Paolo Salom, Corriere della Sera 03/04/2010, 3 aprile 2010
LA CACCIA DEI GENERALI BIRMANI ALL’ELEFANTE BIANCO NELLA GIUNGLA «PORTERA’ FORTUNA E RICCHEZZA»
«Andate a prenderlo, che aspettate?». Sbattere di tacchi e via di corsa: non si indugia di fronte al generalissimo Than Shwe, capo della giunta militare che governa la Birmania con il pugno di ferro. Un altro oppositore da spedire in galera? Macché: l’ordine, secondo quanto hanno raccontato i soldati del commando inviato in tutta fretta nella giungla che incombe sulle finissime spiagge di Ngwe Saung, a pochi chilometri da Rangoon, aveva tutt’altro scopo. I cinquanta militari, accompagnati da veterinari e mahout (conducenti), hanno ricevuto l’incarico di catturare un elefante albino sorpreso giorni prima a passeggiare con il suo branco nella zona. L’animale, raro esempio di pachiderma dalla pelle candida, è più importante di un dissidente, soprattutto ora che il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi è ridotta al silenzio.
Perché, nella tradizione buddhista del Sud-Est asiatico, l’elefante bianco è un potente simbolo benaugurale, un amuleto capace di trasmettere, al suo padrone, il potere di cambiare il corso degli eventi, di trasformare il male in bene, la sfortuna in fortuna. Superstizioni? Forse, ma è noto che i generali birmani si fidano più degli aruspici che dei consiglieri. E per Than Shwe, isolato nel mondo per la brutalità del suo regime, irriso per la legge elettorale appena varata che sembra scritta per escludere dal gioco la pasionaria Aung San Suu Kyi, leader’ agli arresti domiciliari – della Lega nazionale per la democrazia («è vietato candidare chi abbia riportato una condanna», recita un articolo), l’elefante è parso probabilmente un «dono di Buddha», un inaspettato regalo inviato per salvare il suo governo e mostrare al popolo la bontà dei generali, «del» generale.
La storia si ripete, si inserisce nel ciclo delle reincarnazioni della tradizione orientale. Nel 2001, la cattura di un elefante albino aveva portato fama e fortuna al generale Khin Nyunt, l’allora premier. Portato in trionfo a Rangoon, il povero animale aveva però seguito la sorte del suo « scopritore » : quattro anni di fasti (e buoni pasti) fino a che Khin Nyunt era finito rimosso e in disgrazia. Da allora il pachiderma vive isolato in un monastero vicino a Rangoon: nessuno va a trovarlo. Sarà anche bianco: ma non deve portare molta fortuna, alla fine. Ragione per cui Than Shwe ha atteso con ansia la cattura di un «suo» elefante albino, animale legato alla nascita del Buddha: la tradizione dice infatti che un pachiderma apparve alla madre di Siddharta per offrirle un fiore di loto. Al tempo della monarchia, questi animali venivano considerati simbolo di buon governo e fortuna (del re in carica).
Già nel 2008 Than Shwe aveva spedito un battaglione a scandagliare la giungla. Ora i soldati sono ripartiti e c’è da credere che non torneranno senza prima trovare l’amuleto vivente. Per farlo, i consueti metodi in uso in Birmania: contadini strappati alle loro famiglie, lavoro forzato e giungla spianata. La fortuna va scovata, costi quel che costi. «Per ora – si lamentano i poveretti arruolati loro malgrado’ vediamo solo campi ridotti in cenere e la povertà che incombe».
Paolo Salom