FRA. GRI., La Stampa 7/4/2010, pagina 7, 7 aprile 2010
GIOVANI ITALIANI SOGNANO DI FARE GLI SPIONI
Ma chi l’ha poi detto che gli italiani odiano le intercettazioni? Stando all’ultima ricerca della Fondazione Icsa (Intelligence Culture and Strategic Analysis), una creatura del senatore a vita Francesco Cossiga e dell’ex sottosegretario Marco Minniti, i cittadini sono «molto favorevoli alle operazioni sotto copertura» delle spie (l’87% si dichiara d’accordo), «significativamente favorevoli alle tecniche di intercettazione ambientale e telefonica» (il 75,2%), e al contrario sono nettamente contrari alle attività di disinformazione sui media, «ossia alla produzione e divulgazione di false informazioni e falsi dossier» (il 66% non è d’accordo) così come a forme di detenzione preventiva a oltranza (il 56,5%), ai metodi di condizionamento psicologico (l’84,4%) e anche, per fortuna, alla tortura fisica (il 93,6%). Di converso, un 5,5% di donne e un 7,6% di uomini intervistati sarebbero d’accordo anche nell’uso di mezzi estremi quali la tortura se ciò servisse a evitare stragi o atti di terrorismo.
E’ ciò che emerge da quest’ultima ricerca condotta dalla Fondazione Icsa e affidata, per l’analisi, al generale Leonardo Tricarico (ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica), al prefetto Carlo De Stefano (direttore dell’Ucigos fino a qualche settimana fa) e al professore Italo Saverio Trento, sociologo e coordinatore del Consiglio Scientifico della Fondazione. I sondaggisti hanno intervistato un campione di milleduecento italiani: ben l’82,4% degli intervistati tra i 18 e i 34 anni troverebbe interessante lavorare nei servizi segreti. Il sesso non rappresenta una variabile di rilievo, né la regione di appartenenza. Semmai è il titolo di studio che fa qualche differenza. «Al crescere dell’istruzione aumenta l’interesse per il lavoro nei Servizi, che attrae il 69% dei meno scolarizzati, il 78,5% dei possessori di licenza media e l’84,1% dei diplomati».
Il lato oscuro della sicurezza, insomma, ossia l’intelligence, affascina gli italiani, specie i più giovani. E se ciò significa una limitazione della privacy con intercettazioni di telefonate, mail o conversazioni d’ambiente, poco male; ritengono più grave l’azione di dossieraggio. «Si obietterà - scrivono i curatori - che anche le intercettazioni telefoniche sono uno strumento di controllo cui fanno ricorso apparati repressivi di vecchia e nuova memoria, ma probabilmente per la maggior parte dei cittadini è più pericolosa la distorsione delle convinzioni dell’opinione pubblica attraverso la creazione di notizie false o di dossier di calunnia tesi a screditare sistematicamente questo o quel personaggio politico o formazione politica».
Gli italiani leggono avidamente i libri sullo spionaggio, non si perdono un film di genere, seguono con passione le fiction televisive: ovvio che poi tutti si sentano dei piccoli James Bond. Resta il dato, però, che anche se hanno seppellito certe antiche convinzioni negative e guardano con simpatia alle operazioni da 007, gli italiani si dividono a metà di fronte alla risposta da dare in casi di emergenza. «Il 54% del campione è contrario all’eventualità che in caso di pericolo per la sicurezza nazionale, i servizi segreti possano condurre ogni tipo di operazione, anche violando norme e libertà individuali». E quindi commenta Marco Minniti, sorpreso lui per primo da questi risultati: «I Servizi godono di un’immagine piuttosto positiva e in ascesa: più di sei italiani su dieci infatti esprimono una particolare fiducia nell’attività dell’intelligence. Non si tratta comunque di una fiducia incondizionata, tant’è che la maggioranza degli intervistati ritiene necessario un forte controllo delle istituzioni».