FRANCESCO SPINI, La Stampa 2/4/2010, pag. 23, 2 aprile 2010
CAPUANO DICE ADDIO A PIAZZA AFFARI
Che la sua parabola fosse discendente era diventato chiaro un anno fa, quando gli azionisti spensero ogni italico entusiasmo preferendogli, per la guida del London Stock Exchange - il gruppo della Borsa di Londra -, addirittura un francese, Xavier Rolet. Poi, a gennaio, fu proprio il nuovo numero unno a levargli le deleghe per il post trading, creandogli sempre più il vuoto attorno. L’atteso divorzio tra l’Lse, dunque Borsa Italiana, e Massimo Capuano si è compiuto ieri, quando il manager ha rimesso tutte le cariche nel gruppo londinese, di cui era «deputy Ceo», cioè vice ad, incluso quella di amministratore delegato di Piazza Affari, che è passata invece al responsabile del Capital Markets, Raffaele Jerusalmi, che invece non lo sostituirà nel board di Londra. Capuano resterà fino a fine luglio solo nel consiglio di Piazza Affari, per garantire un passaggio soft. Ma l’ingegnere che ha accompagnato la Borsa prima nella sua privatizzazione, poi nelle braccia di Albione, è fuori.
Ieri, di fronte ai giornalisti, ha tentato in tutto i modi di dissimulare la sua amarezza. Dicendo che «dopo 12 anni a Piazza Affari» trattasi semplicemente «di cicli che finiscono, non dal punto di vista temporale, ma di progetti e di obiettivi». Poi ammette che l’addio è stato preso «di comune accordo» e «senza contrasti» con Londra, è stata una «combinazione di interessi e di opportunità». Insomma: se ne è andato e nessuno ha tentato di fermarlo. Anche perché Capuano che, con l’ex Ceo del gruppo Clara Furse (di cui era considerato il delfino, e guadagnava più di lei: ora avrà una profumata buonuscita), aveva condotto la fusione tra le due borse, era stato necessario a Rolet nei primi mesi di mandato.
Allora si trattò di completare l’integrazione, progetto che oggi si guarda bene dal rinnegare, nonostante le critiche. «Ovviamente - dice - con il senno di poi possiamo avere tutti un certo livello di ragione. Continuo però a sostenere che è stata una decisione utile, le valutazioni si devono fare in un arco temporale più ampio dei due anni e mezzo trascorsi». Tanto più che molti vantaggi del progetto, sostiene, «non si sono verificati per le difficili condizioni di mercato, ma sono certo gli obiettivi si potranno raggiungere».
Poi però arriva la crisi, cresce la concorrenza con le piattaforme alternative. Rolet taglia costi e personale. E focalizza il business sulla parte commerciale, quella che porta il grosso dei ricavi. Capuano, invece, è della vecchia scuola italiana, considera la Borsa «dualistica», in parte mercato ma che pure «deve essere per molte sue funzioni un’organizzazione istituzionale». In Italia significa informativa societaria, ammissione alle quotazioni e sorveglianza degli scambi. A Londra la cosa interessa poco. Lo stesso Capuano, per l’accentratore Rolet, è divenuto ingombrante. Anche per questo viene scelto Jerusalmi, esperto di derivati e di mercati. Più commerciale. Ieri si presenta scravattato e assicura che la sua nomina, «è un segnale di continuità». Spiega, il nuovo ad, che «il contesto esterno è molto cambiato sia a causa della crisi, sia per l’introduzione della Mifid, che ha portato dinamiche pseudo-competitive nei mercati dove noi operiamo. La sfida è giocare un ruolo in questi cambiamenti». E assicura che «se oggi fossimo da soli saremmo in una posizione molto più debole e difficile». Il primo impegno sarà il lancio il 14 aprile di un future sui dividendi. E Capuano? Le voci (che lui non commenta) lo vogliono in Consob, dove a luglio scadrà il mandato di Lamberto Cardia. Authority che dopotutto, col tempo, potrebbe anche riprendersi quelle attività istituzionali della Borsa che a Londra cominciano a considerare solo uno scomodo fardello.