FABIO MARTINI, La Stampa 2/4/2010, pag. 9, 2 aprile 2010
VENDOLA ALLE PRIMARIE DEL 2010
In queste ore per lui così complicate, una dei refrain che più irritano Pier Luigi Bersani è quello di una ipotetica Opa di Nichi Vendola sul Pd: «Ma una forza di quelle dimensioni - si è sfogato il segretario democratico - può mai immaginare di lanciare un’Opa su un grande partito come il nostro?». E ieri mattina, sia pure con quel suo approccio pragmatico, Bersani ha parlato di questo e di altro proprio con Vendola. Colloquio tenuto riservato, quello tra il leader del Pd e il personaggio più "trendy" del momento, ma la chiacchierata è servita a misurarsi la palla, a capire in che misura il neo-Governatore della Puglia possa essere interessato al "cantiere" che il segretario del Pd intende aprire a tutte le forze di sinistra. Certo, Vendola non pensa ad un’Opa sul Pd ma a qualcosa di più realistico e al tempo stesso di più ambizioso, qualcosa che il Governatore si è ben guardato dal confidare a Bersani. Vendola si è imposto un traguardo: partecipare alle Primarie che nel 2012 - o prima se le cose dovessero precipitare - designeranno il candidato del centrosinistra alla guida del Paese. Dunque, Vendola ha deciso: sfiderà il candidato ufficiale del Pd, provando a ripetere il "miracolo pugliese". Stare "dentro" le Primarie nazionali è un obiettivo che Vendola ha deciso e pianificato: già in queste ore, i suoi uomini stanno avviando contatti informali con movimenti e partiti con un obiettivo esplicito, le Primarie del 2012.
Naturalmente le ambizioni di Vendola non rappresentano il primo dei problemi del Pd di Bersani. Certo, il risultato è stato deludente - e comunque così è stato percepito dalla maggioranza dell’opinione pubblica simpatizzante - ma finora la realtà del dopo-elezioni è stata allarmata, ma meno cruenta delle rappresentazioni date dai mass media, che hanno parlato di «assedio» e di «resa dei conti». Sintomatico il documento dei 49 senatori, inviato due giorni fa a Bersani, nel quale si invocava un generico "cambio di marcia". Il documento non è stato firmato dai senatori che da sempre contrappongono una linea alternativa alla segreteria Bersani (i "liberal" Morando, Tonini, Ceccanti, anche se l’aspetto più curioso della vicenda è che diversi dei firmatari ieri si sono fatti vivi col segretario per spiegarsi meglio, ridimensionare. E la stessa intervista di Walter Veltroni a "la Repubblica" è ben argomentata nella denuncia dell’occasione persa (stavolta «i sondaggi davano in forte declino Berlusconi»), ma nell’invocare «un partito aggressivo e popolare», non si traccia ancora un’idea di partito veramente diversa. Ieri Bersani ha risposto ai critici, inviando una lettera ai segretari di circolo del partito: «Il Pd non è «fermo», ma «in piedi e ora deve accelerare» dopo un voto che ha creato «delusione» e una certa «disaffezione». Per rafforare il progetto del Pd non aiutano «dibattiti autoreferenziali che potrebbero allontanarci dal senso comune dei nostri concittadini». Per il cantiere che vuole aprire a tutte le forze della sinistra, subito dopo Pasqua, Bersani si incontrerà anche con Riccardo Nencini, segretario del redivivo Psi, protagonista alle recenti Regionali di un exploit inatteso: i socialisti - dimostrando ancora un buon radicamento territoriale - sono riusciti ad eleggere 14 deputati regionali, uno in più della celebratissima Sinistra e Libertà di Vendola, sei in più della Federazione Prc-Pdci, per non parlare dei tre eletti dall’Api del duo Rutelli-Tabacci.