Marco Masciaga, Il Sole-24 Ore 9/4/2010;, 9 aprile 2010
IL FUTURO DELL’EDITORIA? SCRITTO IN HINDI
Osservato dall’India il dibattito in corso in Europa e Stati Uniti sull’impatto dell’iPad sui bilanci di giornali e riviste sembra molto più lontano di quanto non dica la geografia. Non solo perché per il momento non c’è neppure una data prevista per il lancio del nuovo prodotto della Apple nel Subcontinente. Ma soprattutto perché in questo pezzo di mondo la carta continua a vincere a mani basse contro qualunque tipo di touch screen. La conferma è venuta questa settimana, quando il Blackstone Group,
uno dei colossi globali del private equity, ha deciso di investire 2,25 miliardi di rupie, al cambio attuale oltre 50 milioni di dollari, per acquisire una partecipazione in una casa editrice indiana.
Il bersaglio dell’operazione si chiama Jagran Media Network e non è esattamente uno di quei media group che possono portare in dote sofisticate strategie globali per intercettare lettori e investimenti pubblicitari, magari sul web e la telefonia mobile. Il suo fiore all’occhiello, il quotidiano Dainik Jagran, è scritto in una lingua, l’hindi,che nel quartier generale di Blackstone a New York parlano decisamente in pochi. E, a voler essere pignoli, il Dainik non ha neppure un sito web. In compenso ogni giorno consuma tonnellate di carta e inchiostro per stampare 37 edizioni e più di 200 sotto-edizioni locali. Le distribuisce con furgoni, auto, motociclette e carretti in 11 tra i più popolosi stati dell’India e, a prestar fede ai dati forniti dallo stesso editore, raggiunge 54,6 milioni di lettori. Più di qualunque altro quotidiano al mondo.
«In termini di crescita l’India oggi si trova 10-12 anni più indietro della Cina e circa 20 rispetto agli Stati Uniti», spiega il presidente di Blackstone India Akhil Gupta. «E in questa fase in Asia osserviamo comportamenti di lettura molto diversi rispetto all’Occidente». Che tradotto in soldoni significa una cosa molto semplice: mentre in Europa e Stati Uniti i giornali stanno attraversando una fase di transizione tra due modelli di business radicalmente diversi che si sta traducendo in un’emorragia di copie e pubblicità, in paesi come l’India e la Cina sta avvenendo il contrario. Il boom economico sta portando benessere e alfabetizzazione. E tra coloro meglio posizionati a cavalcare questa fase ci sono case editrici specializzate in prodotti di massa realizzati nelle lingue locali.
Non a caso con i dollari di Blackstone la Jagran Media Network punterà a crescere ulteriormente sui mercati regionali. Non tanto per consolidare il primato del suo best seller, il Dainik Jagran, quanto per fare acquisizioni in quegli stati dominati da lingue diverse dall’hindi, quattro delle quali (Bengali, Telugu, Marathi e Tamil) sono parlate da più di 60 milioni di persone ciascuna. Mercati sempre più difficili da ignorare e non solo per questioni demografiche. Il luogo comune secondo cui le centinaia di milioni di indiani che non parlano inglese sarebbero consumatori di serie B si è dimostrato sbagliato. Durante i mesi più difficili della crisi globale, sono state proprio quelle città di piccole e medie dimensioni dove regnano incontrastate le lingue regionali a sostenere l’economia indiana.