Carlo Tecce, il Fatto Quotidiano 9/4/2010;, 9 aprile 2010
FUGA DA PORTA A PORTA
Attraversato da santi, poeti e navigatori negli ultimi tredici anni, il salotto bianco di Porta a Por ta invecchia negli ascolti come la colonna sonora di Via col vento. Più passa il tempo, e l’attualità viene seppellita dal costume, più i telespettatori fuggono da Bruno Vespa. Cresce il numero i n c o m m e nsurabile di puntate, crollano le percentuali, molto più facili da contare. Prendiamo un mese campione ( febbra io) del triennio con Berlusconi a Palazzo Chigi, la parabola dello share corre in picchiata: 22,43 per cento nel 2008, 19,75 nel 2009, 17,10 nel 2010. E per restare sulla cronaca, riaccesa l’informazione spenta dalla par condicio, in aprile Vespa smarrisce altri due punti (15). Le rivelazioni Auditel, seppur scientifiche, sommano le teste che guardano oppure che cambiano canale: in tre anni, a palinsesti invariati, Porta a Porta ha perso 300 mila spettatori (oggi sono 1,5 milioni scarsi). I sociologi dicono che l’italiano medio preferisce la caciara, il rosa, le gonnelle e un sacco di reality. E la politica finisce nel panino del Tg1. E così Vespa smobilita la Terza Camera, agognata dai segretari di partito e da Clemente Mastella versione spallata, per un Moulin Rouge sul servizio pubblico o per i gialli irrisolti. Figli e nipoti di Novi Ligure, Erba e Cogne. A poche settimane dalle regionali, il conduttore ha raccontato la campagna elettorale con un risultato mediocre che, rispetto al 17% di febbraio, nemmeno raggiunge il quorum (13,26). Quando ha svestito con la fantasia il mito nazional popolare – ”Le sorprese sexy di Antonella Clerici’ – il sismografo degli ascolti è impazzito (22,32). Il lunedì degli scrutini, in prima serata e con i testa a testa in Piemonte e Lazio, Porta a Porta aveva l’opportunità di sfondare: doveva fare gol con la difesa in ferie. In Rai c’era poco e niente, ministri e oppositori riuniti da Vespa. Maluccio: 14 per cento di share, 3,650 milioni di spettatori. Il martedì c’era Ballarò: 15,23 e 3,878 milioni. Il giovedì c’era A n n oze ro : 21,88 e 5,160 milioni. Un confronto a tre quasi alla pari: tutti sulla stessa linea di partenza, tutti dalle 21 in poi. E Vespa con un vantaggio: Raiuno ha una media giornaliera del 21,39 per cento, Raidue del 10,35, Raitre del 7,89. Santoro e Floris producono dividendi per la rete, Vespa arranca. Non è un particolare elettorale, ma una tendenza consolidata: Vespa occupa quattro sere su sette sul canale ammiraglio di Viale Mazzini, e segna il 17 per cento. Le tre che restano registrano il 27, da 1,5 a 3 milioni di spettatori. Il doppio. La stagione era iniziata con l’intervista a reti unificate di Silvio Berlusconi (consegna case a Onna, sospensione di B a l l arò). Un debutto sciagurato (13% di share). Il contratto di Vespa, collaboratore esterno dalla vittoria di Berlusconi su Rutelli (nove anni fa), era in scadenza il prossimo giugno. La Rai poteva aspettare il termine naturale, ma per due mesi – e due visite dei consiglieri Rai a Palazzo Grazioli (Verro e Petroni) – il Cda ha presentato e ritirato il triennale con opzione. Fin quando a novembre, il giorno della nomina di Antonio Di Bella a Raitre, il direttore generale Masi ha proposto ai voti il fascicolo Porta a Porta. L’anfitrione Vespa guadagnerà 2,124 milioni di euro l’anno per le cento serate base più speciali, 374 mila euro in più rispetto all’accordo precedente. Un aumento unico tra i volti noti della Rai in crisi economica. Per la Terza Camera – copyright di Francesco Cossiga – inaugurata da Romano Prodi nel ’96, arena di sfida tra Massimo D’Alema e Gianfranco Fini. Appuntamento fisso che coincide con l’agenda dei parlamentari in trasferta a Roma e che replica la ritualità un po’ bolsa di Montecitorio o Madama: le poltrone ampie e comode, il maggiordomo che versa l’acqua, il campanello che fa din don, il motivetto di Rossella O’Hara. Porta a Porta era uno status più che un format: ”Nessuno resiste a Porta a Porta, neppure il Papa. C’è andato – scriveva Francesco Merlo – Gianni Agnelli a spiegare e a rassicurare, dopo l’accordo della Fiat con la General Motors. E’ lì che Rutelli ha annunciato la sua candidatura. E’ ancora a Porta a Porta che è nata e è morta la cura Di Bella. E forse oggi Enrico Berlinguer, per annunciare lo strappo dall’Urss, non si affiderebbe più a Eugenio Scalfari”.