Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  aprile 02 Venerdì calendario

LA NUOVA STRATEGIA CATTOLICO-PADANA

Era prevedibile che uno degli effetti collaterali della vittoria leghista alle regionali fosse l’accentuazione della sua strategia cattolico-padana. I veti sulla pillola abortiva lanciati ieri da Roberto Cota e Luca Zaia, neogovernatori di Piemonte e Veneto, sorprendono solo in parte; e altrettanto prevedibile era la «benedizione» di monsignor Rino Fisichella. Si tratta di un asse impostato e rinsaldato da mesi, più o meno sotto traccia. Umberto Bossi e il suo partito l’hanno coltivato cancellando i ricordi di un paganesimo leghista che associava i papi e i vescovi a «Roma ladrona» e preferiva i riti celtici a quelli cristiani.
E la Chiesa cattolica da tempo osserva compiaciuta questa conversione, perché è a caccia di sponde politiche che sostengano la sua agenda. Basta pensare ai colloqui che il ministro e capo leghista aveva avuto nell’autunno scorso prima col presidente della Cei, Angelo Bagnasco, e poi col segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone: mosse che il quotidiano
la Padania aveva celebrato come l’ufficializzazione di un legame identitario. Allora, si indovinò la voglia di Bossi di entrare in competizione con Silvio Berlusconi su un terreno che era stato sempre monopolio del presidente del Consiglio; e di riempire lo spazio lasciato libero da Gianfranco Fini, un interlocutore dal quale la Santa Sede si è sentita trascurata, se non tradita.
Ma l’iniziativa controversa di Cota e Zaia sembra aprire la seconda fase della strategia cristiana della Lega: una battaglia «sui valori» giocata di nuovo dentro il centrodestra, con il supplemento di potere dato al Carroccio dal voto regionale; ma rivolta anche ad insidiare le sacche cattoliche residue nell’opposizione. come se Bossi applicasse la tecnica del partito pigliatutto anche nei rapporti con il Vaticano. In fondo, Cota non si è lasciato sfuggire l’appoggio dell’Udc di Pier Ferdinando Casini e di Rocco Buttiglione alla candidata piemontese del centrosinistra, Mercedes Bresso: una delle bestie nere dei vescovi proprio sulla pillola Ru486.
 stato un passo falso che ha finito per mettere l’Udc sulla difensiva soprattutto per il successo del Carroccio. Quanto ad Emma Bonino, sconfitta nel Lazio, il centrosinistra ha tentato un po’ goffamente di escludere l’esistenza di un caso fra l’esponente radicale e il Vaticano: anche dopo il monito duro e ai confini dell’ingerenza di Bagnasco alla vigilia delle elezioni. La stessa Bonino ha cercato di accreditare questa tesi, tranne poi spiegare di essere stata battuta perché nelle province laziali il peso della Chiesa cattolica è molto forte: una spiegazione che ha un po’ il sapore dell’alibi. C’è dunque un secondo vuoto che la Lega si ripropone di coprire nei rapporti con il mondo cattolico, ed è quello lasciato da alcune scelte contraddittorie del Pd. L’operazione, dunque, è a tutto campo. Bossi sfrutta le difficoltà attuali delle gerarchie ecclesiastiche. E cerca di piegare le posizioni della Cei alle priorità leghiste in materia di lotta alla diffusione dell’islamismo; all’immigrazione clandestina; e di competizione sia col Pdl che con la sinistra. Per raggiungere lo scopo non esita a bacchettare i cardinali che ritiene «fuori linea», come avvenne nel dicembre scorso contro l’arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi, considerato dai leghisti troppo «filo-islamico». L’offensiva di Cota e Zaia riflette un leghismo popolare, cristiano e padano che offre i propri «crociati» alla Chiesa cattolica; ma in cambio pretende un collateralismo senza cedimenti sui temi che interessano al partito.
Al Carroccio il Vaticano serve per accentuare il suo ruolo di perno del centrodestra e, in prospettiva, del sistema. E ai vescovi, in questa fase convulsa, l’appoggio astuto di Bossi è utile forse perfino di più per arginare la sensazione di una solitudine inedita. Ma il «federalismo della pillola abortiva» è una di quelle iniziative destinate a dimostrare quanto sia complicato e discutibile bloccare una legge dello Stato; e come l’alleanza Lega-Vaticano abbia confini geografici e politici che finiscono per esaltarne non la forza ma i limiti e l’ambiguità.
Massimo Franco