Stefania Tamburello, Corriere della Sera 07/04/2010, 7 aprile 2010
GLI ITALIANI «VULNERABILI»? IL 30%. IL RISPARMIO TIENE, MA NON PER TUTTI
Non sono poveri ma lo potrebbero diventare, anche rapidamente, se perdessero il posto di lavoro o se dovessero far fronte a un divorzio particolarmente oneroso. Sono la nuova fascia dei «vulnerabili», cioè di coloro che possono contare sui guadagni del loro lavoro, ma che non hanno soldi da parte o titoli in banca per affrontare le emergenze per un periodo sufficientemente lungo. A calcolare l’incidenza di questa componente a rischio di povertà è stata la Banca d’Italia, che in uno studio condotto da Andrea Brandolini e Silvia Magri ha valutato, anche attraverso i raffronti internazionali, l’efficacia di nuovi meccanismi di calcolo a fini sociali delle situazioni di difficoltà economica. Ebbene, se si guarda ai mezzi finanziari, a quella che gli economisti di via Nazionale definiscono «povertà di ricchezza», risulta che ad essere a rischio è il 31,7% del totale degli italiani. Costoro, pur non essendo poveri, non hanno da parte imezzi, ipotizzati attorno ai 2 mila-3 mila euro, per sostenere il mantenimento per almeno tre mesi. Questa vulnerabilità - ed è la novità dello studio - deve essere valutata accanto al reddito, un indicatore che mette sotto la soglia di povertà circa il 12,5% degli italiani. Bisogna quindi prendere in considerazione chi non solo ha un reddito insufficiente ma anche chi non ha alcun soldo da parte. Si tratta, dicono Brandolini e Magri, del 9,2% della popolazione. La categoria dei vulnerabili, che non sono poveri ma rischiano solo di diventarlo, può essere a questo punto definita meglio: si tratta di quel 22,5%, quasi un italiano su 4, che risulta dalla differenza tra i poveri di ricchezza (31,7%) e i poveri tout court (9,2%). I calcoli sono stati fatti, per poter armonizzare i dati a livello internazionale, sulle rilevazioni del 2002, ma le percentuali da allora, assicurano gli esperti, non sono sostanzialmente cambiate. Anche se è mutata la composizione, visto che la crisi ha allargato le situazioni di difficoltà fra gli autonomi. Nel confronto l’Italia è penalizzata sui livelli di reddito (la soglia di povertà era attorno ai 9.400 euro annui considerato il potere d’acquisto), ci sono cioè più poveri che altrove dalla Germania alla Svezia, al Canada e Stati Uniti. Il calcolo della ricchezza finanziaria ribalta però la classifica: l’Italia, paese di risparmiatori (in Germania i vulnerabili sono il 42 %) risale fino ai primi posti – con solo il 4,4% di poveri’ se accanto al reddito si calcola anche la proprietà della casa al netto dei debiti.
Stefania Tamburello