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 2010  aprile 03 Sabato calendario

ARPE: "SATOR HA 500 MILIONI DA INVESTIRE E IN ITALIA VEDO GRANDI OPPORTUNIT" - MILANO

Matteo Arpe ha lasciato Capitalia tre anni fa e si è messo in proprio lanciando Sator, una holding che opera in tre settori della finanza, private equity, risparmio gestito e immobiliare. Nel 2009 ha risposto alla chiamata del governatore Mario Draghi per andare a salvare la Banca Profilo, che rischiava di fallire sotto i colpi di alcuni investimenti sbagliati e rischiosi. Arpe con il fondo di private equity ci ha puntato 72 milioni e oggi può dire di averla risanata, visto che ai valori di Borsa il fondo di Sator registra una plusvalenza di 165 milioni.
In due anni ha messo in piedi un gruppo con 250 dipendenti e 4 miliardi di asset. Ritiene che l´Italia sia un Paese in cui ci siano occasioni di crescita?
«Mi lasci dire che più degli importanti risultati economici e patrimoniali annunciati vi sono altri obbiettivi di cui siamo particolarmente soddisfatti. Un gruppo indipendente, senza quei contrasti interni che sembrano caratterizzare il sistema, ma anzi con un forte orgoglio di appartenenza e un comune sentire in termini di valori. Abbiamo circa mezzo miliardo di euro da investire nei settori finanziario e industriale e ritengo che l´Italia offra grandi opportunità anche senza piegarsi a certe logiche».
Quali sono le sue aspettative per l´economia del 2010?
«Non c´è ancora una schiarita sull´economia reale e personalmente ritengo che il 2010 sarà un anno di luci e ombre. L´Europa appare ancora frazionata in tante economie e sta perdendo peso, in termini di Pil, molto più degli Stati Uniti rispetto alla crescita imponente dell´Asia negli ultimi 15 anni».
Sono necessarie nuove regole per i mercati finanziari a livello globale?
«La crisi è nata negli Usa dove il settore bancario è quello più regolamentato, ma ciò non ha scongiurato il disastro. Sicuramente sono necessarie nuove regole ma parimenti bisogna essere consci che non si possono imporre per legge la capacità e il buon senso».
Come giudica i recenti avvicendamenti ai vertici di Mediobanca e Generali?
«Molto positiva la nomina di Pagliaro alla presidenza di Mediobanca, è un manager di alto profilo e segna il ritorno alla prevalenza dei manager di scuola interna come nella tradizione della banca ».
Con la vittoria elettorale della Lega nord è possibile che la politica possa tornare a premere sulle banche attraverso le fondazioni che rispondono alle esigenze dei territori?
«Il ritorno della politica nel mondo bancario non è un fenomeno italiano, è avvenuto in tutta Europa basti pensare alle banche inglesi ed è fisiologico visto il ruolo delle istituzioni pubbliche nel sostegno al sistema bancario. In questo periodo è avvenuto anche l´inverso e cioè banche che agiscono in supporto al sistema, per esempio come noi abbiamo fatto nel caso di Banca Profilo, l´unico salvataggio del genere compiuto in Europa».
Le banche anglosassoni hanno sopportato crisi molto più gravi di quelle italiane ma dall´estero non perdono occasione per descrivere il sistema italiano antiquato e basato solo sui giochi di potere. Hanno ragione?
«Tutto il mondo è paese e non vedo argomenti forti per criticare l´Italia in questo periodo. Il vero equivoco è pensare che coloro che hanno esposizione sui giornali sono gli stessi che poi contano veramente nell´economia reale. Il cambio di governance in alcune aziende è solo un indicatore dello stato di salute del sistema, ma il vero motore sono i piani aziendali, la capacità di creare occupazione. Il giro di poltrone è fisiologico ma se fosse dato più risalto ai temi aziendali forse ci risparmieremmo qualche critica sui giornali esteri».