BEATRICE ROSSI, la Repubblica 6/4/2010, 6 aprile 2010
DECOMPRESSIONE LA BESTIA NERA DEL POPOLO DEI SUB
L´Italia conta mezzo milione persone che praticano immersioni subacquee, un numero in crescita costante (30mila nuovi brevetti ogni anno) e che non comprende il diffuso (e a volte pericoloso) "fai da te". La disciplina, una volta riservata a pochi, è ormai diventata un fenomeno di costume praticato dalle persone più diverse. Meglio essere consapevoli, dunque, dei rischi che si corrono in caso di scarsa attenzione. Primo fra tutti la malattia da decompressione (Mdd), che si verifica in 5 casi su 10mila in base ai dati raccolti dai diversi Centri iperbarici nazionali. Numeri bassi solo apparentemente, dato che alla fine coinvolgono milioni di praticanti in tutto il mondo.
Spiega Renato Moroni, responsabile dell´Unità operativa di ossigenoterapia iperbarica all´Istituto clinico Città di Brescia-Grupposandonato: «La Mdd si presenta con i segnali più svariati, dai problemi uditivi e senso di vertigini, ai formicolii, ai disturbi della sensibilità e della forza fino alla paralisi. Attenzione però: sintomi lievi non vogliono dire malattia da decompressione lieve. Possono infatti peggiorare nel giro di poco tempo. Quindi, se nelle 24 ore successive a un´immersione si avvertono segnali come quelli qui descritti, meglio telefonare al centro iperbarico più vicino il cui numero ogni sub dovrebbe sempre portare con sé: sono precauzioni che fanno parte della preparazione all´immersione. In alternativa si può sempre chiamare il 118, che provvederà a inviare l´emergenza ai centri iperbarici».
La Mdd è causata da bolle gassose che si sviluppano nei tessuti e nei vasi sanguigni. Ciò avviene se l´azoto, respirato e assorbito dall´organismo durante la fase di immersione, non ha il tempo di fare la strada a ritroso verso i polmoni perché la risalita è stata troppo veloce. Dove andrà a situarsi la bolla, là avremo i sintomi. Per questo non bisogna raggiungere profondità eccessive, o comunque non adeguate all´esperienza e al brevetto, mentre vanno rispettate la velocità di risalita ed eseguite bene le tappe di decompressione. Se si usa un computer subacqueo, questo ci segnalerà le variazioni eccessive di velocità e scandirà il ritmo della decompressione. In caso di problemi gli esperti consigliano: stare a riposo sdraiati, bere per mantenere un´idratazione adeguata, se possibile respirare ossigeno puro dalla comparsa dei primi sintomi sino all´arrivo in camera iperbarica. Sarebbe meglio iniziare la terapia iperbarica entro 3-4 ore dalla comparsa dei disturbi. In camera iperbarica la pressione e la respirazione di ossigeno puro o miscele gassose (Nitrox) rimuoveranno le bolle ripristinando la corretta vascolarizzazione. Avverte Francesco Spaggiari, sommozzatore professionista ed esploratore subacqueo Gue (Global Underwater Explorers): «La decompressione è fondamentale, non si può risalire quando si vuole. E´ importante una pianificazione che tenga conto di vari fattori in gioco: durata, profondità, correnti, obbligo di sosta. Per questo la maggioranza dei sub, anche dopo aver eseguito il primo livello di brevetto, continua ad affidare la propria sicurezza all´istruttore o alla guida».
Proprio per arginare il rischio da malattia da decompressione nasce ora un progetto di prevenzione nazionale finanziato dal Ministero della salute che impegna l´Università di Brescia e l´Istituto clinico Città di Brescia. L´indagine mira a «personalizzare» le regole di immersione. Tabelle di decompressione e computer subacquei applicano infatti criteri che non tengono conto di fattori fisiologici come l´età, il peso, la ventilazione e il dispendio energetico. La prima fase del progetto, iniziata nel dicembre 2009, prevede test nelle camere iperbariche. La seconda fase, con immersioni in mare, si terrà a Pantelleria.