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 2010  aprile 09 Venerdì calendario

IL FASCINO (COSTOSO) DELLE «REVOLVING»

Comode, allettanti. Ma anche pericolosamente costose, specie se utilizzate in modo poco avveduto da chi ha scarsa dimestichezza con il denaro elettronico. Le carte di credito revolving, oggetto del provvedimento di ieri della Banca d’Italia, sono abbastanza diffuse nel nostro paese e spesso anche criticate dalle associazioni dei consumatori. Delle 40,8 milioni di carte in circolazione a fine 2008 in Italia (secondo gli ultimi dati disponibili dell’osservatorio Assofin- Crif-Gfk Eurisko) ben 14,6 milioni hanno la funzione revolving.
A differenza delle comuni carte di credito a saldo (in cui l’addebito delle somme pagate avviene di solito il 15esimo giorno del mese successivo all’acquisto senza l’aggiunta di interessi) le revolving consentono di rateizzare il rimborso del saldo di fine mese. In pratica aggiungono alla consueta funzione di strumento di pagamento anche quella di mezzo di finanziamento. Per offrire questo servizio hanno però un costo che, visti anche gli importi generalmente ridotti delle transazioni, può apparire esorbitante in termini percentuali per la maggiore incidenza degli oneri fissi.
L’ultima rilevazione della Banca d’Italia parla di una media del 17,37% per le operazioni fino a 5mila euro e del 13,01% oltre questa soglia, valori che portano i tassi di usura rispettivamente al 19,51% e 26,05 per cento. Non poco, se si tiene conto per esempio che per ottenere piccoli prestiti si paga normalmente tra l’8 e il 12% a seconda della finalità per cui vengono richiesti, ma pur sempre in linea con il resto d’Europa,dove però le revolving sono più diffuse.
Nel mirino delle associazioni dei consumatori ”Adusbef e Altroconsumo in testa – non sono però finiti soltanto i tassi, ma anche le modalità attraverso cui banche e altri emittenti propongono ai clienti, spesso inconsapevoli, questo tipo di strumento. Qualche anno fa, molti probabilmente si ricorderanno, i potenziali clienti ricevevano direttamente a casa, per posta e senza averla minimamente richiesta, la nuova carta revolving, spesso abbinata al nome di qualche nota catena retail. Stava poi al risparmiatore attivare la carta, sottoscrivendo contratti spesso poco chiari sui tassi effettivamente applicati alle anticipazioni di denaro.
Oggi questa pratica particolarmente aggressiva non esiste quasi più, o almeno viene utilizzata sotto altra forma. Il cliente viene in genere intercettato quando acquista un oggetto a rate o chiede un piccolo finanziamento. Può capitare infatti che proprio in quel momento, o in una fase successiva (a patto però abbia dato un’espressa manifestazione di volontà) l’acquirente si veda proporre la revolving, che potrà poi attivare o meno.
Va detto, a questo proposito, che soltanto una quota limitata di questi strumenti (il 29% a fine 2008 sempre secondo Assofin- Crif-Gfk Eurisko, erano il 33%l’anno prima e addirittura il 43% nel 2004) viene effettivamente attivata, il resto giace dimenticata o finisce nel cestino. E in calo, se pur lieve, è il valore delle operazioni concluse con le revolving in Italia: 10,6 miliardi di euro nel 2009 (- 0,6%rispetto all’anno precedente) e 1,6 miliardi nei primi due mesi del 2010 (-7,7%).