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 2010  aprile 06 Martedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "BOFFO

DINO"

«Ruini da un decennio ha affidato l’intera costellazione dei media cattolici a un suo uomo incapace di partecipare a un dibattito pubblico, di esprimere idee, di fare una qualunque battaglia culturale» (Maurizio Blondet) (Stefano Lorenzetto, il Giornale 11/12/2005).

La storia di Dino Boffo, direttore di Avvenire, e dei suoi rapporti omosex sfociati in una condanna per molestie era nota ai giornali da almeno cinque anni e ai lettori di questo blog da tre. Il titolone con cui Il Giornale di Vittorio Feltri, per primo, ha rotto un muro di omertà attorno a questa vicenda chiama in causa ipocrisie e giornalismi all’italiana. L’ipocrisia di Boffo, certamente. Il giornalismo all’italiana di chi picchia con una legnata terrificante il responsabile di una campagna di stampa contro i comportamenti del Cavaliere, ma anche il giornalismo all’italiana di chi sapeva e fino ad oggi ha taciuto e tolto dalle pagine articoli che sarebbero stati imbarazzanti. Come scrivevo ieri, la trasparenza è la vera arma vincente. Ma non è cosa italica, la trasparenza (Dal blog di Mario Adinolfi, 28 agosto 2009)

«Quindi non è Vittorio Feltri a dettare l’agenda a Silvio Berlusco­ni così come non è Dino Boffo, né il suo caso, a dettarla al cardinal Bertone. La politica ecclesiale pro­seguirà, così come sempre: si ri­parlerà di scuole cattoliche, di questioni etiche. Si tratta di rap­porti tra due poteri forti. Andran­no inevitabilmente avanti. Magari Gianni Letta getterà molta acqua sul fuoco. E lo stesso farà il cardi­nal Bertone. Ma parliamo di con­tingenza. Di immediatezza. Il vero problema riguarderà un futuro non lontano...» (intervista a Giuseppe De Rita, Paolo Conti Corriere della sera 8/9/2009

Quella al nuovo direttore del "Giornale" Vittorio Feltri, ad esempio. Incalzato sulla storiaccia che ha portato, dopo la denuncia del suo giornale, alle dimissioni del direttore dell´"Avvenire" Dino Boffo: «Ma come, lei parla di casellario giudiziario, ma nel casellario giudiziario non vi è traccia di quell´allusione alle abitudini sessuali di Boffo?». E Feltri: «Ma no, nel casellario no, era una velina che circolava nelle curie». «Dunque anonima, lei ha pubblicato una velina anonima? Ma Boffo è uscito distrutto, aveva famiglia», gli fa notare il giornalista. «Beh, tutti abbiamo famiglia», fa spallucce Feltri dietro la poltrona della sua scrivania. Seguito da un suo ex giornalista, Filippo Facci, transitato dal "Giornale" a "Libero", che racconta di quanto fosse difficile nel quotidiano della famiglia Berlusconi e in Mediaset scrivere e parlare criticamente del ministro Mara Carfagna (Carmelo Lopapa, la Repubblica, 25/09/09).

«Repubblica linciava il premier da mesi e neanche una parola. Io attacco Dino Boffo con una sentenza pubblica, e il giorno stesso il presidente della Camera spara sul killeraggio politico.» […] Dino Boffo ne ha avuto l’immagine distrutta. contento? «No, non sono contento». Ridarebbe la notizia? «Sì». Conosceva Boffo? «Incrociato un paio di volte». Aveva motivi di risentimento personale nei suoi confronti? «Risentimento è una parola forte. Però sì». Quali? «Nel 2000 venni radiato dall’Ordine dei giornalisti di Milano per aver pubblicato su Libero alcuni nomi di pedofili e alcune foto sulla pedofilia. Feci ricorso. Due furono i colleghi che si accanirono particolarmente affinché l’Ordine respingesse quel ricorso, invece accolto: Boffo e un giornalista romano». Chi è il giornalista romano? «Lasciamo perdere». (intervista a Vittorio Feltri, Andrea Marcenaro, First ottobre 2009)

28 AGOSTO. Feltri esordisce da par suo al Giornale, tirando fuori il primo dossier: una vecchia condanna di Dino Boffo, reo di pallide critiche al premier, per molestie su una ragazza. E spiega: ”Quando la politica si trasforma e si svilisce scadendo nel gossip, quando gli addetti all’informazione si rassegnano a pescare sui fondali del pettegolezzo spacciando per notizie le attività più intime degli uomini e delle donne, fatalmente la vita pubblica peggiora e riserva sorprese cattive. E se il livello della polemica è basso, prima o poi anche chi era abituato a volare alto, o almeno si sforzava non perdere quota, è destinato a planare per rispondere agli avversari. La Repubblica da tempo si dedica alla speleologia e scava nel privato del premier, e l’Avvenire, quotidiano dei vescovi italiani, ha pure messo mano al piccone per recuperare materiale adatto a creare una piattaforma su cui costruire una campagna moralistica contro Silvio Berlusconi, accusato condurre un’esistenza dissoluta in contrasto con l’etica richiesta a una persona che ricopra cariche istituzionali. Mai quanto nel presente periodo si sono visti in azione tanti moralisti, molti dei quali, per non dire quasi tutti, sono sprovvisti titoli idonei. Ed è venuto il momento di smascherarli. Dispiace, ma bisogna farlo affinché i cittadini sappiano da quale pulpito vengono certe prediche. Cominciamo da Dino Bof fo...”. Seguiranno Ezio Mauro, Carlo De Bendetti, Gianfranco Fini, Enrico Mentana, Michele Santoro, Giulio Tremonti (Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 31/10/2009)

Per esempio, le dimissioni di Dino Boffo (il direttore di Avvenire, il quotidiano dei Vescovi) non fu cosa di Berlusconi. Una volta caduto Ruini, lo staff di Ratzinger non trovava modo per convincere Dino Boffo, braccio destro del Progetto Culturale del cardinale, ad alzare i tacchi e mollare il potere (giornali, televisione, organizzazione eventi). Che si fa? Facile: un vescovo di Comunione e Liberazione passa un documento scottante sull’ostinato Boffo a Vittorio Feltri (direttore de Il Giornale)... (Intervista a Roberto D’Agostino, Miguel Mora, El Pais supplemento "Domenica", 1/11/2009)