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 2010  aprile 02 Venerdì calendario

LA LIBERT SU INTERNET IN CINA VALE 5 CENT- Da due giorni è oscurato in Cina il motore di ricerca Google, salvo occasionali connessioni dei più abili cybernauti

LA LIBERT SU INTERNET IN CINA VALE 5 CENT- Da due giorni è oscurato in Cina il motore di ricerca Google, salvo occasionali connessioni dei più abili cybernauti. L’azienda Usa, per ora, parla di «problemi tecnici», ma pare sia l’ennesimo round col regime di Pechino. Intanto anche Yahoo ha subito attacchi da hacker cinesi che hanno violato le e-mail di 8 corrispondenti stranieri dalla Cina e da Taiwan. Nel Celeste Impero la censura sulla Rete è sempre più ferrea per soffocare il dibattito su democrazia e diritti umani. Quando nel 2006 Google aveva deciso di aprire un suo ”dominio” cinese, Google.cn, aveva accettato di esercitare l’autocensura richiesta dalle autorità. Ma in seguito, l’ondata di assalti di hacker cinesi a siti di giornalisti, aziende Usa e attivisti dei diritti umani, ha convinto l’azienda a reindirizzare dal 22 marzo scorso il suo traffico via Hong Kong, le cui maglie sono più blande. La vicenda è solo la punta di un iceberg che ha come posta in gioco l’accesso dei cinesi alla libera informazione. La Cina ha scippato agli Stati Uniti il primato delle utenze e conta 380 milioni di internauti, il 25 % della sua mastodontica popolazione. Un bacino conteso fra, da un lato controinformazione e dissenso, dall’altro censura e hacker di regime, accusati anche di violare spesso le banche dati del Pentagono, tanto da copiare nel 2009 i piani del nuovo caccia americano F-35. Per il governo cinese, internet è la frontiera strategica della ”guerra asimmetrica” per proiettare all’esterno la propria intelligence. Ma è anche una porta da vigilare per tenere la dittatura in sella. Spiegava Antonio Talia, corrispondente da Pechino di Agi-China24, a un convegno Ispi: « costato 6 miliardi di yuan (650 milioni di euro) il software di censura automatica Scudo Dorato (ma gli utenti lo chiamano Grande Muraglia di Fuoco), che blocca la ricerca di nomi come ”Dalai Lama”, ”Falun Gong”, eccetera. Ci sono inoltre 40.000 poliziotti che esplorano e bloccano le pagine definite sediziose». Ma non è tutto. Nella migliore tradizione del comunismo, la delazione gioca un ruolo importante. I ragazzi membri della Lega Giovanile del PCC entrano nei blog per poi segnalare le opinioni sospette. I giovani del Partito incassano inoltre dallo Stato 50 centesimi di yuan (5 centesimi di euro) per ogni commento filogovernativo che postano in rete. «Viene da domandarsi dice Talia se andiamo verso la frattura di internet, con la Cina che si prepara a passare a un suo ”intranet”, cioè una rete interna». I cyberdissidenti non stanno a guardare. Zhou Shougang, blogger di ”citizen journalism” noto col nickname ”Zuola”, è famoso perché nel 2008 documentò on line le rivolte popolari che videro 30.000 persone scendere in piazza contro le autorità nella provincia del Guizhou. Ritiratogli il passaporto, è un sorvegliato speciale. Sulla guerra con Google: «Al momento favorirà il motore di ricerca cinese Baidu, che controlla il 75 % del mercato interno». Più allarmato è ”Li”, un blogger anonimo che denuncia: «Ai giornalisti è stato intimato di non scrivere nulla sul caso Google. E la polizia ha di recente disperso un raduno di ”netizens” a Canton».