MARCO CASTELNUOVO, La Stampa 3/4/2010, pagina 4, 3 aprile 2010
PILLOLA ABORTIVA
La prima crociata della Lega, e del neopresidente della Regione Piemonte Roberto Cota, ha creato talmente tante tensioni all’interno della maggioranza che lo stesso Cota, ieri, è dovuto intervenire per smorzare la sua presa di posizione assunta subito dopo il voto. «Sulla Ru486 ho sempre avuto una posizione chiara e mai in contrasto con la legge», ha spiegato Cota chiarendo che la polemica sulla pillola abortiva che deve restare nei magazzini «era la risposta a una domanda. Insomma, il neogovernatore risponde alle perplessità del ministro della Salute Ferruccio Fazio («C’è una legge, e va rispettata. Se la leggano») e anche alla presidente leghista della Provincia di Cuneo Gianna Gancia, che non solo è compagna di partito di Cota, ma anche la fidanzata del ministro Calderoli: «Massimo rispetto per le nobili intenzioni di Cota e Zaia - ha detto la Gancia -, ma da donna e da madre non condivido i toni ed i termini di una polemica che rischia di farci tornare indietro di trent’anni. Nessuno, credo, rimpiange il flagello immondo dell’aborto clandestino». La presidentessa insiste nettamente: «Il ritorno al divieto equivarrebbe ad un ritorno alla clandestinità, che colpirebbe le fasce sociali più deboli, quelle che per intenderci non possono permettersi di spostarsi fuori regione, o peggio fuori del Paese. Politiche che dovessero nutrirsi di sole proibizioni rischiano d’alimentare drammi e sofferenze che l’Italia non rimpiange».
La morsa leghista sembra allentarsi anche sul fronte del Veneto. Pure il neopresidente Luca Zaia ha fatto marcia indietro: se ancora ieri mattina diceva che la Ru486 rischia di diventare «l’aspirina delle minorenni» e che «al di là della legge c’è anche una questione etica: l’ho fatto con l’Ogm, lo faccio anche con questa pillola», poche ore dopo ha parzialmente corretto il tiro: «Si tratta di una terapia che va somministrata in ambiente protetto. Come si può mettere in discussione la necessità che giovani esistenze non vengano lasciate sole e in balia di fenomeni che potrebbero essere davvero pericolosi in un momento così drammatico della loro vita?». La Lega accelera e frena in modo compatto. Resta così isolato il vicepresidente padano in pectore per la Lombardia, Andrea Gibelli, che è intervenuto per chiedere lo stop alla pillola. La mossa ha spiazzato Formigoni (rimasto zitto tutto questo tempo) che sembra contrario a fughe in avanti: «Siamo contrari, ma al suo utilizzo non possiamo opporci», ha spiegato ieri. Del resto per Formigoni, «la giunta regionale già nel dicembre 2009 ha stabilito che l’utilizzo della Ru486 avvenga nel pieno rispetto della legge 194 e quindi solo e soltanto in ospedale». Che però non sembra sufficiente: Massimo Srebot, primo medico italiano che ha importato la Ru486 in Italia, conferma che «il ricovero ospedaliero per le donne che scelgono la pillola è punitivo per la loro delicata condizione psicologica. E infatti il 98% sceglie di firmare subito le dimissioni volontarie».
Per il Pd è «un polverone postelettorale», come spiega la presidente dei senatori, Anna Finocchiaro. E Livia Turco spiega: «Non è vero che la legge 194 imponga il ricovero». L’ex ministro della Salute si dice comunque personalmente convinta della necessità di utilizzare la Ru486 in ospedale, «in quanto è una modalità comunque complessa».
Alla frenata di Cota e Zaia, risponde un altro neogovernatore di centro destra, il calabrese Giuseppe Scopelliti, che invece si è detto «assolutamente contrario». E il governo? La strada sembra essere quella «di un protocollo unitario», che eviti «il federalismo etico», come sottolinea il sottosegretario alla salute Eugenia Roccella: «No a diverse sanità in Italia».