Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 03 Sabato calendario

QUELLE TASSE LOCALI FIGLIE DEL FEDERALISMO

L´Italia diventerà molto probabilmente uno Stato federale. Di federalismo si parla da anni, ma pochi hanno capito esattamente in che cosa consista. E nella campagna per le Regionali, si è discusso di tutto tranne che dello Stato federale. Così, sono andato a rileggere la Legge 42/2009 che lo istituisce: per molti, una scatola vuota, da riempire con i previsti decreti di attuazione. Io, da profano, l´ho trovata quasi piena: i decreti, che saranno varati tra 13 mesi, stabiliranno i criteri per quantificare i trasferimenti di risorse e funzioni tra centro ed enti locali; ma la nuova articolazione dello Stato e le regole del suo funzionamento sono già definite. Sarà una riforma di forte impatto: auspicabile che se ne parlasse di più, e più concretamente.
Elementi chiave della riforma: il trasferimento di funzioni dallo Stato agli enti locali; la loro autonomia finanziaria; la perequazione tra Regioni per assicurare i servizi minimi garantiti. Nel trasferimento delle funzioni, il problema cruciale è la determinazione del costo, e del relativo finanziamento. La legge prevede costi unitari standard, aggiustati per qualità ed efficienza, per ogni servizio pubblico, abbandonando il criterio del costo storico, che perpetuava le inefficienze. difficile, ma possibile, sviluppare sistemi statistici per quantificare gli standard di costo aggiustati per la qualità, ma il presupposto è che merito ed efficienza siano criteri comunemente accettati per l´allocazione delle risorse. In Italia, dubitarne è lecito.
Il costo dei servizi pubblici dipende da quello del personale, e l´efficienza dall´organizzazione del lavoro: quindi saranno cruciali le modalità del trasferimento dei dipendenti pubblici agli enti locali e la capacità degli enti di negoziare contratti di lavoro differenziati su base locale. Se i contratti locali continueranno a rispecchiare parametri fissati al centro, uguali per tutti, diventerà utopico parlare di standard di costo ed efficienza; con il rischio che la piattaforma nazionale serva solo da base per una lievitazione dei salari.
Trasferendo funzioni, bisogna trasferire risorse. La legge prevede che non solo le Regioni, ma anche Province, Comuni e Aree metropolitane (9 città potranno inglobarsi le relative province) avranno autonomia tributaria. Avranno diritto a una parte del gettito Iva e addizionali sulle imposte sui redditi personali; a tributi propri stabiliti dallo Stato; a tributi decisi autonomamente, su basi imponibili diverse. Il tutto mantenendo l´attuale sistema: resta l´Irap; niente Ici sulla prima casa; una tassa sui veicoli per le Province. Si rischia che la ricerca di risorse degli enti locali porti a un aumento del numero dei tributi. Che addizionali e tributi locali aumentino la pressione fiscale effettiva, mentre lo Stato farà la bella figura di ridurre le aliquote sui redditi di sua pertinenza. E che i cittadini debbano gestire, oltre al rapporto già complicato con l´amministrazione finanziaria dello Stato, anche quello con le amministrazioni locali.
La perequazione è il punto delicato. Al fine di assicurare trasparenza e pubblicità al processo, nei Paesi tradizionalmente federali un ramo del Parlamento rappresenta la contrapposizione degli interessi locali. Da noi invece, il processo sarà totalmente "interno", gestito da ministeri e rappresentanti degli enti locali nella cosiddetta "Conferenza". Sarà basato sulla capacità contributiva degli abitanti di ogni Regione: con il rischio che le Regioni con i più bassi livelli di evasione media e di sommerso sussidino quelle dove il "nero" è maggiore. E oltre alla perequazione tra Regioni, ci sarà pure quella regionale, tra Province e Comuni. Altro che mercato del bestiame.
Infine Roma Capitale: avrà risorse aggiuntive per la valorizzazione dei beni artistici e lo sviluppo del turismo (come se altrove non ci fossero) e, in ossequio al potere dei palazzinari, per lo sviluppo urbano, l´edilizia pubblica e privata. La Lega sa essere generosa, quando serve.