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 2010  aprile 09 Venerdì calendario

«ORA UN ACCORDO PER CONTROLLARE L’EXPORT DI TECNOLOGIA NUCLEARE»

I problemi ancora aperti tra USA i suoi alleati europei e la Russia in tema di armamenti nucleari posso tutti essere risolti, e le asperità smussate con relativa facilità. La questione nodale resta però la corsa all’armamento dell’Iran, il cui successo avrebbe conseguenze catastrofiche. Siamo sul filo di lana, e dobbiamo intervenire appena possibile: ogni giorno che passa rende più difficile il mantenimento della pace. Il fisico nucleare americano ed ex ispettore dell’AIEA, David Albright, giudica con moderato ottimismo le celebrazioni per la firma del nuovo trattato a Praga, ma denuncia la responsabilità di tutti i paesi che sono ancora disposti a tollerare l’acquisizione di tecnologia da parte del regime di Teheran.
«La cosa più interessante di questo nuovo trattato – dice Albright - è che introduce un processo di verifica reciproco tra gli USA e la Russia, senza il quale l’obiettivo della riduzione delle testate sarebbe pura utopia. L’amministrazione Bush si era arresa di fronte alla difficoltà tecniche, mentre la squadra di Obama ha saputo andare fino in fondo, con un lavoro tedioso e spesso frustrante, che ha però dato i suoi frutti».
Si sarebbe potuto fare di più sulla strada dei tagli agli armamenti?
«Sarebbe stato augurabile stabilire limiti più bassi. Intanto però abbiamo raggiunto un aspetto di trasparenza che non ha precedenti, e sulla quale sarà possibile costruire in futuro».
I russi già ieri hanno cominciato a parlare di una possibile defezione di fronte a un eventuale scudo europeo.
«C’è da capirli: hanno fatto concessioni importanti per l’accordo, e hanno timori comprensibili di fronte allo scudo. Tocca agli Usa disegnarlo con proporzioni talmente ridotte da fugare le paure di Mosca, e cercare al tempo stesso di tirare dentro i russi come alleati nel progetto».
Cosa è legittimo augurarsi dal summit sulla sicurezza nucleare di Washington la prossima settimana?
«Mi auguro che si arrivi a decidere una maggiore controllo del materiale fissile. Ancora più importante sarebbe però raggiungere l’accordo su come combattere l’esportazione di tecnologia nucleare da un paese all’altro. C’è una risoluzione Onu, la 1540, che bandisce la vendita di materiali per la realizzazione di armi di distruzione di massa, sia ad altri stati che ad organizzazioni terroristiche. Più di 30 stati non l’hanno ancora recepita nei rispettivi ordinamenti, e transazioni di materiale proibito avvengono anche da parte di paesi come l’Italia e la Germania».
Lei è ottimista sul futuro della denuclearizzazione?
«E’ difficile esserlo di fronte alla minaccia iraniana e alle dinamiche che si muovono intorno a essa. L’Iran da solo non avrebbe nessuna capacità di continuare l’arricchimento dell’uranio. Può farlo solo grazie all’aiuto di altri paesi, i quali devono smetterla di provvedere materiali e tecnologia. Ma questo ad esempio è un nodo difficile da sciogliere per la Cina, un paese al centro di molte di queste trattative. Negli ultimi giorni invece sviluppi incoraggianti sono venuti dalla Malesia, dove il governo ha deciso di chiudere le porte all’esportazione di armamenti verso l’Iran, dopo che alcuni casi eclatanti del traffico illegale erano stati portati alla luce».