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 2010  aprile 07 Mercoledì calendario

IL FIGHETTA NON CI STA «LA LEGA CI IMBOTTIGLIA. ANCHE LEI NEI SALOTTI»


«Scusa, Lerner, ma tu ti senti un fighetta?». «Scusa, collega, ma tu che ne sai di chi incontro io, quando scendo al bar del mio quartiere?». A distanza di anni dall’ormai entrato nel gergo comune «radical chic» e a decenni dalle polemiche sulla «sinistra salottiera», ecco il nuovo caposaldo lessicale del (presunto) disprezzo per i ceti popolari. Quello dei fighetta, appunto. Ne ha parlato il governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, in una recente intervista («Il fighettismo rischia di pervaderci tutti»). Ce l’aveva con il suo partito, il Pd, Rossi, ma l’altra sera, all’Infedele, in una puntata dedicata alla Lega (titolo: «La nuova destra si chiama Lega?») sul banco degli imputati è finito proprio lui, Lerner.
Ha cominciato l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini: «Il primo fighetto è lei, con le sue cravatte inglesi, così perfette…». A rincarare la dose ci si sono messi, uniti nella lotta, il sindaco di Verona, il leghista sornione Flavio Tosi, e il governatore della Liguria, il coriaceo piddino Claudio Burlando. Assioma bipartisan: «Noi siamo vicini alla gente, stiamo in mezzo al popolo, e ne capiamo i bisogni, mentre voi della sinistra fighetta siete chiusi nei vostri salotti radical chic, perdete e non capite un fenomeno come la Lega». Lerner non c’ha visto più ed ha reagito a brutto muso: «Basta con questa menata! Ce l’avete con me perché porto una bella cravatta, scrivo su Repubblica, tengo un salotto in tv, ho la erre moscia e sono di sinistra?! No, è troppo facile. Anche la Lega ci va, nei salotti, e sta coi poteri forti!».
Il giorno dopo, Lerner ragiona sul vivace scontro andato in onda su La 7. «A me cascano le braccia - attacca - quando politici esperti come Tosi e Burlando sottovalutano l’intelligenza dei telespettatori, ripetendo la litania consunta del ”bisogna stare in mezzo alla gente”. Cos’è la gente? Chi non ci sta? E per dire cosa? Il governatore del Piemonte Roberto Cota ha ripetuto allo sfinimento, in campagna elettorale, che la Lega non va nei salotti, che non è radical chic, che sta in mezzo al popolo. Il problema è cosa vai a dire, alla gente. La verità è che le amicizie e i gusti, i vantaggi e e i privilegi della Casta sono identici sia per Cota che per i suoi avversari». Lerner non si tira indietro nemmeno a parlare di sé. «Non capisco perché la erre moscia di Tremonti è sano dialettismo plebeo e la mia perfido cosmopolitismo giudaico. Entrambi amiamo bei vestiti e belle cravatte, ma io vengo considerato un fighetto e lui no. assurdo. O devo vergognarmi del fatto che leggo? Di nascosto, ma lo fa anche Tremonti…».
Poi Lerner cita un’altra polemica andata in onda durante l’Infedele: «Tosi rimproverava allo storico Giovanni De Luna di far parte dei poteri forti. Perché scrive sulla Stampa, pubblica da Einaudi e viene dalla cultura azionista? Ma chi decide davvero, su banche e sul resto, De Luna o Tosi?! La Lega coi poteri forti ci va a braccetto da tempo, e frequenta i salotti. Ci stiamo facendo infinocchiare da una falsa retorica, quella di una Lega che si consuma le scarpe e sta in mezzo al popolo contrapposta a un’elite di sinistra separata e altezzosa. Semplicemente, la Lega sa recitare bene la sua parte, anche in tv, come nei salotti, che frequenta assiduamente. Servirebbe un po’ di sano sociologismo, di concretezza materialista, magari anche di spulciare le dichiarazioni dei redditi di tutti i politici per uscire dall’imbarazzo di queste tesi idiote. E soprattutto basta - sospira Lerner - con questo abuso demagogico della parola ”popolo”. La Lega non esprime sentimenti popolari, ma una forte ideologia costruita attorno a un pensiero reazionario dalle tradizioni secolari. La racconto dal 1991, e lo so bene, anche se mi danno dell’elitario con la puzza sotto al naso…».
Ecco, appunto, torniamo a Lerner. «Sono un personaggio pubblico e rispondo di quello che dico, ma non cambierò certo i miei gusti in fatto di abiti e cravatte, il mio amore per il buon vino o per le buone letture, per vincere dei luoghi comuni. Il popolo non ha sempre e per forza ragione. I grandi leader, come Mandela, sono tali perché sanno anche contraddirlo. Gli spettatori della mia trasmissione? Se, visto il mio programma, vanno a comperare un libro che ho consigliato, penso di aver centrato l’obiettivo».