Luciano Canfora, Corriere della Sera 31/03/2010, 31 marzo 2010
UN SIMBOLO DI VANITA’ E DECADENZA
Gli adoratori del paradosso, dopo essersi dedicati al recupero di Caligola, non hanno rinunciato al piacere di ridare un volto positivo alla figura di Nerone. Una ginnastica revisionistica di lunga lena che ha nella lode di Nerone di Cardano il suo archetipo. Non altrettanto teneri verso l’intollerabile Narciso salito al soglio imperiale furono gli immediati successori. La Domus Aurea, tipica creazione di un megalomane, patì le conseguenze della «damnatio memoriae» conseguente alla uccisione del princeps. Marziale nel secondo epigramma del «De spectaculis» descrive la desolazione subentrata nell’ampia area cittadina occupata dalla domus. Dove era lo stagno all’interno di quell’area sorse in epoca flavia il Colosseo; Adriano vi fece sorgere il tempio di Venere e Roma. Le opere d’arte rapinate e accumulate da Nerone all’interno del suo palazzo furono da Vespasiano restituite al pubblico. Egli le fece esporre nel templum pacis. Lo racconta Plinio nel libro XXXIV della «Storia Naturale». Non tutti gli imperatori ebbero il loro Albert Speer. Quello che Nerone realizzò con la sua fastosa dimora ebbe una duplice funzione: assecondare il capriccio urbanistico del principe e, dopo la sua morte, divenire teatro della demolizione progressiva dell’immagine dell’affossatore della dinastia giulio-claudia. E’ una ironia della storia che Augusto abbia ideato la sua dimora sul Palatino in funzione delle due grandiose biblioteche che la popolavano, e che invece il suo postremo erede abbia dato corpo alla più smagliante delle vanità.
Luciano Canfora