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 2010  aprile 08 Giovedì calendario

CONTROLLO, CORSA, TOCCO DI PALLA. PERCHE’ NEL CALCIO PICCOLO E’ BELLO

Se l’atletica resisterà a tutto, perché fin quando ci sarà il mondo, esisterà sempre qualcuno che corre e qualcun altro che cercherà di correre più forte di lui, il calcio continua ad essere lo sport più democratico. Alti e bassi, poco importa: c’è spazio per tutti quelli che sanno giocare con il pallone, nel rispetto delle caratteristiche fisiche di ciascuno, anzi cercando di sfruttarle al meglio. La storia dice che spesso lo spettacolo è venuto proprio dai più piccoli. Diego Maradona (168) e Lionel Messi (169), divisi da un centimetro, sono irraggiungibili, ma non rappresentano gli unici casi, da Ermes Muccinelli, un’ala di 163 centimetri (Juve, Lazio, nazionale), che sapeva offrire finte e dribbling irresistibili per finire (al momento) a Fabrizio Miccoli (168), 13 gol con il Palermo in cerca di un posto in Champions League, senza dimenticare il minuscolo Rui Barros, che nella Juve di Zoff era una risorsa importante e non una zavorra.
Perché gli «under 170» (centimetri) sono così bravi? Per tre motivi. Il baricentro basso consente di avere un miglior controllo del pallone, nella corsa e un dribbling più coordinato. Non solo: la complessione fisica garantisce una maggiore reattività neuromuscolare, come si è visto bene anche in occasione del primo gol di Messi, che ha messo in vetrina una velocità di esecuzione sorprendente, in grado di annullare qualsiasi resistenza avversaria. Infine le leve corte consentono di cambiare marcia più volte nella medesima azione. E il piede piccolo non è mai uno svantaggio per chi gioca a calcio, anche se il caso di Ibrahimovic dimostra che avere il 47 aiuta in alcune giocate.
Difficile dire se le qualità tecniche di Leo Messi ne esaltino le caratteristiche fisiche o se non sia il contrario. Di certo questa è la rivincita di un ragazzo, che veniva soprannominato la «pulce»: a 12 anni gli era stato diagnostica una deficienza alla somatotropina, l’ormone della crescita. Poteva essere un problema insormontabile per chi vuole diventare un campione; è stata la sua fortuna, perché gli ha permesso di sbarcare a Barcellona, dove ha trovato un club che gli ha pagato anche le cure mediche. EMessi con 10 centimetri in più non sarebbe stato il fenomeno che è.
Con l’esterno sinistro (la soluzione preferita), lavorando molto di caviglia, si porta avanti il pallone, gli fa cambiare direzione in un decimo di secondo, dribbla, crea l’effetto sorpresa nella successiva giocata. Con l’interno, regala i migliori passaggi di prima e profondi ai compagni. Il rapporto altezza-qualità della giocata è illustrato dal gol segnato al Getafe in Coppa del Re, 18 aprile 2007, il giorno nel quale per la prima volta era stato azzardato il paragone con Maradona: 13 tocchi del pallone (con conclusione di destro!), 5 avversari superati, 58 metri di corsa palla al piede, il tutto in 11’’. A fare la differenza nell’azione erano state la qualità del controllo di palla e la capacità di ri-accelerare, quella che stronca l’avversario. Ha spiegato Maradona, che di Messi è anche il c.t.: «Il pallone gli resta incollato al piede; ho visto grandi giocatori nella mia vita, ma nessuno con un controllo di palla come quello di Messi».
La struttura fisica consente al numero 10 del Barcellona una varietà di giocate impressionante: il dribbling secco o quello in velocità; la corsa palla al piede, con progressivo aumento delle frequenze oppure l’azione di contropiede. Ancora Maradona: « Quando Messi fa ”’tac’’, il difensore avversario risponde con un ”’crac’’. una macchina da calcio». Ma nessuno come Messi è calato nel gioco organizzato del Barcellona, nessuno meglio di lui sa interpretare e sfruttare i «tagli», nessuno più di lui aiuta i compagni e si fa aiutare da loro, prima di concluderne le azioni. Non un campione estraneo alla squadra, ma il simbolo sul campo del Barça, «més que un club».
Fabio Monti