Nino Sunseri, Libero 9/4/2010, 9 aprile 2010
PIANTO GRECO
Chissà? Forse davvero la colpa è tutta delle Olimpiadi del 2004. Erano state il momento dell’euforia a vent’anni dalla caduta del regime dei colonnelli. La celebrazione della Grecia moderna che riannodava il filo della storia: con i giochi di De Coubertin certamente. Ma soprattutto con i riti antichi da cui era scaturita la civiltà occidentale.
LO SPOT OLIMPICO
Un grande spot quelle Olimpiadi. Purtroppo molto costoso. Uno sforzo da dieci miliardi che la fragile economia greca non ha retto. Un macigno caduto su un apparato produttivo davvero esile. Giocato soprattutto sul turismo che, da solo rappresenta il 20% di tutta la ricchezza prodotta dal paese. Poi le attività marittime. I nomi degli armatori greci come Onassis o Niarchos sono entrati nell’immaginario collettivo. Il simbolo della ricchezza sbruffona e maleducata prima dell’avvento dei russi. Una fama appoggiata sui ponti di quattromila navi che rappresentano la più grande flotta mercantile del mondo. Poi l’agricoltura e infine un po’ d’industria, soprattutto di trasformazione. Infine lo Stato: una presenza immensa che da sola vale quasi il 70% del Pil della Grecia. Un mostro che ha finito per avvelenare le fonti di ricchezza. Cercando di coprire i buchi di bilancio con acrobazie degne più di spericolati finanzieri che non uomini di governo. La Grecia non aveva i numeri per entrare nell’euro. Neanche dieci anni fa quando, con eccessiva generosità Bruxelles diede il disco verde alla dracma. I conti sono stati truccati. La spesa non è mai stata sotto controllo. Ad esempio, con 10 miliardi di dollari la percentuale del Pil destinata alle spese militari è la più alta nella Ue. Nel 2008 il paese era al primo posto in Europa, con il 2,8% del Pil per l’acquisto di armi. La flotta commerciale greca sottrae ogni anno allo stato circa 6 miliardi in Iva, grazie a una serie di vantaggiosi meccanismi finanziari.
Molte società hanno hanno trasferito gli attivi in scatole off-shore cipriote (dove il tasso d’imposizione fiscale è del 10%). La chiesa ortodossa non paga imposte, pur essendo tra i maggiori proprietari immobiliari del paese.
IL PIANO DI SALVATAGGIO
Le banche hanno ricevuto 28 miliardi di euro di fondi pubblici nel quadro del piano di salvataggio, senza alcuna contropartita, e adesso speculano impunemente contro il debito pubblico. La crisi ha fatto il resto. Sono venuti fuori i ritardi strutturali: clientelismo diffuso, scarsa produttività del lavoro, modesta competitività nazionale. Problemi cui ha ovviato con un massiccio interventismo statale finanziato attraverso il debito pubblico. Trucchi contabili sempre più sofisticati e malandrini hanno coperto la realtà. Quando la crisi internazionale ha colpito il turismo e le attività portuali, il crollo. Le presenza estere sono diminuite del 7% e i ricavi del 10% nel 2009. Contemporaneamente l’indice Baltic Dry, che misura il valore dei noli marittimi, fra il 2008 e il 2009 è sceso del 90%. Sull’economia greca è calata la notte. Certo le seimila isole che fanno da corona al Paese ci sono ancora. Così come quindicimila km di coste. Potrebbero non bastare. Soprattutto se i cittadini europei, a cominciare visitatori tedeschi (2,3 milioni l’anno), si rifiuteranno di finanziare il risanamento dell’economia greca.
Lo Grecia incombe sui mercati finanziari. Ad esorcizzarlo non sono bastate le rassicurazioni di Jean Claude Trichet. Secondo il presidente della Bce «il tema del default della Grecia non si pone nemmeno». Certo sarebbe stato catastrofico che il capo della più alta istituzione finanziaria europea dicesse il contrario. Tuttavia queste dichiarazioni dai toni obbligati sono bastate a mettere più tranquilli gli operatori. La Borsa di Atene, che era arrivata a perdere più del 5% si è ridotta al 3,1%.
fallimento
Rendimenti record
della
Ma il vero problema non riguarda le azioni. Molto più pericoloso il balzo dei rendimenti dei titoli decennali (7,5%). Un record ottenuto ampliando all’inverosimile il premio sui Bund (4,48%). L’euro è scivolato ai minimi da due settimane (1,3279 dollari). Magari sarà un fatto positivo per le esportazioni europee. Qualche problema in più sul fronte della stabilità.
Il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet e il ministro delle Finanze greco, hanno cercato di calmare i mercati. Dopo le loro dichiarazioni i picchi negativi sono un pò rientrati. L’euro è rimbalzato (fino a 1,33 dollari), il rendimento dei titoli di stato decennali è sceso (7,3%) e così il premio sui bund (4,27%). Ma la tregua sarà breve.
«Dopo la conferenza stampa di Trichet si possono trarre due conclusioni.
Primo, che le tensioni sul debito della Grecia potrebbero intensificarsi. Secondo, che la Bce dovrebbe prendere le distanze da questioni apparentemente tecniche, come i piani di risanamento di un paese membro, che hanno invece dimensione politica» ha commentato in una nota Marco Annunziata, capo economista di Unicredit. Il rischio è alto: in gioco c’è la perdita di credibilità e di indipendenza della Bce, se la pressione dei governi dovesse intensificarsi.
Trichet ha escluso un default della Grecia, ha difeso il piano di aiuti concordato con il Fmi il 25 marzo, ha annunciato che la Bce continuerà ad accettare titoli con rating BBBcome garanzie dei prestiti alle banche, ma solo per i titoli di Stato.
Un chiaro sostegno ad Atene che rischia il declassamento da parte di Moody’s in serie B come già fatto da altre due agenzie. Ma è rimasto vago sui contenuti di un eventuale emissione a sostegno della Grecia.
Ridotto il deficit
Da Atene un portavoce del governo ha dichiarato che «la Grecia non ha bisogno al momento di attivare il piano di aiuti Ue-Fmi», mentre il ministro delle Finanze ha detto che il deficit pubblico è diminuito del 40% nel primo trimestre dell’anno. Si è fermato a 4,3 miliardi (da 7,1 miliardi del 2009), per effetto delle misure di austerità introdotte dal Governo. Ma il mercato sta scommettendo
che Atene non sarà in grado di tagliare il disavanzo e soprattutto non riuscirà a rinnovare gli 11,6 miliardi di euro di titoli di stato in scadenza a fine maggio. Il premio che il mercato pretende per rinnovarli e l’elevata volatilità rendono difficile lanciare un prestito obbligazionario, secondo gli analisti. Dovrà ricorrere ai fondi di emergenza del piano UeFmi, con il rischio di ulteriori tensioni. Per Bruxelles sarebbe una grave sconfitta politica. Dimostrerebbe l’incapacità di risolvere i problemi di uno dei Paesi membri. Come se la Sicilia, in difficoltà finanziarie, si rivolgesse ad una capitale straniera anzichè bussare al Tesoro. Tuttavia la situazione si pone proprio in questi termini. I cittadini europei non hanno nessuna voglia di immolare una parte, anche piccolissima, del loro portafoglio sul falò greco. Forse se Atene non si fosse lasciata andare a truccare i conti la situazione sarebbe anche diversa. Così però, è difficile trovare il necessario consenso pubblico per un intervento coordinato. I più ostili appaiono i tedeschi.
La Bundesbank
La Bundesbank è molto critica, come traspare da documento interno pubblicato dalla stampa tedesca. «Questo accordo fra i capi di stato europei raggiunto senza consultare, secondo quanto ci risulta, le banche centrali, contiene dei rischi per la stabilità che non possono essere sottovalutati», afferma l’istituto. Se c’era ancora qualche dubbio sulla reale volontà dei tedeschi è stato servito. Dalla Germania non arriverà un soldo. Atene dovrà arrangiarsi. Solo che così tutto diventa molto difficile. Senza l’intervento dei tedeschi l’Unione Europea non sposta un capello.