Anais Ginori, la Repubblica 31/3/2010, 31 marzo 2010
LA TENNISTA INDIANA RIBELLE "SPOSER UN PACHISTANO"
Sania non si è fermata neanche davanti agli integralisti indiani che la volevano veder giocare con il chador. No, il velo non aiuta nello smash, disturba quando devi rispondere alla bordate di Serena Williams. Shoaib era il capitano della nazionale di cricket finché ne ha fatte troppe di testa sua. In un paese dove regna l´ordine militare, la lingua lunga non va bene: squalificato per un anno. D´accordo, due così hanno il potenziale per innamorarsi l´uno dell´altro. Detto e fatto. Con un´aggiunta non di poco conto a complicare le cose. Lei è indiana, lui pachistano. Due nazioni vicine, che da oltre mezzo secolo si odiano e si combattono di conseguenza. La storia di Sania Mirza e Shoaib Malik è un amore perfetto perché contrastato da rancori e rivalità ataviche, benedetto da sponsor miliardari, infine fotografato dai più famosi rotocalchi dell´Asia meridionale. Senza molta fantasia, i giornali locali parlano già di Giulietta e Romeo, con lieto fine, salvo colpi di scena sempre possibili, visti i tempi.
«Grazie per il vostro sostegno. La notizia del mio matrimonio con Sania è vera. Ci sposeremo ad aprile. Inshallah». Così Shoaib, via Twitter. Il campione pachistano ha conosciuto la giovane tennista indiana qualche mese fa. Per lui, la ragazza ha lasciato il promesso sposo, ovviamente indiano e del suo paese natale, Hyderabad. La madre si è detta «felice» della scelta fatta da Sania, anche perché i «matrimoni vengono fatti in cielo»: anche questa può sembrare una dichiarazione eversiva, in una nazione dove la maggior parte dei matrimoni sono ancora combinati. Ad aprile convoleranno a nozze con due cerimonie, una in ogni paese, per non scontentare nessuno. Poi la coppia ha saggiamente deciso di andare a vivere a Dubai, campo neutro. Le "cross-border couples", le coppie di frontiera, come ricordavano ieri i commentatori indiani, sono una rarità. Trent´anni fa l´attrice indiana Zeenat Aman si fidanzò con il campione di cricket Imran Khan. Ma per i normali cittadini indiani e pachistani è difficile persino ottenere un visto per varcare il confine, figurarsi un matrimonio misto.
Sania e Shoaib sono dunque diventati improvvisamente il simbolo di una nuova diplomazia dell´amore e dello sport. Il cricket è una passione popolare su entrambi i lati della linea frettolosamente tracciata dall´avvocato inglese Cyril Radcliffe sulla mappa dell´India britannica nel 1947. Fino agli anni Settanta, l´India e il Pakistan hanno giocato match molto accesi per poi sospenderli durante le guerre. Le sfide sono ricominciate negli anni Ottanta, rispecchiando gli altalenanti umori nei rapporti fra i due Stati. Nel 1987, quando India e Pakistan erano sull´orlo di un´altra guerra, il presidente pachistano Mohammad Zia ul-Haq lanciò un segnale di pace andando ad assistere a una partita di cricket a Jaipur, nell´India nordoccidentale. Proprio quest´anno, il Pakistan ha protestato perché nessun suo giocatore è stato selezionato nella Indian Premier League, il campionato indiano di cricket. Shoaib Malik ha guidato la nazionale pachistana per due anni. Durante un torneo, all´inizio di quest´anno, è stato interdetto dalle gare per «indisciplina e scarsa prestazione». Shoaib ha avuto una complicata causa di separazione con un´altra donna indiana, conosciuta a Dubai. Qualcuno sospetta che il matrimonio con la bella Sania sia in fondo una mossa per rifarsi un´immagine. Anche la giovane tennista è in un momento di disgrazia professionale. Si è slogata un polso e dopo aver scalato le classifiche mondiali - era stata la prima musulmana a entrare nella top 30 - è scesa di molte posizioni. Nel 2008 un avvocato la denunciò per vilipendio alla bandiera: durante un torneo in Australia, l´aveva vista seguire un match con un piede appoggiato al tricolore indiano.
Quando aveva appena diciotto anni, Sania era stata minacciata di una fatwa e pene corporali perché indossava nelle gare vestiti troppo ridotti, seppure meno succinti e sbracciati di certe colleghe. Per Siddiqulla Cowdhary, il santo rappresentante del gruppo religioso islamico Sunni Ulema Board, era peccato. Eppure Sania aveva continuato a giocare, anche se arrivare a Wimbledon o Melbourne scortata dalle guardie del corpo non favorisce la concentrazione. Prima di ogni partita, continuava a prostrarsi in direzione della Mecca per le preghiere di rito. «Se continuerò a vincere - aveva spiegato - aiuterò altre donne musulmane a uscire di casa e fare sport». Ora il match si disputerà in casa. «Capisco perfettamente cosa significa il lavoro di Sania - spiega Shoaib - La sosterrò nella sua carriera. E magari, alle Olimpiadi del 2012 saremo insieme a rappresentare i nostri due paesi». Evviva gli sposi.