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 2010  aprile 06 Martedì calendario

TIGER WOODS

Tiger Woods ha scelto con cura il golf club nel quale, dopo cinque mesi di esilio, ricomincerà a giocare. L’Augusta National è uno dei luoghi più esclusivi del mondo e fra i suoi 300 soci ci sono gli uomini più potenti degli Stati Uniti.
A nessuno di loro piace che si facciano troppi pettegolezzi, persino su un giocatore che ha tradito la propria moglie con decine di amanti. Quando giovedì poserà la pallina sul tee della prima buca, 40 milioni di persone lo guarderanno in tv solo in America, più di quante abbiano assistito all’insediamento di Obama: avrà bisogno di tranquillità e di qualcuno che tenga lontano gli idioti pronti a fare battute sulle sue prestazioni sessuali.
In nessun altro luogo Tiger avrebbe avuto la garanzia di essere così protetto. Per assistere al Masters non si possono acquistare biglietti: occorre mettersi in una lunga lista d’attesa che privilegia i «patrons», i fedelissimi che hanno già seguito il torneo negli anni precedenti e che sono disposti a pagare quasi 2000 dollari per quattro giorni di gara. I pass per i giornalisti sono stati assegnati a febbraio, prima che Woods annunciasse il suo ritorno, e non ne sono stati concessi altri. Né sono state riviste le rigide regole del club: chi porta con sé un telefonino viene accompagnato alla porta anche se non lo usa; chi osasse disturbare un giocatore mentre esegue uno swing verrebbe immediatamente espulso e mai più ammesso all’interno del circolo.
Ad Augusta non si scherza con le regole e le tradizioni. Quando uno dei suoi soci, Dwight Eisenhower, chiese all’assemblea del 1956 di abbattere alla buca 17 una quercia contro la quale finiva spesso la sua pallina, il presidente del club, Clifford Roberts, sospese la seduta per evitare di essere costretto a dire di no al presidente degli Stati Uniti. Il primo afro-americano è stato accettato solo nel 1990 e ancora oggi non sono ammesse le donne. Quando nel 2002 l’attivista Martha Burk presentò una ingiunzione per porre termine alla politica sessista di Augusta, ottenne una grande attenzione da giornali e tv, ma nessuna dal circolo. Il presidente Hootie Johnson rispose che discriminazioni del genere erano accettate in molte confraternite e associazioni, come nei boy scout e nelle girl scout: «Abbiamo il diritto legale e morale - tagliò corto - di organizzare il nostro club come vogliamo».
Nessuno può diventare socio di Augusta semplicemente chiedendo di farlo. Come nelle più importanti società segrete, è il club a invitare ogni anno due o tre persone, accuratamente selezionate, ad iscriversi. Per chi ama il golf è un’offerta che non si può rifiutare. Tanto più che la segretissima quota di iscrizione dovrebbe essere, secondo indiscrezioni mai confermate, di soli 10 mila dollari l’anno, spiccioli per soci come il proprietario di Microsoft Bill Gates, il finanziere Warren Buffett o l’ex amministratore delegato di General Electric Jack Welch. La selezione non avviene però solo in base al reddito. I soldi contano, ovviamente, ma a decidere è la capacità dei potenziali soci di mantenere la privacy e uno stile di vita adeguato. Bill Clinton e Donald Trump, per fare due esempi, non saranno mai ammessi.
Se si esclude l’Old Course di St Andrews, in Scozia, dove il golf è nato, non c’è al mondo altro campo più leggendario. Anche perché fu realizzato nel 1934 proprio da una leggenda del golf, Bobby Jones, il campione con due lauree che aveva partecipato al suo primo US Open a soli 14 anni e si era ritirato a 28. Ad Augusta, a pochi chilometri da Altanta, in Georgia, Bobby scelse un appezzamento attraversato da un torrente, ideale per innaffiare green e fairways e per creare qualche ostacolo naturale.
Il luogo era stupendo, con il terreno ondulato e vecchi alberi centenari che crescono ancora oggi. C’erano fiori dappertutto e ogni buca del percorso venne battezzata con il nome delle piante che la circondavano: la 5 Magnolia, la 8 Gelsomino Giallo, la 10 Camelia, la 13 Azalea. Fu Jones a ideare, dopo il campo, anche il torneo che all’inizio si chiamò Augusta International e poi Masters, e che dal 1934 è stato sempre disputato, esclusi due anni durante la Seconda Guerra Mondiale, dai migliori giocatori di ogni epoca.
Forse tutto andrà come dovrebbe, e nella tranquillità del National Tiger dimostrerà al mondo che sa fare anche questo, cadere nel ridicolo delle sue storie strampalate e poi risorgere. Ma non ci sarà nessun trionfo per lui: il massimo dell’entusiasmo sarà rappresentato come sempre dai «golf claps», quegli applausi sommessi e discreti che non sono nati ad Augusta ma che qui sono stati perfezionati all’inverosimile, fino a diventare una melodia facilmente riconoscibile. La musica che adesso Tiger ha bisogno di sentire più di ogni altra.