GIAN ANTONIO ORIGHI, La Stampa 9/4/2010, pagina 17, 9 aprile 2010
GARZON, SE IL GIUSTIZIERE FINISCE IN TRIBUNALE
Da «giustiziere planetario» all’ignominia del processo per «prevaricación», abuso di potere. Il celeberrimo gip progressista del Tribunale Nazionale Baltazar Garzón va alla sbarra, e rischia di essere sospeso per 20 anni (oltreché multato) per il caso più dirompente tra i tanti che ha istruito, il 399/20 06: l’ordine di riaprire le fosse comuni della sanguinaria dittatura di Francisco Franco, dove ci sono ancora 114 mila vittime della guerra civile ”36-’39, e processare la tirannia del Funeralísimo. Un’ordinanza storica, anche se poi lo stesso magistrato si è dichiarato incompetente, che ha riaperto ferite ancora sanguinanti. E che è un capolavoro giuridico in un Paese che ha applicato la teoria dell’oblio, con l’amnistia del ”77 che assolse i carnefici.
Caso difficilissimo per Garzón, 54 anni, andaluso di Jaen, in servizio al Tribunale Nazionale (una corte speciale senza paragoni in Europa, che giudica i casi più dirompenti, dal terrorismo alle estradizioni, dal traffico internazionale di droga alle truffe di massa). Molto più difficile dei casi che lo hanno reso famoso in tutto il mondo, dalla fallita estradizione del dittatore Pinochet al tentativo, andato a vuoto pure questo, di processare Berlusconi per undici capi d’imputazione (chiedendo decine di anni di carcere), tra cui frode fiscale per la tv del Biscione Telecinco.
A denunciarlo sono state due associazioni di estrema destra, Manos Limpias e la Falange. «Garzón ha cercato di assumere il controllo delle esumazioni dei desaparecidos del franchismo cosciente del fatto che non era competente, ignorando principi essenziali del diritto come la non retroattività della legge penale e leggi democraticamente approvate come quella dell’Amnistia del ”77», accusa, nel suo rinvio a giudizio, il noto conservatore Luciano Varela, magistrato della Corte di Cassazione, quella che giudicherà Garzón.
Il gip, seminarista e comunista in gioventù, sottosegretario di Stato con il governo socialista di González tra il ”93 e il ”94 (poi mollò la politica perché non lo fecero ministro degli Interni), bollato dai tanti nemici come il «juez estrella» (il giudice protagonista) per l’ansia di aprire i tg con i suoi tanti arresti eccellenti, è famoso per la sua temerarietà. Nel mirino dei terroristi dell’Eta e di Al Qaeda, Garzón ha riproposto, nelle sue 68 vibranti pagine della 399/2006, ciò che la Spagna ha affrontato solo parzialmente con la legge soft del premier socialista Zapatero sulla Memoria Storica. L’opposizione di centro-destra popolare (che l’applaudiva quando cercava di incriminare González per terrorismo di Stato per gli squadroni della morte anti-Eta) e il governo Zapatero ora tacciono.
Garzón ha presentato un ricorso che, c’è da scommettere, non sarà accolto (la maggioranza dei giudici di Cassazione è di destra). Ma la parte della Spagna che ancora vuole seppellire i suoi morti nei cimiteri togliendoli dalle fosse comuni, sta con lui. Sono partite convocazioni spontanee su Facebook, organizzate da comunisti e famigliari dei desaparecidos. Un solo slogan. Bruciante, in un Paese dove si ritirano le statue di Franco ma le strade delle città sono ancora intestate ai criminali del Caudillo (300 solo a Madrid): «Indagare i crimini del franchismo non è reato». Annunciate manifestazioni davanti alle sedi del partito popolare, fondato da sette ex ministri di Franco.
Nella 399/2006, accogliendo le denunce di 22 associazioni di famigliari dei desaparecidos, Garzón scriveva: «L’insurrezione armata di Franco fu una decisione illegale per farla finita con il legittimo governo di allora, la eletta II Repubblica. Il sistema per far sparire le persone seppellendole in fosse comuni fu usato scientificamente, tutta la giurisprudenza internazionale, dal Processo di Norimberga del ”45 in poi, autorizza la retroattività».
Il Paese è spaccato in due. «Garzón alla sbarra per essersi fatto beffe della giusta applicazione della legge», osanna il conservatore «El Mundo». Ma «El País», alfiere dei progressisti, stigmatizza: «Processare il gip per il suo tentativo di indagare i crimini del franchismo, su richiesta dei famigliari di vittime che giacciono ancora nelle fosse, è un insulto alla democrazia».
Il caso Pinochet
Nel novembre 1998 Garzón firma un mandato di cattura internazionale contro l’ex dittatore cileno, poi senatore a vita, Augusto Pinochet (foto), per crimini contro l’umanità, genocidio, terrorismo,sequestro e assassinio di 80 cittadini cileni di origine spagnola. Reati perpetrati dal 1973 al 1990. Pinochet muore nel 2006 senza essere mai stato condannato.