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 2010  aprile 06 Martedì calendario

IL MADE IN ITALY RISTRUTTURA I DEBITI

Il vero business degli advisor nell’ultimo anno è stato quello delle rinegoziazioni e delle ristrutturazioni dei debiti. Da inizio 2009, secondo un’elaborazione del Sole 24 Ore, l’ammontare delle operazioni ha superato i 45,8 miliardi di euro in Italia. Certo, non tutte le società sono dovute ricorrere a vere e proprie ristrutturazioni finanziarie. La gamma delle operazioni ha assunto diverse gradazioni di colore: dal semplice reset dei covenant alle soluzioni stragiudiziali (182 bis o ex articolo 67). La ricerca comprende operazioni chiuse e in corso di società quotate e non, di controllate da fondi di private equityo da azionisti di maggioranza privati e pubblici.


2010 di rinegoziazioni

Se la prima ondata, osservano gli operatori del settore, è stata quella delle società controllate dai private equity appesantite dai debiti delle acquisizioni attraverso leverage buy out, nel corso del 2009 sono venute al pettine le difficoltà a far fronte ai debiti delle cosiddette corporate e delle società quotate. A questo punto gli esperti si attendono una serie di operazioni di ammontari più limitati, ma non mancheranno quelle società che, ricorse a inizio crisi ad una ristrutturazione del debito, si troveranno a dover far fronte a «qualche ritocchino »: reset dei covenant o riscadenziamento dell’ammortamento, per esempio. Nella schiera degli attesi al banco di prova non mancano per altro nomi di un certo calibro. D’altra parte, l’attesa ripresa economica tarda a venire e i bilanci continuano a soffrire delle pressioni sui ricavi, ora che i tagli ai costi sono stati portati a termine. Le ristrutturazioni dei debiti dello scorso anno sono state realizzate su stime che scontavano uno scenario di incertezza e in alcuni casi non sono adeguate alla congiuntura economica attuale.
Particolare attenzione, poi, è necessaria per le piccole e medie imprese, che rappresentano un sistema più difficile da tracciare. Di conseguenza risulta più complesso poter individuare da parte delle banche e degli advisor le situazioni che potrebbero degenerare.


Un panorama complesso

Sarebbe un errore, però, mettere sullo stesso piano operazioni tra loro molto diverse. Ci sono state semplici rinegoziazioni del debito come nel caso di Fiorucci, Bianchi Vending o Cifa; vere e proprie ristrutturazioni dei debiti come nel caso di Safilo, Tiscali o Antichi Pellettieri; fino poi ad arrivare a situazioni più limite come l’amministrazione straordinaria di It Holding o di Mariella Burani Fashion Group.
Il lavoro di quest’ultimo anno per gli advisor è stato tutt’altro che di routine. Non tanto per la mole di operazioni affron-tate, quanto per le soluzioni innovative che sono state studiate caso per caso.
Fra gli altri è da segnalare la ristrutturazione del debito di Valentino Fashion Group e la sua ricapitalizzazione. Sulla base dell’accordo gli azionisti di Red & Black (partecipata al 70% circa da Permira e al 30% dalla famiglia Marzotto) hanno investito oltre 250 milioni di equity aggiuntivo per il riacquisto della posizione creditoria nei confronti di Citigroup (pari a circa 750 milioni), che è stata poi convertita in equity. Al termine dell’operazione Vfg risulta separata dalla controllata Hugo Boss, che è completamente senza debito e ha a disposizione una nuova linea di finanziamento revolving da 100 milioni di euro. Mentre Vfg si è trovata con un debito sceso di un terzo del suo valore a 1,5 miliardi di euro circa.
Nel caso del Gruppo Ferretti, invece, gli advisor, Lazard per i creditori e Rothschild per il gruppo, hanno dovuto studiare una soluzione che mettesse d’accordo oltre 60 soggetti giuridici internazionali con interessi non allineati. Alla fine il piano per il salvataggio del gruppo prevedeva: un aumento di capitale da 85 milioni sottoscritto per 70 milioni dal management e dal presidente Norberto Ferretti e per 15 milioni da Mediobanca, che ha curato lo schema finanziario; la riduzione del debito a lungo termine da circa 1,2 miliardi a 550 milioni attraverso la conversione a favore dei creditori in strumenti partecipativi con diritto ai benefici economici; una nuova linea di credito da 65 milioni. Usciti di scena gli azionisti Candover e Permira, l’azionariato è composto al 53% dai creditori (senza diritto di voto), al 38,5% dal management guidato da Ferretti e all’8,5% da Mediobanca.
Interamente dei creditori è diventata Global Garden Product a fine ristrutturazione. Per la prima volta in Italia, infatti, nell’ambito di una simile operazione di una società non quotata i creditori sono diventati azionisti al 100% nel capitale sociale pro quota.