Luigi Spinola, Il Riformista 7/4/2010, 7 aprile 2010
IL SITO "GOLE PROFONDE" SVELA LA STRAGE
la mattina del 12 luglio 2007 nel quartiere Nuova Baghad della capitale irachena. Una decina di persone chiacchierano all’angolo di uno slargo. Il capannello entra nel mirino di due elicotteri Usa Apache. «Occhio, uno di loro ha un ”Rpg” (lancia-granate ndr), adesso faccio fuoco» grida il pilota. «Falli saltare tutti in aria» lo incoraggia il collega. Fatto.
«Guarda questi bastardi morti» si compiace il pilota dell’Apache. «Bello» concorda il collega. Ma non sono tutti morti, un uomo ferito striscia in cerca di riparo. Non possono ucciderlo, le regole d’ingaggio lo vietano. «Tutto quello che devi fare - mormora impaziente il pilota - è impugnare l’arma». Ma non serve, sull’improvvisato campo di battaglia arriva un furgone. Gli Apache aprono di nuovo il fuoco. Poco dopo i soldati Usa a terra segnalano che due bambini sono rimasti colpiti. «Colpa loro che si portano i bambini in battaglia» conclude il pilota.
I morti in tutto sono dodici. Lo stesso giorno, il tenente-colonnello Scott Bleichwall, portavoce delle Forze Multinazionali a Baghdad assicura che «non ci sono dubbi, le forze della coalizione si sono trovate coinvolte in un’operazione di combattimento contro una forza ostile».
L’audio gracchiante dei soldati e le nitide immagini in bianco e nero pubblicate ieri dal sito WikiLeaks.org raccontano una storia diversa: un massacro a sangue freddo, non una battaglia. Quel ”Rpg” che manda su di giri il pilota americano in realtà è il teleobiettivo di Namir Noor-Eldeen, fotoreporter free-lance iracheno assoldato dalla Reuters. A pochi metri da lui muore anche il suo autista Said Chmagh. Said aveva 40 anni, Namir 22. Gli altri dieci caduti restano senza nome.
Il video è autentico, confermano graduati dell’esercito americano. Secondo loro non rivela nulla di nuovo. Ma c’è voluto WikiLeaks.org - il sito delle ”gole profonde” che agita i governi omertosi di mezzo mondo - per raccontare la storia di quella battaglia.
Ieri il Comando Centrale degli Stati Uniti (CentCom), la struttura dell’esercito guidata dal Generale David Petraeus che ”gestisce” il Grande Medio Oriente, ha dato libero accesso al rapporto sulla battaglia. «Gli uomini della Reuters - sostiene il documento - non hanno fatto nulla per manifestare il loro status di giornalista...e la loro vicinanza agli insorgenti armati (allegato al rapporto ci sono foto delle armi che sarebbero state trovate sul luogo del massacro) ha fatto sì che fossero scambiati per combattenti ostili». In sintesi, l’esercito americano non ha riscontrato infrazioni alle regole d’ingaggio. E rivendica ora - per bocca del Maggiore Shawn Turner, portavoce del CentCom - di aver «fatto immediatamente un’inchiesta sull’incidente...senza insabbiare alcunché».
Il video alla Reuters era stato mostrato due settimane dopo il massacro, nel corso di un briefing, rigorosamente off-the-record. Lo stesso giorno l’agenzia di stampa aveva chiesto formalmente copie del filmato. Ancora lo sta aspettando. Ci ha pensato un ”whistleblower” (”gola profonda”) dell’esercito a tirare fuori le immagini dagli archivi. E un sito come WikiLeaks.org, che ha ottenuto il filmato di 38 minuti da fonti militari, a decriptarlo e pubblicarlo sul suo sito, in una versione montata di 17 minuti. solo l’ultimo colpo del sito specializzato nel «permettere a whistleblower e giornalisti che sono stati censurati di fare avere il materiale al pubblico» come sintetizza il direttore Julian Assange.
Il primo botto di WikiLeaks.org - lanciato nel dicembre 2006 da una squadra multinazionale composta da dissidenti cinesi, maghi della tecnologia e giornalisti americani, australiani e europei - risale a fine 2007, quando il sito pubblica il manuale delle procedure standard usato a Camp Delta, Guantanamo.
Da allora di materiale inedito e proibito WikiLeaks.org ne ha offerto parecchio, oltre un milione di file scritti, audio e video ”postati” con «l’obiettivo primario di esporre le malefatte dei regime oppressivi presenti in Asia, ex-blocco sovietico, Africa subsahariana e Medio Oriente». Ma crescono in maniera vertiginosa anche i ”leaks” (in gergo ”soffiate”) che svergognano gli insabbiatori d’occidente. Uno degli ultimi documenti - datato 26 marzo - svela la strategia messa a punto dalla Cia per vendere la guerra afghana ai riluttanti cittadini europei.
Per questo WikiLeaks.org preoccupa il potere. Tant’è che sul sito compare un documento di 32 pagine - targato Us Intelligence e riconosciuto come autentico dal governo - che lo definisce una minaccia per l’esercito americano. E illustra vari piani d’attacco per ridurne il potenziale nocivo. Come hanno già fatto, del resto, diversi altri governi, dallo Zimbabwe a Israele, dalla Russia alla Cina.
Dopo oltre 100 cause legali e una crisi finanziaria superata a fine 2009, però, WikiLeaks non si limita a resistere, cercando rifugio in Paesi ”amici”, Svezia in primis. «Siamo ricevendo una quantità straordinaria di notizie - ha raccontato il direttore Julian Assange alla Bbc - non riusciamo neanche più a pubblicarle tutte».
Una crisi di crescita che potrebbe essere superata trasformando il sito in una sorta di mediatore tra giornali e informatori. Avvicinando così la stampa tradizionale all’ultima frontiera virtuale del giornalismo investigativo. Non priva di rischi e ambiguità, anche se WikiLeaks.org assicura che fa buona guardia, controlla con cura le fonti e non dà spazio a rumours livorosi.