Alberto Dentice, L’espresso 31/3/2010, 31 marzo 2010
BALLANDO CON IMELDA
L a famosa collezione di scarpe non viene neppure menzionata. Di tutto il resto invece questo ritratto in musica di Imelda Marcos parla in abbondanza e con grande attenzione ai dettagli. David Byrne ha impiegato cinque anni per scrivere e registrare ’Here Lies Love’ (qui giace l’amore), il ciclo di 22 canzoni, quasi un musical quindi, dedicato alla vedova del defunto dittatore delle Filippine, Ferdinando, colui che tenne in pugno l’arcipelago tra il 1965 e il 1986, prima di essere rovesciato da una rivoluzione democratica. Byrne, 58 anni, non è nuovo alle sfide impossibili. Da quando si sono sciolti i Talking Heads, nel 1991 (tassativamente vietate le domande su una possibile reunion con i suoi ex compagni, lo fanno infuriare), ha fondato due etichette indipendenti di world music, Luaka Bop e Todo Mundo e dato corso a numerosi progetti tra pop e avanguardia sconfinando nella fotografia, nella coreografia. Ma ’Here Lies Love’ è decisamente il più radicale ed eccentrico.
Musicalmente l’intero album (presentato in una lussuosa confezione con due cd, un libretto fotografico di circa 100 pagine e un dvd), realizzato con il mago della dance britannica, Fat Boy Slim, servito da un cast stellare (fra gli altri Cindy Lauper, Florence Welch, Tori Amos, Steve Earle, Natalie Merchant) è un tuffo nell’edonismo torrido e spensierato della disco music degli anni ’70 e ’80. All’epoca, mentre con la legge marziale Marcos mostrava nelle Filippine il volto più repressivo e dispotico del regime, Imelda si divertiva ballando fino all’alba allo Studio 54 e da Regine’s assieme agli amici Andy Warhol, George Hamilton, Ronald Reagan e altre celebrità, facendo impazzire le cronache mondane.
Possibile tradurre la storia con la ’S’ maiuscola in formato discoteca? Byrne dice di essersi ispirato a Ryszard Kapuscinski, in particolare a ’Il Negus’, il libro che lo scrittore polacco dedicò all’imperatore Hailé Selassié. E di aver voluto provare anche lui a descrivere la tragedia del potere e i suoi eccessi usando una chiave teatrale, condita di humour e leggerezza. Ma il progetto nasconde anche una motivazione più pragmatica: sfidare la morte del concept album. Motivare i giovani ascoltatori, abituati a scaricare da Internet quasi esclusivamente brani singoli, a cercare un’esperienza più profonda seguendo personaggi che si sviluppano canzone dopo canzone in un arco narrativo fatto di emozioni e non solo di eventi.
Il musical, presentato in anteprima in forma di concerto al festival di Adelaide in Australia e alla Carnegie Hall di New York, si sviluppa incrociando le storie parallele di Imelda e di Estrella Cumpas, la tata a cui la futura dittatrice era stata affidata da piccola. Byrne ha raccolto centinaia di testimonianze e di interviste selezionando frasi pronunciate dalla Marcos usandole per costruire i testi delle canzoni. ’Here Lies Love’ è l’epitaffio che la stessa Imelda vorrebbe scolpito sulla sua tomba, dopo la morte. Ma anche il titolo della prima canzone (interprete Florence Welch) in cui la protagonista mentre si abbandona sfrenata alle danze rievoca in un flash back le sue conquiste, i suoi sacrifici e la sua infanzia. Imelda era cresciuta nell’isola di Leyte, in una cittadina di nome Tecloban. La famiglia apparteneva a un clan ricco e potente, i Romualdez. Dopo la morte della madre era stata confinata in un garage costretta a servire presso parenti ricchi come una Cenerentola. Ma la piccola aveva anche una bella voce e di tanto intanto intratteneva gli ospiti cantando.
La prospettiva adottata da Byrne è quella di una donna che proprio nell’infanzia matura quel complesso di inferiorità e di rivincita che avrebbe fatto da propellente alla sfrenata ambizione. La musica e il ballo saranno una sua passione costante. La Marcos aveva fatto installare una lampada stroboscopica nell’appartamento di Manhattan e convertito l’ultimo piano del palazzo presidenziale, a Manila, in una discoteca. In ’Dancing Together’, su un travolgente ritmo disco-latino Imelda (Sharon Jones) rievoca il beautiful people che ha condiviso con lei i fasti di quella danzante festa mobile: Charles Jourdan e Oleg Cassini, Henry Kissinger e i Rockefeller, Christina Onassis. Byrne ricorda che Imelda, nel suo delirio di onnipotenza, considerava quella vita da nababbi come un lavoro. Per lei essere una favola vivente rappresentava un servizio reso alla nazione e a tutti i filippini che non potevano permetterselo. Quindi andare ai party, frequentare il jet set, spendere milioni, non era soltanto giustificato, ma a suo dire anche necessario: ’I do it all for you’ (Ho fatto tutto per voi), canta.
Le canzoni si srotolano come i capitoli di un avvincente fotoromanzo farciti di aneddoti e curiosità. ’The Rose of Tacloban’ racconta della sonora sbandata che Imelda si era presa all’epoca per Benigno Aquino. Il politico la rifiutò ("Troppo alta"), sposò invece Cory che sarebbe diventata presidente succedendo a Marcos dopo l’assassinio di Aquino. In ’A Perfect Hand’ Ferdinand Marcos (Steve Earle) rievoca quando, da giovane senatore, fece vincere a Imelda il titolo di Miss Manila. Sempre Marcos, in seguito, avrebbe addirittura finanziato due film per raccontare con i toni del fotoromanzo la loro storia d’amore. Sarà lui dopo sposati a imporle uno stressante corso di rieducazione per insegnarle a far fronte alle incombenze di una first lady. Fuori delle Filippine, ricorda Byrne abbiamo conosciuto i Marcos soprattutto per gli eccessi e le stravaganze dell’ultimo periodo. La spropositata collezione di scarpe, la spietata repressione degli oppositori, le somme incalcolabili sottratte alle casse dello Stato e depositate sul conto svizzero intestato a Jane Ryan e William Saunders, i loro nomi in codice. Ma i filippini, specialmente all’inizio, li adoravano. Erano considerati non solo una coppia glamour, il corrispettivo locale dei Kennedy, ma a differenza di molti loro predecessori avevano mantenuto le promesse fatte, almeno per un po’. Imelda inaugura ospedali, strade, scuole, case di riposo, accreditandosi agli occhi dei filippini cone una sorta di Evita del Sud-est asiatico.
Che sia questa l’icona di riferimento di Byrne sembra evidente. Una regina della disco con una patologica inclinazione alla corruzione, all’esibizionismo e al kitsch. Ma l’autore di ’Psyco Killer’ non dà nessun giudizio sulla sua condotta morale e sui suoi eccessi. Forse perché i crimini di Imelda contro l’umanità e il buon gusto sembrano relativamente inoffensivi rispetto a quelli di altri dittatori sanguinari sostenuti, come del resto lo sono stati i Marcos, dai vari governi degli Stati Uniti. Al fondo predomina un atteggiamento di pietas verso questa anziana ed eccentrica bad girl che a ottant’anni, dopo l’esilio alle Hawaii, è tornata a vivere a Manila. Quando ha saputo del musical pare abbia telefonato per chiedere all’autore di affidarle il ruolo della protagonista. Byrne nega di averla mai incontrata.