FRANCESCO MOSCATELLI, La Stampa 3/4/2010, pagina 4, 3 aprile 2010
LE PADANE: SI VEDE CHE SONO UOMINI
Le dichiarazioni di Zaia e Cota sulla pillola Ru 486? Si vede che sono uomini». A sentire Francesca Zaccariotto, «presidentessa» della provincia di Venezia e sindaco di San Donà di Piave, con un passato da assistente sociale, si potrebbe quasi pensare che all’interno della Lega Nord possa scoppiare una dialettica di genere. «Bisogna stare attenti a dare giudizi politici su questi temi – argomenta la Zaccariotto - Si rischiano valutazioni superficiali. L’aborto è, prima di tutto, una questione etica e umana. C’è una legge e credo sia giusto applicarla, pur con tutte le precauzioni». In realtà, fra le donne del Carroccio si respirano soprattutto moderazione e voglia di dialogo. Poche prese di distanza dalla linea dei ”big” del partito: dalle parti di Bossi non è usanza. Tanta voglia di far sentire la voce di una Lega più pacata. «I temi della vita e della famiglia sono condivisi da tutto il movimento – conferma Federica Seganti, assessore alla Sicurezza in Friuli - . Ma le posizioni dipendono dal vissuto di ognuno». Laura Molteni, capogruppo della Lega in Commissione Affari sociali alla Camera, è decisamente più esplicita: «Si rischia che la Ru486 venga assunta come una comune pastiglia per il mal di testa, giocando così sulla pelle delle donne non curandosi della salute delle madri negate. Noi continueremo a vigilare su tale somministrazione perché abbiamo a cuore la tutela della salute psicofisica delle donne».
Non sembrano esserci fratture nemmeno fra l’ala laica e quella cattolica. Manuela Dal Lago, vicepresidente dei deputati leghisti a Montecitorio, di formazione liberale, lo spiega così: «Credo che le parole di Cota e Zaia volessero mettere in guardia dagli abusi della pillola. Ricordiamocelo: non è un’aspirina. Hanno fatto bene, e lo dico da laica. Non possiamo rischiare che le donne, soprattutto le più giovani, vivano l’aborto con leggerezza. ». Un pensiero condiviso anche da Angela Maraventano, la «pasionaria leghista» di Lampedusa, eletta senatrice in Emilia Romagna. Una che, sull’aborto, avrebbe posizioni molto più intransigenti: «Bisogna opporsi in ogni modo all’uccisione di vite umane. E poi andare contro natura è molto pericoloso. Qualcuno dice che la Ru486 evita il trauma delle operazioni chirurgiche. Secondo me ci sono altre strade: io ho deciso di fare solo due figli e ci sono riuscita».
Anche le leghiste impegnate in prima persona sul territorio sembrano soddisfatte. «Il messaggio è chiaro, al di là delle polemiche politiche, e condivisibile: la Ru486 non può e non deve trasformarsi in un’alternativa alla contraccezione – spiega Sara Brunone, coordinatrice della Lega ad Ascoli Piceno -. Dobbiamo fare maggiori sforzi sul fronte dell’ educazione sessuale». Idem Lucia Borgonzoni, responsabile dei giovani padani di Bologna e capogruppo in provincia: «Non sono ideologicamente contraria alla Ru 486. L’importante è non favorirne un uso disinvolto». Monica Rizzi, consigliere regionale uscente al Pirellone, con un posto da assessore prenotato nella prossima giunta Formigoni, si spinge un po’ più in là. E rilancia: «Un anno e mezzo fa ho raccolto 41 firme in Consiglio regionale contro la commercializzazione della Ru 486. Hanno firmato anche alcuni esponenti del Pd. Perché non lavoriamo tutti insieme a un percorso di aiuto e assistenza psicologica alle donne? Facilitare l’aborto non è una soluzione».