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 2010  aprile 03 Sabato calendario

I RISCHI DEL FEDERALISMO ECCLESIALE - Da tempo le gerarchie al comando – quelle che operano da Roma – avevano fiutato l’aria

I RISCHI DEL FEDERALISMO ECCLESIALE - Da tempo le gerarchie al comando – quelle che operano da Roma – avevano fiutato l’aria. E ora la saldatura tra Chiesa e Lega è forte.L’imprimatur è arrivato direttamente dal Segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, che a dicembre disse: «Il presidio del territorio un tempo era appannaggio di vescovi e parroci, e sappiamo quanto è importante dentro la Chiesa il concetto di territorialità. Oggi va considerato che la Lega è una forza politica fortemente radicata nel territorio». Era presente Roberto Cota, oggi alfiere – insieme a Luca Zaia – del "federalismo sanitario" antiRu486, applaudito dalla Chiesa. Beghe vaticane che si intrecciano con movimenti politici, che ricordano tanto quando governava la Dc. Già perché alla Chiesa il Carroccio ricorda la Balena bianca (e anche un po’ il Pci). Con la quale si andava a braccetto al centro e in periferia, perdonando le piccole magagne in cambio di certezze legislative. Ma la Lega è anche il partito che più di tutti ha attaccato le gerarchie soprattutto in tempi recenti su immigrazione e integrazione degli stranieri. Toni violenti, accuse dure, volontà di insulto ("imam" fu definito il cardinale Dionigi Tettamanzi appena quattro mesi fa), ma tutto passa, visto che l’Osservatore Romano,il giornale del Papa, tre giorni fa ha derubricato il tutto a «accenti qua e là estremisti». Insomma, l’ordine di scuderia è d’ora in poi smorzare i toni, dialogare senza pregiudizi, cercare la mediazione: la partita è troppo grossa. I governatori leghisti-devoti hanno già avviato lo scontro tattico sulla Ru486 e i vescovi più in vista plaudono, ma si giocherà anche su altri tavoli, dalla gestione della sanità ai buoni scuola, dalle politiche per la famiglia agli aiuti agli oratori. Un reticolo di interessi spalmato su tutte le regioni, ma che nell’area della Lega trova una forte connotazione di territorialità. I vescovi diocesani quindi sono chiamati a collaborare, ma il rischio concreto, osserva un esponente della Curia, «è che questo modello esploda quando si tornerà all’immigrazione: in questo caso è possibile che i vescovi del sud alzino la voce e facciano saltare il banco». Al nord i presuli veneti e piemontesi consolideranno con la classe politica locale leghista – considerata mediamente di buon livello – un’intesa sul campo sicuramente efficace (anche sul terreno dell’integrazione, come già accade in molte provincie), capace alla fine di smussare gli angoli alle sparate di qualche sindaco estremista: un esempio per tutti il compianto arcivescovo di Como, Alessandro Maggiolini, che nel ’98 incontrò segretamente Umberto Bossi, per anni etichettato come il " vescovo leghista". Ma al sud – e anche al Centro ”l’aria è diversa e ad ogni offensiva nazionale contro gli immigrati ci saranno risposte dure e mediaticamente d’impatto, specie da quei prelati in prima fi-la, come Crescenzio Sepe (Napo-li), Paolo Romeo (Palermo), Domenico Mogavero (Mazara del Vallo), Giancarlo Bregantini (Campobasso) e molti altri, che possono contare su un alleati al nord, il cardinale Tettamanzi, e al centro in Agostino Vallini e Vincenzo Paglia. Insomma, si potrebbe delinare un federalismo ecclesiale che difficilmente troverebbe i suoi meccanismi perequativi nella saldatura politica sul valore "non negoziabile" della vita. su questo punto che c’è il cambio di passo rispetto all’intesa con il centro-destra pensato dal cardinale Camillo Ruini, che aveva creato un modello per gestire l’era post-Dc: la creazione dei senatori teo-dem da inserire nel centro sinistra e il riconoscimento dei cosiddetti " atei-devoti" determinanti per esempio nel caso Eluana. La teorizzazione condivisa della irrilevanza dei cattolici democratici in politica ( quelli veri, di tradizione popolare) ha trovato la Chiesa negli ultimi tempi un po’ spiazzata, specie dopo il caso delle escort (non a caso criticato da esponenti Cei) e l’attacco del Giornale, della famiglia Berlusconi, a Dino Boffo, nonostante il sospetto di un complotto ordito anche da dentro il Vaticano non si sia del tutto dissipato. La saldatura con la Lega è un ruinismo di nuovo conio, che permette alla Santa Sede e alla Cei di poter giocare a destra su più tavoli (compresa Cl), e con diversi leader. Intanto Umberto Bossi, Roberto Calderoli e RosiMauro con discrezione incontrano da tempo esponenti delle gerarchie per tessere la trama politica, mentre sull’immigrazione dialoga direttamente Roberto Maroni, che abilmente tiene altro il profilo istituzionale, mentre sul fronte economico il pivot è l’amico Giulio Tremonti. In attesa di vedere cosa accadrà tra tre anni.