Francesco Specchia, Libero 8/4/2010, 8 aprile 2010
LA NOSTRA STORIA RACCONTATA DA TEX
«Vedi questo aggeggio? Fa click quando alzo il cane e bang quando premo il grilletto...» (copyright Tex Willer, nella sua solita posa michelangiolesca dietro la canna d’una colt).
Da quando Sergio Bonelli, nella quiete dei 78 anni, s’è mutato da Hemingway del fumetto ad Alcide De Gasperi dell’imprenditoria modestia, strategia, pessimismo ed autorevolezza innaturali Tex ci appare meno ruvido delle sue battute. E, oggi che per i 70 anni della Bonelli Editore sia il Comicon di Napoli che la Provincia di Milano gli dedicano due grandi mostre con film-documentario annesso da mandare su Sky (roba da glorie postume, Kit Carson direbbe che porta rogna...), beh, Sergio non ci incute più soggezione. Lo conosciamo da vent’anni, Bonelli.
Con i suoi Martin Mystère, Dylan Dog, Julia, Mister No, Magico Vento, Volto Nascosto, Bonelli è il patròn indiscusso del settore (250 dipendenti, 1.300 tavole mensili, il 30% della produzione nazionale). Ma potrebbe essere tranquillamente uscito dalla penna di Stevenson, di Melville o di Conrad, maestri di vita e d’avventure. Anni fa era un irrequieto; per scovarlo dovevi rovistare nel Sahara tra i Tuareg, in Perù sulla Chila, sul Kilimangiaro o tra gli indios Yanoama a rosicchiare tuberi in Amazzonia. Perfino nei tabarìn del dopoguerra a tirar tardi dietro le gonnelle seguendo l’avanspettacolo dei Totò e tutti gli Shakespeare di Albertazzi.
Sogno e tenacia
Eppure la sua casa editrice è davvero l’unica che dal marzo 1940 quando rilevò le Edizioni Audace può dire di aver attraversato la storia d’Italia. Bonelli, con le dovute proporzioni, è stato per l’Italia quello che Frank Capra fu per il New Deal roosveltiano. Sogno e tenacia. Sin da quando, nel settembre 1944, «per sfuggire ai bombardamenti su Milano Tea Bertasi in Bonelli e noi figli ci rifugiammo in un paesino dell’entroterra ligure, nutrendoci esclusivamente di ortiche e farina di castagne...», ricorda lui.
E il pensiero corre al padre Gianluigi sceneggiatore principe, aitante, sportivissimo, con 44 Magnum sotto l’ascella e mascella da divo hollywoodiano. Uno che «viveva in un suo microcosmo. Iniziò giovanissimo e divenne nel ”37 il deus ex machina del ”Vittorioso”, sceneggiava sempre, usando mille pseudonimi. Allora faceva 3-4 viaggi all’anno per sottoporre le tavole di Tex al Minculpop fascista». La Bonelli ha vissuto splendori e miserie della nazione. E demonizzazioni. «Dalla Chiesa, ma non solo: ci si mettevano contro anche Nilde Iotti e Togliatti».
Alla fine di quel decennio Sergio, 25 anni, diventa direttore dell’azienda; e infila nella produzione di fumetti il famoso ”marchio di garanzia” per contenere il montante perbenismo democristiano che vedeva il massimo alfiere nel sottosegretario Giulio Andreotti. «Nel ”56 tutti noi fumettari, Mondadori, Dardo, Alpe, Torelli, avevamo in mente un’idea ”europea” di editoria. E io giovane, con una propensione al viaggio andavo spesso a Bruxelles a parlare con le autorità politiche di quella che di lì a poco sarebbe diventata la Comunità Europea...».
Gli anni ”60 furono età di fermento creativo, ma pure contrassegnati (corsi e ricorsi) dal terrore verso i giudici. S’aggirava per le edicole il famoso pretore di Lodi di cui nessuno oggi ricorda più nome e cognome , un tipo che poteva somigliare a Di Pietro: condizionava il costume e l’imprenditoria. «Quel giudice era un’entità demoniaca nella personale battaglia per la moralità; era fissato con le scene erotiche, fece chiudere Diabolik e i fumetti sexy di Renzo Barbieri. Noi, invece di espressioni come ”Maledizione”, usavamo ”Accipicchiolina”; e cancellavamo i coltelli; e siccome l’omicidio era vietato, per eliminare i cattivi li facevamo precipitare nei burroni o mordere dai serpenti. Fatti fuori per giustizia divina. Sapesse quanti serpenti...».
Gli anni ”70 furono di piombo e dolore, di divorzio e compromesso storico. Bonelli rifiutò la militanza politica e si mise viaggiare. «Ma Tex era il diversivo ideale: vendeva oltre un milione di copie, ma lo faceva anche Topolino. La fantasia ammortizzava le crudezze della realtà».
Gli anni ”80 s’identificano in Dylan Dog, «un’icona, magari un po’ progressista, ecologista e ambientalista, che prende delle posizioni politiche-sociali che lo proiettano in un’altra dimensione. Dal suo successo nascono i polizieschi d’ambiente di Nick Raider e Julia e il western revisionista di Ken Parker, e la fantascienza di Nathan Never...».
L’Apocalisse in arrivo
E adesso? «Ora, dopo l’inarrestabile calo editoriale degli anni ”90, noi reggiamo. Ma Internet, Facebook, i social network, ci stanno massacrando, è un fatto inesorabile. Intendiamoci: nel resto d’Europa stanno peggio». Bonelli legge sei giornali al giorno, è un conservatore illuminato, ha la fissa dell’Apocalisse che ghermirà l’Italia e affonderà la sua azienda tra carestie e pestilenze. Lo dice da trent’anni. Tex gli sparerebbe. Mirando al cappello...