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 2010  aprile 03 Sabato calendario

IN CINA SONO 343MILA I MILIONARI

«Andate e arricchitevi, perché la ricchezza è gloria». Da quella frase celebre con cui trent’anni fa Deng Xiaoping liquidò i dogmi sacri del marxismo-leninismo e aprì la stagione delle riforme economiche, molti cinesi hanno dato ascolto al monito del grande architetto del "comunismo di mercato".
Con la crescita dell’economia e la modernizzazione del paese, in Cina il numero dei ricchi è aumentato in misura esponenziale. Il fenomeno è noto, e non è un caso che i giornali come Forbes specializzati nel tenere di conto tra i tycoon del pianeta da anni ormai compilino una classifica degli uomini più ricchi del Celeste Impero. Ora,però,c’è qualcuno che vuole indagare più a fondo il fenomeno della nuova opulenza cinese, tentando di calcolare quanti siano i grandi portafogli oltre la Grande Muraglia.
Secondo uno studio fresco di stampa realizzato a quattro mani da Citi Private Bank e Knight Frank, oggi in Cina ci sono 343mila persone che dispongono di un patrimonio di valore compreso tra 1 e 10 milioni di dollari.Un bell’esercito di tycoon ( anche se il loro numero è in calo dell’11% rispetto all’anno precedente) che sostiene la crescita inarrestabile del mercato del lusso: auto, gioielli, orologi, immobili di prestigio.
Da un rapporto pubblicato sempre in questi giorni dall’Hu-run Institute, una società di consulting di Shanghai, emerge infatti che i nuovi ricchi cinesi – mediamente giovani, visto che la loro età media è di 39 anni, 15 in meno che in altre parti del mondo – amano collezionare orologi preziosi, gioielli, quadri e mediamente posseggono almeno tre automobili di valore. I viaggi, corredati da lunghe partite di golf, sono i loro principali passatempi. Lavorano tanto (in media fanno 16 giorni di vacanza all’anno) e amano l’estero, tanto che mandano i loro figli a studiare fuori dalla Cina, soprattutto in Gran Bretagna (per le scuole superiori) e negli Usa (per l’università).
Rispetto al recente passato, i tycoon cinesi iniziano a maturare e a somigliare sempre di più ai cugini di Hong Kong e di Taiwan che hanno assaporato la gioia della ricchezza ben prima di loro. Anche gli opulenti signori della madrepatria, infatti, stanno assumendo connotati filantropici che fino a poco tempo fa erano del tutto sconosciuti. Secondo la ricerca condotta dall’Hurun Institute, il 97% dei cinesi ricchi devolve una frazione del suo patrimonio in attività di beneficenza.
 un modo per mettersi in pace la coscienza, ma anche per assecondare il desiderio del Governo di iniziare a re-distribuire il reddito all’interno del paese. Oggi, dopo trent’anni di sviluppo tumultuoso, la Cina ha creato la società più ineguale del pianeta, dove le differenze di reddito tra città e campagne, tra Est e Ovest, tra fascia costiera e regioni interne raggiungono livelli abnormi.
Altri dati, che ovviamente non interessano le riviste in carta patinata, fotografano un paese sempre più spaccato in due tra "chi ha" e "chi non ha": nel 2009 il reddito annuo procapite percepito dai residenti nelle città è stato pari a 17.175 yuan (pari circa 2.500 dollari), contro i 5.153 yuan (circa 750 dollari) delle aree rurali e montagnose.
 un divario enorme e crescente che preoccupa sempre più la leadership cinese. Se un domani, infatti, quella fetta enorme del paese rimasta ai margini della modernizzazione dovesse ribellarsi e chiedere giustizia il paese scivolerebbe nel disordine e nel caos. E il sistema di governo fondato sull’egemonia del partito unico rischierebbe la disintegrazione.
Per questo motivo, la redistribuzione della ricchezza è una priorità strategica per la nomenklatura. Che però ora si trova a fare in conti con un problema imprevisto: convincere coloro che hanno accumulato grandi patrimoni (sono tutti uomini del Partito) a cedere qualche briciola di ricchezza a chi non è ancora riuscito a salire sul treno dello sviluppo.