Piero Ignazi e Spencer Wellhoffer, L’espresso 31/3/2010, 31 marzo 2010
DOVE VINCE LA LEGA
Il primo apparire del fenomeno leghista data 1983. Cogliendo di sorpresa tutti, la Liga Veneta, un neonato partitino di difesa dell’identità locale, intaccò il predominio democristiano nella sua roccaforte storica conquistando due deputati. Fu un fuoco di paglia, perché alle elezioni successive l’exploit non si ripetè. Tuttavia la consorella lombarda riuscì a mandare a Roma due rappresentanti, tra cui Umberto Bossi al Senato. Poi, nel 1992, arriva lo sfondamento della Lega Lombarda con l’8.6 per cento .
Da allora la Lega si è insediata nel sistema partitico con alterne fortune. Dopo il tonfo delle politiche del 2001 dove non arrivò nemmeno al 4 per cento, il Carroccio ha intrapreso una marcia ascendente e alle imminenti elezioni regionali dovrebbe toccare il suo massimo storico.
Per cercare di comprendere meglio le radici profonde di questo successo qui puntiamo l’attenzione su due aspetti meno indagati e non immediatamente riconducibili alle fortune leghiste: il processo di secolarizzazione e la diffusione- persistenza della piccola proprietà contadina.
Ma prima di illustrare questa relazione conviene ribadire il rapporto di filiazione della Lega dalla vecchia Democrazia cristiana. La figura 1 mostra visivamente la relazione tra il voto alla Dc nel 1987, prima dell’insorgenza leghista, e il voto al Carroccio alle elezioni del 2006 in tutto il Nord: le province dove più forte era la Dc sono quelle dove più forte è diventata la Lega. Questa relazione diventa ancora più chiara se passiamo dal livello provinciale a quello comunale. Utilizzando un campione casuale del 10 per cento dei comuni del Nord - equivalente a 300 casi - vediamo come la Lega si sia insediata proprio in quei comuni in cui maggiore è stato il calo della Democrazia cristiana rispetto agli anni Cinquanta. E il rapporto è più stretto nei comuni del Nord-est, allargati a Bergamo a Brescia, la cosiddetta zona bianca, rispetto a quelli del Nord-ovest.
Se allora la Lega raccoglie l’eredità dell’elettorato scudocrociato, ne ha assorbito anche i riferimenti socio-economici e culturali? Focalizziamoci su due caratteristiche distintive della vecchia Balena bianca democristiana. La prima, la meno intuitiva, riguarda un aspetto antico, quasi rétro: la struttura della proprietà agraria. Se si guarda alla figura 2 che riporta sull’asse verticale il voto leghista e su quello orizzontale la percentuale di aziende agricole a conduzione familiare (quindi la diffusione della piccola proprietà contadina) si nota, in alto a destra, un gruppo di province in cui è diffusissima la piccola proprietà - oltre il 90 per ceno - e, allo stesso tempo, è ben sopra la media il voto leghista. Ciò vuol dire che la Lega attrae voti in province dove è dominante quel tipo di struttura agraria. Sono le province dell’area pedemontana, come segnalato più volte da Ilvo Diamanti, tutte province dove il voto Dc era sempre ben superiore al 40 per cento .
Non è un caso allora che la Lega abbia puntato tanto sul ministero delle Politiche agricole e non sia intenzionata a cederlo anche qualora, come è praticamente certo, il ministro Zaia venga eletto presidente della Regione Veneto.
Ci si può chiedere quindi se la resilienza di lungo periodo di alcune particolari condizioni strutturali, come l’insediamento nelle aree rurali connotate dalle piccola proprietà, non siano anche il terreno di coltura di atteggiamenti tendenti alla tradizione, alla chiusura, al localismo, fino alla sospettosità/rifiuto delle novità. Atteggiamenti perfettamente coincidenti con quelli veicolati dalla Lega.
Ma c’è un passaggio ulteriore che collega e cementa tutto questo in un quadro ancora più nitido: il rapporto con la secolarizzazione.
Sappiamo anche da precedenti ricerche, in particolare dai lavori di Paolo Segatti e Roberto Cartocci, che il processo di secolarizzazione è avanzato in maniera diseguale in Italia nel corso degli ultimi quarant’anni. A parte il ’ritardo’ del Mezzogiorno, la zona bianca del Triveneto (ad eccezione di Trieste) ha resistito alla secolarizzazione più a lungo rispetto alle altre province del Centro-nord. Solo alla fine degli anni Ottanta si è registrato un cambio di passo significativo e da allora la secolarizzazione è andata avanti molto rapidamente, anche più velocemente che altrove (figura 3).
Prendendo come indicatore di secolarizzazione i matrimoni civili, la relazione tra matrimoni civili e voto leghista è forte e negativa: cioè, più lento è l’aumento dei matrimoni civili, più alto il voto leghista (figura 4). Questa relazione si impenna se prendiamo in considerazione solo l’area bianca del Veneto e guardiamo al livello di matrimoni civili (figura 5): il valore della misura statistica che sintetizza il livello della relazione è elevatissimo. E qualora non si considerasse il valore ’anomalo’ di Trieste, la relazione sarebbe ancora più stringente.
Ciò significa che il voto leghista si abbarbica in quelle aree che resistono al processo di secolarizzazione. Quindi, a giusto titolo la Lega si può considerare l’erede della Dc del Nord sia perché ne ha assorbito il profondo legame con il tessuto della piccola proprietà terriera che, benché numericamente ridotta, mostra tuttavia un persistente insediamento, sia perché ne ha assorbito la resistenza alla secolarizzazione. Quanto però ai valori di riferimento la xenofobia e il neoclericalismo leghista essi sono agli antipodi dei valori di gran parte della Democrazia cristiana.
Ovviamente la Lega riceve consensi differenziati socialmente ed economicamente nella sue aree di forza. Ma ciò che emerge incontestabile da questa analisi è la filiera diretta da due dei fattori che avevano fatto la grandezza della Dc nel Nord e soprattutto nel Nord-est: persistenza della piccola proprietà e resistenza alla secolarizzazione.