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 2010  aprile 03 Sabato calendario

GENIALE ANGELO DEPRESSO, FU LA FRAGILIT FATTA UOMO

Polacco o francese, Chopin? Questione non da poco: francesi e polacchi sono fra i popoli più gelosi dei propri gioielli di famiglia, eppure stranamente solidali sin dai tempi di re Stanislao I Leczsynski. Alla domanda è arduo rispondere. Al padre dell’angelo depresso, Nicolas Chopin (1771-1844), neppure il Padreterno potrebbe contestare la nascita francese, poiché Nicolas venne al mondo a Marainville, un villaggio dei Vosgi. Ma aveva solo 16 anni quando, nel 1787, andò a cercar lavoro in Polonia, e là rimase finché visse, mutando il prenome in Mikol /aj, con tanto di "elle" tagliata alla polacca: istitutore di ragazzine, poi amministratore di una scuola per figli di nobili. Suo figlio, il sublime Fryderyk Franciszek, camminò al contrario: nacque decisamente polacco, nel borgo di Nelazowa Wola presso Varsavia, giovedì 22 febbraio 1810, ma ventenne, nel 1830, se ne andò a Parigi, passando per quella Vienna in cui da poco erano morti Beethoven e Schubert. Se ne andò a cercare non lavoro, come Nicolas, bensì sapienza, grandezza e soprattutto destino. Dalla Francia non fece più ritorno nella terra natale, sventuratissima. Il moto di un gigantesco pendolo? Una gigantesca onda di ritorno, in pieno uragano di mare? Forse, ma in seno all’onda le vicende appaiono normali, quasi monotone. Nessuna fase iniziale di povertà, come quella che l’ancor bambino Brahms fronteggiò ad Amburgo suonando nei bordelli. Né drammatico amore con lieto fine, come Schumann, né follia. Le tempeste esplosero tutte nella sua musica: nello Scherzo op. 20, nello
Studio op. 10 n. 12 (non affanniamoci a chiamarlo «Caduta di Varsavia »: che là dentro ci sia comunque un crollo, è evidente), nella Sonata
n. 2. Tra le tempeste, s’intravedono le Idee eterne.
Nella vita esteriore, più che tempesta vi fu perenne fragilità. Dopo il 1830, fu palese la malattia polmonare che lo avrebbe ucciso a Parigi mercoledì 17 ottobre 1849, a 39 anni. Era strano a vedersi, quasi irreale. Era alto 1,70: nel 1840, trentenne, pesava 45 chilogrammi. Più tardi, gli si formò il torace "a botte": lo si nota anche nella caricatura che la cantante Pauline Viardot, sorella della Malibran, gli fece nel 1844. Gli arti erano di vetro: quando viaggiava in carrozza, temeva sempre che un urto glieli spezzasse. Talvolta gli imbottivano i sedili. Nel 1828, in una locanda di Sulechów incantò un uditorio suonando meravigliose improvvisazioni, ma alla fine, esausto, fu portato a braccia alla sua carrozza. In tutta la vita, non riuscì mai a trarre dalla tastiera un forte , e di rado produceva un mezzo forte.
Certe sue pagine travolgenti, le suonava piano o pianissimo. Amava i carboidrati e non sopportava i grassi. Viveva di pane, dolci, pesce, pollo. Durante l’angosciosa "vacanza" a Maiorca con George Sand, fu costretto a mangiare carne di maiale, e una violenta diarrea per poco non lo uccise. Da allora, la Sand gli cucinò personalmente i cibi. John O’Shea, in
Music and Medicine , sostiene che la Sand lo abbia abbandonato poiché temeva che i rapporti sessuali lo uccidessero. Di questa fragilità leggendaria, è nota l’interpretazione ultra-kitsch che ci fece sobbalzare alla visione del film A Song to Remember (1945) di Charles Vidor: il colpo di tosse di Chopin al lumicino (attore Cornel Wilde), e il sangue che macchia di rosso la tastiera.
L’umor nero di Chopin, quasi perenne, si traduceva in sarcasmo contro di sé. Definiva le proprie composizioni «i miei pasticci confezionati nella mia cucina affumicata ». Ciò che insegnava con passione agli allievi (soprattutto alle allieve) erano «le mie sedicenti lezioni». Poi, però, si compiaceva quando lo chiamavano «il principe» e ammiravano la sua eleganza nel vestire: allora vibrava in lui una triste, sfiduciata vanità.