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 2010  aprile 07 Mercoledì calendario

TUTTI ORATORI PER VOCE ARANCIO


«Chi parla male, pensa male e vive male. Le parole sono importanti» (Nanni Moretti, ”Palombella rossa”).

Parlare sembra essere una delle cose più naturali e semplici da fare. Eppure forse non è così, dal momento che si organizzano un po’ ovunque i corsi che insegnano a comunicare correttamente e in maniera efficace. Ciò è ovviamente molto utile per i manager e nelle aziende: un progetto interessante presentato in maniera noiosa rischia di essere ignorato, un’idea geniale mal spiegata può essere accantonata senza pietà.

Cos’è l’arte di comunicare? Lo chiediamo ad Alberto Lori, giornalista, insegnante di Comunicazione verbale alla Luiss, autore del libro ”Parlar chiaro” (edizioni Rai-Eri), nonché ”voce” di Superquark, Sfide, Mixer e organizzatore di corsi per apprendere il buon eloquio.
Quando si ha una comunicazione efficace?
«Quando riusciamo a creare empatia con gli interlocutori, cioè simpatia con le persona a cui ci rivolgiamo».
E come si fa?
«Si utilizzano delle tecniche i cui fondamenti arrivano dalle neuroscienze e dalla programmazione neurolinguistica».
Sembra complicato.
«In realtà per comunicare bene si deve stimolare una crescita personale, con la liberazione delle proprie potenzialità. Spesso infatti il freno all’espressività è costituito dall’ansia».
A chi serve il buon eloquio? Solo al manager che deve pianificare strategie di vendita?
«Certo che no. Serve a qualsiasi persona che parli. Per esempio può essere molto utile ai ragazzi che devono sostenere degli esami. Una buona comunicazione può far prendere voti più alti».
Come funzionano le tecniche per imparare a comunicare?
«Nel parlare sono tre gli elementi che interagiscono: le parole, cioè l’informazione che si sta dando; il come, che riguarda l’intonazione, i ritmi, il colore del discorso; e il corpo, con la sua mimica, la gestualità, la postura. Si ha un buon eloquio quando si allineano questi tre elementi».
Possono essere ”non allineati”?
«Certo. Per esempio lei mi incontra per strada e mi chiede un’indicazione. Io però ho appena litigato con mia moglie. Le dirò quel che vuole sapere, ma il tono sarà brusco, magari le darò le spalle e avrò le mani in tasca: una pessima comunicazione e lei appena svoltato l’angolo chiederà ad altri».
Qual è l’aspetto più importante?
«Chi parla bene è un buon ascoltatore. La prima cosa da fare, infatti, è capire chi è l’interlocutore per poi parlare con lui efficacemente».
E i corsi insegnano tutto ciò?
«C’è anche chi usa queste tecniche in modo inconscio. Sarà capitato a tutti di andare a una festa e conoscere qualcuno e dopo pochi minuti di conversazione trovare grandi affinità, tanto che gli si potrebbe raccontare tutta la nostra vita».
Ma allora se una persona sa parlare bene può riuscire a essere convincente anche quando mente?
«Naturalmente la manipolazione del prossimo può essere dietro l’angolo. Però non sono le tecniche in sé a essere pericolose, è l’uso che se ne potrebbe eventualmente fare».
I politici frequentano corsi per imparare a parlare?
«Il mio consiglio è guardarli togliendo l’audio. L’atteggiamento del corpo può dire molto».
Quali sono gli errori più comuni nel parlare?
«Gli errori grammaticali e di cattiva pronuncia, o quelli commessi per assonanza (per esempio dire ”forno a microbombe” anziché ”microonde”, ”vivere allo stato ebraico” anziché ”brado” ecc.). Poi fare discorsi pieni di termini gergali, noti solo a un certa categoria di persone. Per esempio il ”burocratichese”, il ”medichese”, l’’informatichese”…».

Secondo le statistiche, negli Stati Uniti parlare di fronte a un pubblico (’public speaking”) è il secondo incubo nazionale dopo la morte. In Inghilterra è tra le fobie più ricorrenti (supera la paura di calamità naturali e malattie).

Per aiutare i manager e i dipendenti di aziende si possono chiamare degli esperti in comunicazione efficace. Uno dei più noti specialisti in comunicazione è Bert Decker, che ha messo sul suo sito alcuni filmati per dimostrare come un oratore possa trasformarsi dopo un seminario in public speaking anche di poche ore.

L’offerta di corsi e seminari è praticamente sterminata. In genere si tratta di incontri intensivi durante il fine settimana. Vediamone alcuni che si svolgeranno nei prossimi mesi:
17-18 aprile, Roma. Corso di public speaking a Roma organizzato da Comunika della durata di 16 ore. Costo: 850 euro + Iva.
19-20 aprile, Roma. Luiss Business School tiene un corso in public speaking. Dodici ore di formazione insieme a docenti, attori e psicoterapeuti. Costo: 1.000 euro + Iva.
18-20 giugno, Roma. High Consulting organizza a Roma un corso in public speaking di 23 ore. Costo: 750 euro + Iva.
5 luglio, Padova. Manage Consulting International offre una giornata full immersion dedicata alla comunicazione efficace, rivolta a migliorare i rapporti interpersonali. Vengono fornite anche delle dispense. Costo: 400 euro.

Comunicare in modo efficace e parlare al pubblico sono qualità che possono servire anche agli sportivi. Soprattutto negli Stati Uniti si dà molta importanza a questo aspetto e gli atleti sono spesso dei veri esperti. il caso, ad esempio, del giocatore di basket Shaquille O’Neal: in 17 anni di luminosa carriera non ha saltato una sola intervista. Dice: «Essere disponibile e in contatto con i media fa parte del mio lavoro. Parlare a tanta gente è un privilegio che non va sprecato. Se non lo avessi fatto, cosa avrei guadagnato?».

Dice il giornalista Sergio Romano che le scuole inglesi e americane trattano il parlare in pubblico alla stregua di una disciplina da apprendere e coltivare. Si organizzano dibattiti, durante i quali gli studenti si fronteggiano su un tema, preparando un’esposizione e sostenendo un contraddittorio. Oppure, soprattutto in Gran Bretagna, si allestiscono spettacoli teatrali in cui ragazzi e ragazze imparano a stare in scena vincendo la timidezza. Più tardi, nelle Università, i dibattiti diventano vere gare di dialettica politica. L’esempio più interessante è quello della Oxford Union, una specie di club oratorio dove sono andati in scena, per molti anni, memorabili duelli verbali da cui sono uscite alcune delle personalità più brillanti della classe politica britannica.

Gli inglesi raccomandano di abbellire un discorso con i «convivial jokes», storielle umoristiche e conviviali che servono a risvegliare l’attenzione del pubblico.

«Mi capitò di ascoltare l’intervento di uno studioso americano che partecipava a un convegno sul piano Marshall e interrompeva il suo discorso ogni dieci minuti battendo le mani. Quando gliene chiesi la ragione mi spiegò che in ogni pubblico incontro esiste una curva dell’attenzione e che occorre risvegliarla di tanto in tanto con una battuta o più semplicemente con l’equivalente di quel rumore di ottoni che tiene sul chi vive gli ascoltatori di una sinfonia» (Sergio Romano sul Corriere della Sera).

Chi vuole imparare i segreti del bel parlare pur non essendo un manager o un addetto ai lavori ha un’altra possibilità: Toastmaster. un club non profit nel quale è possibile «praticare l’arte di parlare in pubblico», spiega a Vocearancio il presidente di Toastmaster, Ivan Ottaviani. Il metodo può essere riassunto così: «Poca teoria, molta pratica». Fondato negli Stati Uniti da Ralph C. Smedley nel 1924, oggi conta oltre 250 mila membri e più di 12.500 club, sparsi in 106 paesi del mondo. Gli oratori si riuniscono due volte al mese, per circa due ore e mezza. L’iscrizione è annuale e costa circa 140 euro.
Come funziona Toastmaster?
«Anche chi non ha mai parlato in pubblico, si trova in un ambiente incoraggiante dove riceverà una valutazione e un feed-back costruttivo che gli farà prendere coscienza dei propri punti forti e di quelli di miglioramento. Con il primo discorso si rompe il ghiaccio, mentre con i successivi ci si focalizza gradualmente su altri aspetti importanti quali, organizzare e strutturare il discorso, usare bene il linguaggio del corpo, la voce, il contatto visivo ecc., fino ad approfondire aspetti più avanzati della comunicazione».
Com’è un incontro?
«In una riunione tipica c’è chi introduce gli oratori che presentano discorsi di 5-7 minuti con un obiettivo specifico da raggiungere. Il nostro club è bilingue quindi è sempre possibile scegliere tra italiano e inglese e praticare entrambe. A questa fase segue una sessione di valutazione volta a dare consigli utili per migliorarsi e non manca una sessione in cui viene richiesto anche di improvvisare. Di riunione in riunione ciascun socio si trova a ricoprire diversi ruoli in modo da arricchire il suo punto di vista di tutti gli aspetti che riguardano il parlare in pubblico».
Ma queste cose possono risultare utili anche a chi di mestiere non deve tenere conferenze?
«Comunicare in modo efficace non riguarda solo il parlare in pubblico, ma anche i rapporti interpersonali. Saper esprimere quello che si pensa in modo chiaro e sintetico, oltre che interessante, vale in qualunque campo della vita. Anche in una situazione sociale e non professionale è importante saper prendere la parola al momento giusto e con fiducia, farsi capire, interessare, divertire, trasmettere qualcosa agli altri, saper ascoltare e dare un proprio feed-back».
Ci può rivelare qualche segreto di un bel discorso?
«Un bel discorso di fronte ad un pubblico è innanzitutto ben preparato. Coinvolge chi ascolta e mantiene alto l’interesse. Si concentra su ciò che è importante trasmettere eliminando ciò che è di troppo e lascia il pubblico con il desiderio di ascoltare ancora».
Cosa bisogna assolutamente evitare?
«Tra le diverse cose una: parlare dimenticandosi di chi si ha davanti e di chi ascolta. per loro che si parla».