Francesco Peloso, Il Riformista 6/4/2010, 6 aprile 2010
VESCOVI DIVISI SUL CHE FARE. LA MAPPA DELLE CORRENTI
Così fra i vescovi che si stanno pronunciando in queste settimane, è possibile individuare una serie di gruppi differenti. Il più folto e agguerrito è per ora quello degli ”intransigenti”, in una certa misura identificabile come gli uomini della ”tolleranza zero”, una linea cioè di rapporto forte e diretto con le autorità giudiziarie nei casi di pedofilia in cui sono coinvolti sacerdoti e religiosi. Fra questi rientra senz’altro, monsignor Diarmuid Martin, arcivescovo di Dublino, la diocesi al centro dello scandalo irlandese; Martin tuttavia non solo è arrivato dopo gli eventi ma ha contributo a fare luce e a promuovere le inchieste. inoltre fra quanti, nel suo Paese, spinge per un allargamento dell’indagine a tutte le diocesi, è convinto infatti che solo così la vicenda potrà arrivare a una sua conclusione. Il rischio, viceversa, è un logoramento infinito della Chiesa. Con lui è il capo dei vescovi tedeschi, monsignor Robert Zollitsch, arcivescovo di Friburgo, sostenitore della linea dura sotto il profilo giudiziario; è stato il primo, in Europa, a dire chiaramente che il procedimento canonico non veniva prima della denuncia alle autorità di pubblica sicurezza del sacerdote compromesso in una vicenda di abusi sessuali sui minori. Nel venerdì santo, poi, ha promosso una preghiera per le vittime nelle chiese tedesche, sua è anche la richiesta di perdono.
A loro si aggiunge l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schoenborn, considerato uomo vicino al Papa; Schoenborn ha promosso la commissione d’inchiesta indipendente alla cui guida è stata collocata una donna laica e credente, ha fatto parlare le vittime degli abusi nel duomo di Vienna, ha toccato con chiarezza il tema delle responsabilità della Chiesa; poi ha sollevato la questione celibato per smentire subito dopo il proprio intervento. E tuttavia il sasso è stato lanciato. Su questo punto specifico, il cardinale Carlo Maria Martini ha fatto più o meno lo stesso: ridiscutiamo il celibato, ha detto, quindi è arrivata la correzione via comunicato. Ancora è importante la presa di posizione di monsignor Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, primate d’Inghilterra, per il quale la denuncia alle autorità giudiziarie del prete coinvolto in atti di pedofilia va fatta prima del procedimento canonico che ha poi i suoi tempi. A questa pattuglia si aggiunge di diritto anche il primate del Belgio di fresca nomina, monsignor André Joseph Leonard, il quale ha parlato di ”colpevole silenzio” della Chiesa di fronte a sacerdoti che hanno commesso ”abominevoli crimini”, quindi ha chiesto di fare piena luce su tutti i fatti trascorsi. Va da sé che questi vescovi hanno comunque indicato nel Papa l’uomo che sta prendendo di petto la vicenda.
Su un fronte quasi opposto rintracciamo i ”complottisti”, i fautori di una linea difensiva incentrata sull’idea che forze internazionali ostili alla Chiesa, in grado di controllare i media, stanno dando addosso al Papa e ai suoi vescovi con un obiettivo ideologico. Su questa posizione troviamo in prima linea l’Osservatore romano che già in occasione di altri momenti critici - lefebvriani, dibattito su diritti gay, uso del preservativo contro l’aids - ha adombrato l’ombra di un complotto mediatico. A questo stesso gruppo va inscritto di fatto il Segretario di Stato, silente fino ad ora, le cui uniche parole sono state pronunciate per criticare quanti «vogliono minare la Chiesa». possibile però che il numero uno della diplomazia vaticana possa prima o poi rompere il suo silenzio.
Fra le ”new entry” non può mancare un altro stretto collaboratore del Pontefice, e cioè il predicatore della Casa pontificia, padre Raniero Cantalamessa che è arrivato addirittura a paragonare le critiche rivolte alla Santa Sede all’antisemitismo. Poi non ha smentito ma ha spiegato che il Pontefice non era informato delle sue parole; a prenderne le distanze è stato il direttore della Sala stampa, padre Federico Lombardi. Fra coloro che vedono la cospirazione dietro l’angolo, c’è l’arcivescovo Timothy Dolan, per il quale il New York Times, influenzato dal mondo ebraico, indagherebbe sui reati commessi dai preti e non su quelli che avvengono fra gli ebrei. In questo gruppo troviamo anche George Weigel, intellettuale cattolico americano, teocon, che ha evocato forze ostili alla Chiesa. E in una certa misura, anche l’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Vingt-Trois, ha parlato di strategia che mira a sporcare l’immagine del Papa.
La componente di Comunione e liberazione ha scelto una propria linea d’intervento: difesa certa dell’operato del Pontefice, ma anche richiesta di chiarezza e pulizia all’interno della Chiesa. Così si è espresso don Julian Carron, provando a ragionare sui problemi - anche spirituali - posti da una vicenda dolorosa e drammatica. Il patriarca di Venezia, il cardinale Angelo Scola, non ha espresso dubbi sul fatto che gli abusi sessuali siano insieme ”un crimine e un peccato”, per questo i responsabili ne dovranno rispondere davanti alla giustizia di Dio e a quella degli uomini. Ancora fra i difensori del Papa troviamo il cardinale Martini, il quale però chiede allo stesso tempo un ritorno al Vangelo della Chiesa, una messa in discussione dei meccanismi di potere. Sempre fra i gesuiti, spicca l’azione di padre Lombardi, cui è stato affidato il ”corpo a corpo” giornalistico con le testate di mezzo mondo che pubblicavano notizie relative al coinvolgimento del Pontefice. E però fra tante voci si nota anche qualche silenzio. Quello, per esempio, dell’arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, gesuita e cardinale anch’esso, in conclave avversario del Papa insieme a Martini. Bergoglio non si è speso molto per tutelare la figura del Papa. La Curia nel suo complesso tace, il responsabile dell’ecumenismo, il cardinale Walter Kasper, ha preso le difese di Ratzinger, ma pochi l’hanno seguito. Da ricordare del resto che mentre il prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale Claudio Hummes, è a favore di un rapporto più forte con le autorità civili nei casi di pedofilia, il suo vice, monsignor Mauro Sapienza, è assai più prudente in proposito.