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 2010  aprile 09 Venerdì calendario

SI POTEVA SALVARE

Il decesso si sarebbe potuto evitare con elevatissima possibilità logica e credibilità razionale”. E inoltre. ”Si ritiene che la condotta dei sanitari che ebbero in cura Stefano Cucchi presso la struttura di Medicina protetta dell’ospedale Pertini di Roma sia stata caratterizzata da profili di censurabilità professionale in termini di negligenza, imperizia e imprudenza e che tale condotta abbia avuto valenza causale nel determinismo della morte di Cucchi”. Parole pesanti, quelle dei periti nominati dalla Procura di Roma per l’esame autoptico di Stefano Cucchi, il giovane geometra di 31 anni, morto il 22 ottobre scorso nel padiglione penitenziario del Pertini dopo un arresto per droga, avvenuto sette giorni prima. ”Nessuna disidratazione, aveva bevuto tre bicchieri d’acqua la sera prima di morire. E neppure alcun nesso diretto con un eventuale pestaggio – ha sottolineato il professor Paolo Albarello, direttore dell’istitu - to di Medicina legale dell’Univer - sità La Sapienza che ha voluto illustrare alla stampa i risultati ”per - ché in questi mesi sono circolate voci sul nostro lavoro’ – le fratture riscontrate sono una risalente a un periodo non recente, quella alla vertebra L3, mentre recente è quella alla vertebra S4, quella coccigea. Entrambe le fratture, a nostro avviso, non sono però riconducibili alla causa di morte”. Nel voluminoso dossier, consegnato due giorni fa ai pm Vincenzo Barba e Maria Francesca Loy, 145 pagine corredate da migliaia di fotografie e quasi 15mila immagini radiologiche, si legge, infatti, che la vertebra L3 non presentava particolari versamenti emorragici e che al momento dell’esa - me necroscopico erano evidenti fenomeni di ossificazione. Inoltre, nella perizia c’è scritto che il trauma riscontrato al coccige e le escoriazioni sugli arti fanno pensare ad un colpo ricevuto da una superficie larga. Tipo pavimento o muro. Insomma, una caduta. O un colpo verso il muro che potrebbe essere stato provocato. ”Per caratteristiche morfologiche e istologiche, si tratta di una caduta podale - ha detto Albarello – stabilire cosa abbia provocato il trauma non sta a noi stabilirlo”. Diverso il discorso sull’assisten - za sanitaria al Pertini. La perizia ha stabilito cinque patologie di cui Stefano Cucchi soffriva: una cachessia, dovuta a forte dimagrimento e malnutrizione, uno squilibrio elettrolitico, ipoglicemia, una disfunzione epatico-pancreatica e una forte brachicardia, con battiti scesi fino a 45 al minuto (in realtà il 21 sera, a poche ore dalla morte, erano arrivati a 36). Un quadro clinico che il personale sanitario del Pertini aveva sottovalutato. Il documento dei periti fa riferimento, in particolare, alla cartella clinica d’entrata al Pertini su cui i sanitari avevano appuntato che le condizioni di Stefano erano ”buone”, l’appara - to muscolare, ”t o n i c o - t ro fi c o ” e la nutrizione ”eccellente”. La bassa brachicardia, segnalata dal 118 chiamato alla stazione dei carabinieri di Tor Sapienza, dai medici dell’ospedale non era stata neppure rilevata. Eppure, proprio la bassa frequenza cardiaca, hanno detto i periti, avrebbe dovuto allarmare i sanitari. E inoltre: di fronte ai rifiuti del ragazzo di ricevere cure i medici non lo informarono a sufficienza dei rischi gravi che stava correndo. In tal caso, infatti, Cucchi avrebbe potuto valutare la situazione in modo diverso. Persino il catetere era stato probabilmente inserito in maniera non corretta, visto che alla sua morte aveva 1400 cc di urina nella vescica dilatata in maniera abnorme. Le ultime ore di Stefano sono state una vera e propria escalation tra crisi elettrolitiche, iperbilirubinemia, iperazotemia, fino alla asistolia che ha preceduto la morte. Ma anche sulla data del decesso non è possibile stabilire altro da quello riportato sulla cartella clinica dal momento che ”non viene indicato alcun fenomeno tanatologico”, necessario per stabilire l’o ra della morte. ”Una carenza assistenziale legata ai dubbi sui motivi del suo ricovero in quel reparto non adatto per malati acuti”, ha sottolineato il perito. Nessun rilievo particolare sulle altre escoriazioni, come quelle che facevano pensare ad una bruciatura di sigaretta (’non erano di stampo circolare né sono presenti necrosi coagulatorie, tipiche delle bruciature”), mentre sui lividi alla faccia i periti si limitano a dire, allargando le braccia, che ”tutti hanno avuto modo di vederle”. Di fronte a questa valanga di accuse (persino la dicitura ”morte naturale”, secondo l’equipe di periti sarebbe errata perché, in un quadro clinico così compromesso, si sarebbe dovuto parlare di morte ”non naturale”) il direttore del reparto sotto accusa, il dottor Aldo Fierro si difende dicendo di sentirsi trattato peggio del dottor Mengele, ”l’an - gelo nazista della morte”, e di non meritare questo. ”Ringrazio i pubblici ministeri per le indagini – ha detto Ilaria Cucchi, la sorella di Stefano – il quadro che si è delineato è perfettamente compatibile con la perizia dei nostri consulenti medici”. Anche se, secondo lei, ”continuare a sostenere la tesi delle fratture pregresse mi sembra quasi paradossale”. Soddisfatto dell’esito anche l’av - vocato della famiglia Cucchi, Fabio Anselmo che ha ricordato, però, come ”Stefano, prima dell’arresto, camminava sulle sue gambe, era persino andato in palestra, giudicato idoneo per il pugilato da un medico. Anche se le lesioni dolose non sono di per sé mortali, una vasta giurisprudenza ci dice che la sequenza causale non si interrompe”.