suicida costata la vita il 30 dicembre scorso a sette fra agenti e «contractor» della Cia. Secondo il direttore della Cia Leon Panetta quel centro messo a segno nel cuore di Miram Shah - il capoluogo del Nord Waziristan considerato uno dei santuari pakistani di Al Qaida - è una tappa fondamentale nella guerra al terrorismo e può preludere alla cattura o all’uccisione di Osama Bin Laden e alla definitiva sconfitta del suo gruppo. Panetta in un’intervista al Washington Post definisce l’operazione «la più aggressiva mai messa a segno dalla Cia». La campagna - iniziata lo scorso anno e basata, per la prima volta nella storia delle guerre moderne, sull’utilizzo di aerei senza pilota - avrebbe decimato i vertici operativi di Al Qaida, seminando il panico tra l’organizzazione. «Queste operazioni li stanno mettendo in seria difficoltà; stando alle nostre informazioni sono un’organizzazione fuori controllo, priva di una linea di comando e prossima al collasso, ormai – sostiene Panetta - sembrano veramente allo sbando».
Ottimismo sui risultati della guerra ad Al Qaeda viene anche dal generale Stanley Mc Chrystal, responsabile delle operazioni militari in Afghanistan, che da un po’ di tempo parla della necessità di catturare vivo Bin Laden mentre il segretario alla Giustizia statunitense Eric Holder ne dà per certa l’eliminazione in caso d’individuazione del nascondiglio.
I protagonisti di questa svolta strategica sono i Predator, gli aerei senza pilota armati di missili Hellfire in grado di colpire i nascondigli dei capi di Al Qaida sfruttando al meglio e nell’arco di poche ore le cruciali informazioni raccolte dagli agenti sguinzagliati sui due lati del confine afghano-pakistano. L’operazione dell’8 marzo, la 22ª dall’inizio di quest’anno, segna da questo punto di vista un’autentica svolta. Quel giorno i Predator portati sul bersaglio grazie alle informazioni della Cia, ma pilotati via satellite da una base intorno a Las Vegas, hanno dimostrato di poter operare con efficacia anche all’interno d’una città distruggendo con precisione chirurgica la base in cui lavoravano Hussein al Yemeni e un gruppo di militanti considerati il «gotha» di Al Qaida nel campo degli esplosivi e delle operazioni suicide.