Stefano Salis, Il Sole-24 Ore 8/4/2010;, 8 aprile 2010
NON SI SCHERZA CON LE PAROLE
Scorre molta adrenalina nelle vene del ciclista vincitore, che, a braccia alzate, catalizza
l’attenzione del pubblico. L’entusiasmo cresce a ritmo esponenziale
ed evita che la percentuale
dei tifosi scenda a livelli del -708 per cento. Nessuna di queste parole ed espressioni, pur se ci sarà capitato di leggerla (o, peggio, scriverla!), e anche se non ci suona nemmeno troppo male, è usata propriamente.
L’adrenalina è efficace in microdosi, il catalizzatore velocizza le reazioni, la curva esponenziale in algebra è una cosa ben precisa, qualcosa che diminuisce del 100% si annulla, figuriamoci il senso del segno meno davanti al simbolo della percentuale.
A farci riflettere sull’uso che i media fanno del linguaggio tecnico è Gianni Fochi, chimico della Scuola Normale Superiore di Pisa (e collaboratore del Sole 24 Ore), in un libretto divertente e preciso, fin dal titolo: Fischi per fiaschi nell’italiano scientifico ( appena uscito da Longanesi).
Fochi è molto pacato nel rilevare gli strafalcioni comuni sul linguaggio che ci sembra scientifico ( e suscita ilarità o perplessità negli addetti ai lavori), ma il tono non è quello del professore che dalla cattedra bacchetta i giornalisti. Li aiuta a capire come non tutti i registri siano mescolabili ( come non ci sia osmosi, in molti casi...) e che i concetti devono essere maneggiati con cura. Non aiutano i«falsi amici»dall’inglese:quelle parole che si assomigliano nella forma tra inglese e italiano e che, invece, sono molto diverse nel significato. Peccato che i traduttori (o i divulgatori) spesso non si prendono la briga di controllare o non hanno la competenza scientifica adatta. Per esempio: l’amido acrilico non ha nulla a che fare con l’acrylamide inglese (e soprattutto non c’entra con l’amido), il carbon non è il carbone ( coal)
ma il carbonio (elemento chimico), e la Silicon Valley è la Valle del Silicio e il silicone è ben altra cosa, sebbene sia ugualmente molto presente nei media. E se in una cattiva traduzione trovate la stranezza che gli ulivi stanno quieti sotto la «brina», non spaventatevi: l’autore inglese vi diceva soltanto, molto naturalmente, che le olive erano in salamoia ( brine )!
Molti altri sarebbero gli esempi: del resto non solo le parole ma anche i concetti andrebbero specificati nel dettaglio. Dire che qualcosa è tossico non significa nulla finché non si specifica la quantità, come dimostrava paradossalmente Enrico Boeri, altro chimico, nel volume
Tossicità del monossido di diidrogeno in fase liquida (Tecniche Nuove, 1996): dove il «monossido di diidrogeno » altri non è che l’acqua...
Il saggetto di Fochi è dedicato al padre,che«m’ha insegnato ad amare e rispettare la nostra bella lingua ». Il punto è proprio questo: l’amore per l’italiano e la curiosità intorno a una lingua che spesso si pensa di conoscere ma che regala sorprese ogni giorno. Negli scaffali delle librerie si moltiplicano i manuali, più che altro declinati in tono spiritoso, sui modi di dire o sugli usi corretti dell’italiano. E il loro successo – ristampe e molte edizioni in pochi mesi – testimonia che la voglia di queste letture è alta. Beppe Severgnini nel presentare il bel libro di Massimo Birattari
Italiano. Corso di sopravvivenza
(in uscita da Ponte alle grazie) si lascia andare a elogi sperticati. Il volume si arricchisce anche di un blog dove chiarire dubbi e chiedere lumi (http//italianocorsodisopravvivenza. blogspot.com). Consultarlo è utile e illuminante: quando vuole segnalare un erroraccio Birattari mette una bella figura d’asinello. E un asino campeggia nella copertina del libro più simpatico di quest’ondata. Lo ha scritto Piero Zannini in Che cos’è la bellezza dell’asino? Breve storia di molte parole ( Salani).
Se volete sapere perché si dice «svignarsela», perché si va «in visibilio », chi è il codardo, perché il pezzente non ha le pezze e perché il boia non fa le boiate andate in libreria. Noi, in questa pagina, abbiamo scelto solo qualche parola. Sperando di farvi venire l’«aquolina» in bocca. O si scriverà «acquolina»?