Luca Mercalli, La Stampa 3/4/2010, pagina 9, 3 aprile 2010
CALDO E FREDDO ALTERNANZA CREA RISCHI
Non esiste una sola neve, ma esistono tante nevi. Da quando i cristalli di ghiaccio che compongono il fiocco si formano in una nube a qualche chilometro sopra la nostra testa a quando - dopo essersi depositati al suolo ed esserci rimasti per tutto l’inverno - fonderanno sotto il sole primaverile, intervengono innumerevoli trasformazioni fisiche, condizionate dalla temperatura, dal vento e dal soleggiamento. Ogni anno il decorso meteo-nivologico è diverso, e così il manto nevoso che ne risulta e le modalità di formazione delle valanghe. Ci sono zone dove i distacchi sono più frequenti e ricorrenti, altre dove non se n’è mai vista una in cent’anni. Ci sono stagioni dove non se ne stacca una nemmeno con l’esplosivo, altre nelle quali al minimo sovraccarico vien giù un intero versante. La neve è un materiale complesso, cangiante, variabile nel tempo e nello spazio. Pensare di conoscerla a fondo è illusorio, se ne possono solo cogliere i caratteri principali, e da questi dedurre i livelli di rischio che si pubblicano sul bollettino nivometrico.
Cinque gradi, dal primo, semaforo verde, al quinto, bandiera a scacchi neri e rossi, meglio stare a casa se non volete sfidare la morte. In questo periodo sulle Dolomiti attorno a quota duemila metri ci sono 130-170 cm di neve. Il rischio è a livello tre, marcato, un valore che richiede una dose di cautela non trascurabile. Il manto nevoso non è una massa uniforme, ma assomiglia a una torta Sacher: ci sono strati di pasta più o meno morbida, c’è la marmellata in mezzo, un punto debole, cioè i cristalli senza coesione che hanno la consistenza del sale grosso da cucina, e sopra c’è la glassa al cioccolato. ovvero una crosta di ghiaccio. Se arriva una nuova nevicata e si deposita sulla crosta gelata precedente, questa diviene una nuova superficie di scorrimento. Aggiungiamo ora un po’ di primavera: il sole che si alza sull’orizzonte e la temperatura che si raddolcisce. Così nelle ore centrali del dì la superficie della neve può andare incontro a parziale fusione e poi di notte rigela. Pian piano il manto, mantenuto piuttosto soffice dal gelo invernale, si assesta e si compatta, i legami tra i cristalli si consolidano, ma ci vogliono settimane perché il processo si compia e la neve diventi sicura.
Talora basta che uno sciatore rompa la «glassa», e si genera una valanga a lastroni che se ti pinzano ti stritolano come solette di calcestruzzo. Oppure può staccarsi una valanga di neve bagnata, lenta e pesante, che però quando si ferma ti immobilizza in una morsa compatta da più di 500 chili al metro cubo. Puoi anche avere l’Arva, ma in questo caso, il più delle volte serve solo ad accelerare le pratiche funerarie evitando di attendere il disgelo estivo. Andiamo pure a sciare fuori pista, perché la montagna primaverile è bellissima, ma usiamo tanta tanta prudenza e alla minima perplessità facciamo un sano e saggio dietro-front.