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 2010  aprile 07 Mercoledì calendario

LA DONNA VENUTA DAL FREDDO

Oggi siamo rimasti soli, un’unica specie ipertrofica di umani, ma molte generazioni fa il nostro Pianeta era davvero multiculturale e multirazziale. Più di quanto potranno mai essere Londra o New York nel XXI secolo.
Quando Sapiens e Neanderthal calpestavano le stesse pianure gelate dell’Eurasia, c’era un terzo incomodo - una «X-woman» - che contendeva loro gli spazi di caccia e le rotte migratorie. Ora sappiamo che è esistita, tra 45 e 30 mila anni fa, grazie all’analisi di alcuni frammenti di falange scoperti in una grotta della Siberia meridionale, nei monti Altai. A «frullare» e leggere questi geni mai visti è stato il team di Svante Pääbo e Johannes Krause del Max Planck Institute di Lipsia, famosi per un’altra impresa non meno epica: aver sequenziato il Genoma dell’uomo di Neanderthal.
Professor Krause, perché l’avete chiamata «X-woman»?
«Perché è ancora ampiamente sconosciuta, proprio come un fattore x, e woman perché il Dna che abbiamo cominciato a decifrare è mitocondriale, vale a dire quello che si trasmette per linea materna».
Vi siete fatti un’idea del look? Più «gentile» o più «brutale»?
«Purtroppo non ne abbiamo idea. Potremo presto ottenere alcune informazioni sulla morfologia, ma allo stato attuale delle conoscenze non abbiamo la capacità di risalire alla fisiologia di un individuo a partire dai dati genetici. Certo, è possibile identificare il colore degli occhi o dei capelli oppure capire se fosse in grado di digerire il latte, ma la scienza non sa come mettere in relazione genotipo e fenotipo».
A che punto siete del lavoro?
«Al momento abbiamo cominciato l’analisi genetica e ciò che abbiamo pubblicato su ”Nature” è appena una frazione del Genoma della ”X-woman”: si tratta di 17 mila posizioni, mentre l’obiettivo finale è arrivare a 3.2 miliardi».
Volete sequenziare l’intero Genoma, giusto?
«Proprio così».
Quando finirete?
«Speriamo di concludere entro l’anno».
In pratica, come viene condotta l’operazione?
«Con apparecchiature sofisticate che devono trattare un Dna frammentato e spesso degradato, sottoposto a reazioni chimiche di vario tipo nel corso del tempo. Senza dimenticare, poi, che ci potrebbero essere state possibili contaminazioni durante le operazioni di scavo».
«X-woman» è davvero la terza specie?
«In realtà, non sappiamo ancora dire se sia davvero una nuova specie. L’analisi del resto del Genoma potrebbe rivelare una realtà ancora diversa. Ciò che si può dire adesso è che il Dna mitocondriale proviene sicuramente da una specie diversa dai Sapiens e dai Neanderthal, ma è possibile che per il resto del materiale genetico non sia così».
E quindi, sulla base dei dati disponibili, quali sono i rapporti tra questi antichi abitatori del Pianeta?
«Di sicuro Neanderthal e Sapiens sono più correlati tra loro di quanto non lo siano con questa nuova ”linea”, che con i primi due condivide un antenato comune, risalente a 1 milione di anni fa».
A questo punto come cambia il quadro dell’evoluzione umana?
«Dobbiamo aggiungere un nuovo capitolo. Abbiamo le evidenze di un’ulteriore migrazione dall’Africa, vale a dire una quarta: dopo quella dell’Erectus di 2 milioni di anni fa e prima di quelle dei Neanderthal, circa mezzo milione di anni fa, e dei Sapiens, circa 50 mila anni fa. Ma non è tutto».
Vale a dire?
«Si aprono anche nuove opportunità di studiare i rapporti tra ominidi diversi. Un’implicazione non solo importante, ma anche affascinante è che negli stessi luoghi e negli stessi periodi abbiano convissuto almeno 3 diversi tipi umani, senza contare un quarto, l’Homo floresiensis, sull’isola indonesiana di Flores».
Dove pensate di cercare nuove prove? Solo in Siberia o anche altrove?
«Anche in Cina, dove ci sono i siti di Dali e Maba: sono i luoghi dove andare di sicuro, perché lì sono stati trovati alcuni crani che non appartengono all’homo erecuts. Potrebbero essere il nostro uomo o, meglio, la nostra donna. Ma non possediamo ancora il loro profilo genetico e quindi c’è molto da fare per capire i rapporti tra gli ominidi di questa area con quelli europei e africani».
Non sperate di trovare a breve nuovi fossili?
«Secondo la mia esperienza ci vorranno anni per trovare altri fossili interessanti. Ora, però, è più urgente studiare i resti che sono a disposizione, a cominciare, appunto, da quelli asiatici».
Avete già stabilito una collaborazione con gli studiosi cinesi?
«Sì. A Pechino abbiamo aperto un laboratorio. Analizzeremo anche il Dna di quei fossili».